NAPOLI – Ogni fiaba, degna di questo nome, si conclude sempre con l’apoteosi dell’amore: il principe azzurro, dopo aver superato tante prove, magari lotte contro un avversario temibile, sposa la sua amata principessa. E’ così che molte bambine crescono nell’attesa che anche per loro arriverà il fatidico giorno in cui incontreranno lo sposo ideale e potranno coronare quell’amore fiabesco sognato in tenera età e vivere “felici e contente”. Ma sono tanti i casi in cui la tanto desiderata storia d’amore, si trasforma in un vero incubo, fatto di minacce e molestie continue: il principe azzurro, colui che doveva amare, proteggere e salvare la propria donna, si rivela, invece, l’orco malvagio, portatore di odio, orrore e morte.
Dall’insulto verbale alla violenza domestica, dallo stalking allo stupro, la donna violata e privata della propria dignità, si sente addirittura colpevole di quanto le sta accadendo. Spesso è incapace anche di chiedere aiuto e denunciare il suo carnefice, marito e padre dei suoi figli. Sola ed abbandonata al proprio destino, in balia di una mentalità sessista, tra indifferenza, negazione o minimizzazione di atti violenti, ha paura a denunciare perché teme di non essere creduta e finisce per isolarsi sempre di più. Ecco perché è necessario, per contribuire ad un radicale cambiamento culturale e sociale, fermarsi e riflettere.
Il 25 novembre, Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, saranno in tanti a prendere parte alle manifestazioni che si terranno nelle principali piazze d’Italia per ribadire con vigore il diniego verso ogni forma di violenza di genere. Bisogna gridare il proprio dissenso e sensibilizzare i giovani, con una capillare informazione, a partire dalle scuole, affinché l’ignoranza, la sopraffazione e la brutalità nei confronti della donna, vengano abbattute definitivamente. In Italia sono nate tante associazioni, in forma gratuita e anonima, che operano contro il femminicidio e la violenza di genere e offrono consulenze legali e psicologiche.
Sono migliaia i casi di donne vittime di crimini atroci commessi da un uomo con cui hanno avuto un rapporto affettivo. In sette casi su dieci, secondo il rapporto Eures, gli omicidi di donne si consumano nel contesto familiare, per mano del proprio partner. Nel 2016 se ne sono contate 120. Anche nel 2017 la media è di una vittima ogni tre giorni. Nel 2018, le donne che hanno perso la vita per mano di un uomo, sono 92. Il “dossier Viminale” ha registrato 92 casi dal 1 agosto 2018 al 31 luglio 2019. In base ai dati riportati, si registra una certa stabilità negli ultimi due anni. Tra i paesi europei, l’Italia, insieme alla Spagna, ha il tasso di omicidi con vittime donne più basso.
Malgrado la cautela, il femminicidio, dimostra di essere ancora un reato diffuso che necessita di una risposta non solo giudiziaria, ma culturale ed educativa. Fino a quando una sola donna verrà amata “da morire”, non sarà possibile minimizzare e/o abbassare la guardia verso questa atroce violenza. Carla Ilenia Caiazzo, sopravvissuta ad un agguato del suo ex, avvenuto nel febbraio del 2016, ha ritrovato il sorriso dopo ben 40 interventi chirurgici, subiti per cancellare i danni del fuoco in ogni lembo del corpo, volto compreso, provocati dal suo ex compagno.
Significativo e molto toccante il suo commento ai tanti casi di violenza che continuano a verificarsi: “E ogni volta che sento di un’altra donna innocente che paga con la vita il semplice fatto di aver smesso di amare una persona, non riesco a capacitarmi del perché il non volere più una persona al proprio fianco debba esporre una donna alle pene dell’inferno. Non vi chiamo uomini, perché non siete uomini. Voi che non sapete amare, proteggere, accudire. Voi che non conoscete neppure la strada della compassione, voi che avete perso tutto e vi è rimasto soltanto l’uso della forza come mezzo di annientamento. Voi che marcite nel vostro stesso odio. Voi che approfittate dell’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzioni che dura giusto il tempo dell’indignazione, per poi svanire e lasciare spazio al vuoto in attesa della prossima vittima e del prossimo giro di valzer”.
Amalia Ammirati
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