Mai e poi mai avremmo potuto immaginare di trovarci improvvisamente, mani e piedi ma soprattutto polmoni, in un film di fantascienza. Ecco che invece all’alba dell’anno 2020 il Covid 19, più noto come Coronavirus, ci scaraventa all’interno di una pandemia con cui deve e dovrà fare i conti l’intera umanità. Centinaia di migliaia i contagiati sparsi sull’intero pianeta, migliaia di morti, il comparto sanitario che esplode di fronte all’impossibilità di curare e salvare i malati. L’economia mondiale che va verso il collasso e già lotta contro lo spettro di una gravissima recessione.
Il Coronavirus? Una vasta famiglia di virus che causano malattie quali il comune raffreddore ma anche più gravi come la Sindrome respiratoria mediorientale (Mers) e la Sindrome respiratoria acuta grave (Sars). I Coronavirus sono stati identificati a metà degli anni ’60 e sono noti per infettare l’uomo. Le cellule bersaglio primarie sono quelle epiteliali del tratto respiratorio e gastrointestinale. Adesso ci troviamo a fare i conti con un ceppo della malattia mai identificato fino ad oggi nell’uomo: il Covid-19, segnalato per la prima volta a dicembre scorso nella città di Wuhan, in Cina.
Adesso mentre medici e ricercatori vanno a caccia di un vaccino che ci auguriamo arrivi al più presto, scopriamo che una causa della pandemia può essere ricercata nell’inquinamento atmosferico prodotto da una società industriale che immette nell’aria sempre più sostanze nocive alla salute dell’uomo.
Come è stato possibile assistere a una diffusione così rapida della pandemia specialmente in certe regioni ben localizzate? Un mistero fino a quando epidemiologi, medici e climatologi si sono incontrati e si sono scambiati le loro ricerche e le loro esperienze. E ne è emersa un’ipotesi condivisa da molti. Tanto per restare in Italia tutta colpa di questo inverno anomalo che ha fatto registrare su gran parte delle regioni prolungate alte pressioni atmosferiche, con poche piogge, assenza di vento e di conseguenza aria ferma nelle pianure e nelle grandi città. Quindi la stagnazione massiccia nell’aria di quelle polveri sottili (in particolare Pm10 e il più pericoloso PM2,5, quest’ultimo può intaccare gli alveoli polmonari) prodotte dai gas di scarico di industrie, dal traffico veicolare e dal riscaldamento urbano . Gli scienziati hanno constatato che questo virus può tranquillamente accompagnarsi al particolato e, quindi, pronto ad aggredire gli umani. In poche parole polveri pericolose per l’ambiente e per la salute avrebbero fatto da veicolo trasportatore del Coronavirus portandolo a spasso e iniettandolo nei polmoni della gente soprattutto, appunto, in quei luoghi dove sono ubicate le grandi industrie e le città con più concentrazione di abitanti. Va detto, però, che non tutto l’ambiente scientifico si trova pienamente d’accordo su questa ipotesi.
Secondo un’indagine pubblicata sul sito della Società italiana di medicina ambientale nel nord della penisola può esserci un legame fra numero di contagiati e superamento dei livelli del particolato. Gli scienziati hanno esaminato i dati delle Agenzie regionali per la protezione ambientale (Arpa) e li hanno messi in relazione con i dati dei contagi da Covid-19 forniti dalla Protezione civile. L’indagine non si è soffermata sul nesso di causa-effetto tra malattia e inquinamento ma semplicemente ha rilevato un “potenziale collegamento fra i due elementi”. Il testo è rintracciabile sulla pagina della Società italiana di medicina ambientale che ha svolto l’indagine insieme all’università di Bari e a quella di Bologna.
Insomma sono le polveri sottili, ossia l’inquinamento atmosferico, che fanno da taxi driver al virus Covid-19 e lo depositano nei polmoni della gente. Che poi cambia mezzo di trasporto e tramite la saliva salta di uomo in uomo raggiungendo ogni angolo della Terra.
Ma c’è di più, “Virus e batteri, alla base delle più importanti pandemie dell’ultimo ventennio, erano al principio innocui, fino a quando la selvaggia distruzione degli ecosistemi ne ha aumentato la pericolosità e – complice la globalizzazione – la diffusione”. Lo affermano gli scienziati del World Wide Fund for Nature. Ma di questo ne parleremo in seguito.
Intanto il Coronavirus è una certezza e ci sta facendo rendere conto che per vivere meglio dovremo cambiare abitudini, cambiare il nostro modo di vivere. E un motivo in più per tutelarci, evitare altre pandemie, altri drammi dovrà essere quello di difendere l’ambiente che ci circonda, il Pianeta e tutti i suoi abitanti. Siamo o no una specie intelligente? Allora dimostriamolo.
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