PERUGIA – Monna Lisa, ciao. La donna più famosa del mondo, per essere stata ritratta da quel genio della pittura (e non solo) che fu Leonardo da Vinci (1452-1519), rischia, seriamente, di perdere la sua… primogenitura. Gli studiosi, sulla scorta delle “Vite” di Giorgio Vasari, avevano finito, in maggioranza, per riconoscere nell’immagine della matrona dipinta, Monna Lisa Gherardini (1479-1542), maritata a Francesco del Giocondo. Ma nel corso dei secoli non sono mancate altre ipotesi: Costanza d’Avalos, Caterina Sforza, Bona Sforza, Isabella Gualando di Napoli e perfino uno dei discepoli dell’artista, il Salaì, cioè Gian Giacomo Caprotti, vestito da donna.
Una decina di anni or sono, gli esperti Carlo Petretti prima e poi Roberto Zapperi avanzarono, invece, l’idea che la ritratta fosse, piuttosto, Pacifica Brandani (deceduta di parto nel 1511), di Urbino, figlia di Giovanni Antonio Brandani, frequentatore della corte dei Montefeltro.
Leonardo, incontrando ad Amboise, in Francia, il canonico Antonio de Beatis, segretario del cardinale Luigi d’Aragona (il religioso riporta la notizia dell’incontro nel proprio diario, arrivato sino a noi, del viaggio tra le corti d’Europa intrapreso dal principe della chiesa, per volontà del papa, tra il 1517 ed il 1518), gli confidò che a commissionargli il lavoro era stato Giuliano di Lorenzo de’ Medici (1479-1516), duca di Nemours. E Pacifica (o se si vuole, la “Brandana”), guarda l’intreccio, non solo era stata amante del duca, ma anche madre di Pasqualino, poi ribattezzato Ippolito de’ Medici (1511-1535), figlio riconosciuto appunto dal Nemours, divenuto potente cardinale.
Non solo. Due note ricercatrici – Olivia Nesci e Rosetta Borchia – hanno riconosciuto nello sfondo dell’opera – che Leonardo, come tutti i suoi lavori dipinse su una tavola di legno di pioppo bianco di Lombardia (in alternativa utilizzava il legno di noce) – un paesaggio del territorio del Montefeltro, nella zona di Pennabilli, tra i monti Penna Grande, Monte Aquilone, Monte della Faggiola. Il lago che si nota, forse formato dal fiume Marecchia, sarebbe poi scomparso in seguito ai cambiamenti climatici.
Ancora: tra il 1502 ed il 1503 Leonardo – pure questo è un dato acclarato ed indiscutibile – si trovava al seguito di Cesare Borgia il Valentino, quale cartografo durante le guerre di conquista dei territori dei Riario nelle Romagne, dei Montefeltro nelle Marche ed in Umbria, dei Baglioni nel Perugino e di altre Signorie di minore importanza. Così quando la “Brandana” morì di parto, il duca di Nemurs commissionò il suo ritratto. Lo pagò, almeno per alcuni anni, in rate mensili, ma non potette goderselo in quanto nel 1516 venne assassinato, col veleno, da Giovanni Andrea de’ Franceschi di Borgo Sansepolcro, che faceva parte del seguito di Giuliano in qualità di maggiordomo (all’epoca, siniscalco), il quale, come mandanti del delitto, aveva indicato il cardinale Alessandro Farnese (poi papa Paolo III) e il duca di Firenze, Lorenzo di Piero de’ Medici. Il ritratto venne lasciato, in eredità, dallo stesso Leonardo al Salaì, il quale lo rivendette al re di Francia, Francesco I, cultore e mecenate affezionato dell’artista, ospite a lungo della corte, in un palazzo a poca distanza da quello reale.
Tornando ai paesaggi, nelle opere di Leonardo risultano tutti particolarmente precisi e suggestivi e regalano una profondità e persino una tridimensionalità ai dipinti. I critici d’arte e gli oculisti ipotizzano che il genio di Vinci soffrisse di una patologia particolare alla vista: uno strabismo intermittente. Questa malattia avrebbe consentito a Leonardo di poter avere uno sguardo del tutto particolare e tale da permettergli di sfruttarlo nei suoi lavori. Il neuroscienziato Christopher W. Taylor, per la precisione, ritiene Leonardo sofferente di exometria, sorta di deviazione di uno (nel caso del pittore) o di entrambi gli occhi indirizzati verso l’esterno. Tutto questo spiegherebbe la capacità dell’artista di passare da una visione binoculare alla monoculare e di padroneggiare quindi il talento, la capacità e l’abilità di fornire, nel disegno, tridimensionalità a volti, oggetti e paesaggi.
Quando nel 1517-18 il canonico De Beatis incontrò l’artista, rivela che quest’ultimo presentava una paralisi, forse di grado lieve, alla mano destra. Sempre il Vasari racconta che Leonardo si spense tra le braccia del re di Francia, Francesco I, subito accorso al suo capezzale: da quale fonte l’aretino abbia desunto questo particolare non è noto. Sulla scorta dello scritto vasariano il grande pittore francese Jean Auguste Dominique Ingres (1780-1867) dipinse “La morte di Leonardo” con il re di Francia ed il delfino immortalati sulla scena.
Secondo altri studiosi Leonardo avrebbe dettato il suo testamento al vicario della chiesa di Flery il 24 aprile e poi non si sarebbe mosso più dalla sua camera da letto fino al 2 maggio, quando spirò. Intorno a lui solamente il pittore e amico Francesco Melzi, Giovan Battista Villani, suo storico servitore, e la serva Maturina. La tomba a Notre Dame en Greve con le ossa del grande artista, venne violata ed i poveri resti dispersi nel 1807 durante una insurrezione popolare.
Elio Clero Bertoldi
Nell’immagine di copertina, “La morte di Leonardo” del pittore francese Jean Auguste Dominique Ingres
Lascia un commento