MILANO – Secondo una ricerca pubblicata su Nature da un gruppo di ambientalisti coordinato da Ron Milo dell’Istituto Weizmann di Rehovot, in Israele nel 2020 è risultato che gli oggetti creati dall’uomo pesano più di quelli creati dalla natura. Sono ben 1.100 miliardi di tonnellate di cui 8 miliardi sono rappresentati dalla plastica. Il paragone è stato fatto tra esseri viventi che popolano la terra come piante, animali e microrganismi e manufatti artificiali come auto, cellulari, cemento, palazzi e tanto altro. E’ evidente che oggi si è arrivati ad una vera rottura dell’equilibrio fra questi due mondi. E questo non è passato inosservato nemmeno ai letterati, in particolare i poeti, che, guidati da Guido Oldani, hanno creato la corrente letteraria del Realismo Terminale dove i sentimenti e le emozioni passano attraverso gli oggetti che occupano tutto lo spazio abitabile e che sono diventati indispensabili. Da servi che erano, gli oggetti, si sono trasformati in padroni degli esseri umani tanto da dominarne anche l’immaginario.
E se prima la pietra di paragone era la natura per cui si diceva “ha gli occhi azzurri come il mare “ora si dice “ha gli occhi di porcellana”. Invece di dire “corre forte come una lepre” si dice “corre forte come una Ferrari” e così via. Utensile per eccellenza del realismo terminale è la similitudine rovesciata, quella con cui i poeti che aderiscono a questa corrente provano a descrivere il mondo attuale, quello di cui parlano gli stessi scienziati. Nell’ultimo secolo la massa delle opere create dall’uomo, quali edifici, strade e macchine, è raddoppiata ogni 20 anni. Al contrario, la biomassa vegetale, dalla prima rivoluzione agricola a oggi, è passata da un valore di circa 2.000 miliardi di tonnellate a 1.000 miliardi di tonnellate. Questa drastica diminuzione sarebbe strettamente in relazione con il cambiamento nell’uso del suolo, che è stato disboscato per far posto all’agricoltura, ad altre attività umane e alle infrastrutture.
L’aumento di oggetti artificiali porta inevitabilmente ad un aumento dell’inquinamento. La fabbricazione di manufatti a getto continuo ha un inevitabile impatto sulla vita del Pianeta e nel Pianeta stesso, come fa notare Beniamino Gioli, ricercatore dell’Istituto di Biometeorologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche: “Produrre sempre nuovi beni e aumentare la quantità di massa degli oggetti costruiti dall’uomo ha infatti una impronta climatica importante, con le emissioni dirette e indirette di gas serra – spiega ad EconomiaCircolare.com -. Il superamento della massa artificiale rispetto a quella biologica è una cifra certamente simbolica, ma che dà un’idea dell’impatto delle attività dell’uomo che trasformano la vita così come la conosciamo. Fa riflettere poi il fatto che a incidere sia non tanto il peso dell’essere umano, seppure in crescendo ma comunque infinitesimale rispetto alla biomassa di oceani e foreste, quanto quello dei processi industriali che esso mette in campo, con la produzione di elementi mediante processi artificiali”.
Da una serie di valutazioni da parte degli esperti è emerso che a incidere sul cambiamento verificatosi negli ultimi decenni sarebbero stati i materiali utilizzati per costruire gli edifici e le strade che costituiscono la maggior parte della massa artificiale, come il passaggio dall’uso di mattoni al cemento nell’edilizia a partire dalla metà degli anni ’50 e l’uso dell’asfalto per la pavimentazione stradale negli anni ’60. Dalla prima rivoluzione agricola gli esseri umani hanno dimezzato la biomassa vegetale, attraverso cambiamenti nell’uso del suolo come l’agricoltura e la deforestazione. Da studi recenti si evince che se all’inizio del ventesimo secolo la massa degli oggetti prodotti dall’uomo era pari a circa il 3% della biomassa totale, oggi la massa prodotta dall’uomo supera la biomassa globale complessiva. Secondo gli studiosi sembra che per ogni persona che si trova nel pianeta ogni settimana viene prodotto più del loro peso corporeo in oggetti di fabbricazione umana.
Ma cosa produciamo di più? Il primo della lista è senza dubbio il cemento che rappresenta il 40% del totale, aumentato soprattutto a partire dagli anni ’50. A questo va aggiunta una quantità equivalente tra sabbia e pietrisco usati soprattutto per case e strade. Il restante 20% è composto da metalli e primo fra tutti l’acciaio. Sicuramente ad incidere sulla riduzione degli spazi destinati all’agricoltura è stata la cementificazione del suolo e l’abbattimento delle foreste. Alla massa degli oggetti attualmente in uso va naturalmente aggiunta quella dei rifiuti che rappresentano uno dei maggiori problemi di questa società. Basti pensare all’ammontare della quantità di plastica che di fatto sta devastando il nostro pianeta. Si prevede che se le tendenze attuali dovessero continuare a questi ritmi la massa generata dall’uomo dovrebbe superare i 3.000 miliardi di tonnellate entro il 2040. Da questo se ne deduce che l’incessante e inarrestabile produzione di oggetti, cose e materiali potrebbe portare al collasso in breve tempo.
Pertanto cambiare il paradigma della società ora più che mai diventa fondamentale. Questo impone una presa di coscienza da pare di tutti i Paesi a livello mondiale, una fattiva ricerca di fonti alternative unitamente allo studio di nuove forme di lavorazione che non impoveriscano il suolo. Si pensi alla bioedilizia che ad esempio introduce l’uso di materiali legnosi al posto del cemento. Oppure si pensi alla potenzialità dell’economia circolare basata sull’uso e il riuso delle risorse che nel tempo dovrebbe portare ad una diminuzione dei rifiuti da smaltire. Tutto ciò ha un grosso impatto ambientale e gli studi effettuati devono far riflettere sulla impellente necessità di salvaguardare l’ambiente in cui vivono tutti gli esseri umani.
Margherita Bonfilio
Chi può fermare o far retrocedere da questo autolesionismo umano. Io stessa ho assistito ai cambiamenti evidenziati nell’articolo. Chi è disposto a rinunciare alle comodità acquisite sebbene a scapito dell’intera umanità?