ENNA – Ho sempre amato realizzare il presepe. È un amore che mi è stato trasmesso dalla mia mamma e dal mio amato zio Armando. Da piccoli era una lotta continua con mio fratello e finiva sempre che a me toccava solo appendere le palline sull’albero così – ni ‘na vutata d’uocchi – correvo a spostare pastori e pecorelle intrattenendo lunghe conversazioni con loro. Abitando nella stessa casa questa transumanza accadeva anche con i miei cugini: ad un certo punto doveva intervenire zio per la “spartizione dei beni” visto che, non si sa come, ‘ste pecorelle si moltiplicavano in un gregge per dimezzarsi nell’altro…
Insomma, nelle nostre casa c’era sempre un gran viavai intorno ai nostri presepi, una vera festa che la notte di Natale, culminava sempre in una fragorosa risata quando, appanzati e contenti, tutti riuniti davanti al Bambinello – che veniva posto nella mangiatoia rigorosamente allo scoccare della mezzanotte mentre mio zio suonava al pianoforte – si cantava con alto sentimento “Tu scendi dalle stelle” e “E nasciu lu Bamminieddu”, ma ecco che davanti all’immagine mentale di “ddu filu di capiddu comu l’oru ci lucìa” le risate di mia cugina Maria Concetta finivano per travolgere tutta la nostra grande famiglia riunita ad aspettare il Bambino Gesù.
Nel tempo il mio presepe ha passato varie fasi e dimensioni ma non è mai mancato e si presenta sempre con gli stessi personaggi in “preziosa plastica anni ottanta” comprati ad uno ad uno e con gran criterio di scelta insieme alla mia mamma e mio fratello al mercato del sabato. Mi piace ancora comprare e realizzare presepi di ogni tipo, ne possiedo e ne espongo diversi, ma il mio Natale non sarebbe lo stesso se non ci fosse il mio presepe di sempre. Oggi lo preparo insieme ai miei figli cercando di trasmettere loro quel sentimento che c’è dietro ad ogni semplice statuina.
Ma Natale, ovviamente, non è solo addobbare casa, è quel momento dell’anno particolare in cui desideri “addobbare” l’anima e colmarla di buoni sentimenti e belle emozioni che ti avvicinino a Gesù, ma quando la vita ti toglie qualcuno di prezioso, allora un velo di tristezza si stende sui ricordi d’infanzia rendendoli ancora più preziosi, anche quando ti strizzano il cuore. Proprio da questo perenne soffio di malinconia nasce il mio bisogno di rendere speciali i momenti di chi mi sta intorno e allora ad accompagnare i nostri rituali natalizi si cerca di coltivare nuove emozioni.
Mentre le più disparate hit natalizie si spandono nell’aria, acchiappo al volo mio marito che, dopo aver provveduto ad un vero e proprio trasloco di scatole e scatoloni, montato albero e luci da esterno, vorrebbe svignarsela provando a dimenticare che gli tocca ancora sgrovigliare le luci dell’albero… un albero “emozionale” – come lo chiamo io – alto quasi fino al soffitto e che ospita davvero di tutto: dagli addobbi in vetro ed eleganti, a pezzi unici realizzati artigianalmente, dai lavoretti creati nei diversi anni a scuola – detengo ormai porto d’armi di pistola a caldo e specializzazione in glitterologia – ai lavoretti dei miei figli, dagli addobbi di quando ero bambina, a quelli comprati in ogni nostro viaggio e in ogni stagione, fino ad arrivare a pupazzetti di ogni tipo… Insomma un albero insolito ma certamente unico.
E fra una benedizione di Bambinelli ed una Novena, tra una messa solenne e un coro, tra cene e pranzi, tra un brindisi e una tisana digestiva, non può mancare una sana e liberatoria immersione in totale apnea nei film di Natale: si passa con assoluta nonchalance da Tutti insieme appassionatamente a Piccole donne, dai classici Disney a Sette spose per sette fratelli, da Mamma ho perso l’aereo a Canto di Natale e al Piccolo Lord Fauntleroy. E se in tutto questo tran tran parenti e amici hanno il coraggio di suonare il campanello di casa mia sanno già a cosa andranno incontro: ho visto barbe allungarsi e capelli imbiancarsi nelle luuunghe e agguerrite partite a carte, a Monopoly, a tombola e chi più ne ha più ne metta: siamo campioni mondiali di collezionismo di giochi da tavolo.
Insomma, lo spirito natalizio mi coinvolge e sommerge dal 12 novembre poiché alla scuola dell’infanzia dopo San Martino scatta il countdown per lo spettacolo di Natale e arrivi ai giorni prima della festa che canti e balli anche nei sogni insieme al bue e l’asinello. Eppure neanche questa overdose di balli, canti e poesie riesce a scoraggiarmi. In fondo il Natale, come suggerisce Scrooge nel suo Canto di Natale, altro non è che il bisogno di riconciliarsi con quel bambino che è dentro di noi capace di tendere la manina al Bambinello nella mangiatoia.
Alida Brazzaventre
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