Siamo sempre più un Paese di anziani. E’ una costatazione sancita dall’annuale rapporto dell’Istat che fotografa una situazione peraltro ben conosciuta da chiunque osservi con un pizzico di logica ciò che è sotto i nostri occhi. L’età media è cresciuta, grazie alle migliori cure mediche e alla crescita (in generale) della qualità della vita. I nostri genitori e nonni, insomma, vivono più a lungo tanto che superare la soglia dei novanta è diventato abbastanza normale. Nel contempo, si fanno sempre meno figli e, se non ci fossero gli immigrati ad alzare un po’ i dati della natalità, il differenziale sarebbe molto più sconfortante. L’incrocio di questi dati produce un risultato espresso in modo eloquente dai freddi numeri: oggi, ogni 100 giovani si contano 170 anziani e fra dieci anni le cose andranno ancora peggio perché ai famosi 100 “under” si contrapporranno ben 217 “over”.
Non è particolarmente complicato comprendere quanto sia grave una simile condizione. Basti pensare alle esigenze di chi necessita di cure, assistenza e conforto: certo aiutano le cosiddette “reti sociali” (costituite, sempre secondo l’Istat, da 5,4 parenti stretti e 1,9 parenti, in genere) e ci sono anche gli amici e le associazioni. Ma tutto questo è importantissimo, ma non basta se lo Stato non si impegna in modo serio. Tanto da far esclamare al presidente della Camera, Roberto Fico che “questo rapporto può essere molto utile per indirizzare le politiche del nuovo governo” (sempre ammesso che ce la faccia a nascere). Ma si pensi pure ai problemi legati alle erogazioni delle pensioni per tempi molto più lunghi (per fortuna) rispetto al passato. E con il lavoro che non c’è per tanti giovani (non ingannino le statistiche perché purtroppo molto spesso i nuovi contratti sono a tempo…) mancano le entrate contributive che tengono in piedi il sistema previdenziale. Con una conclusione assai semplice: se manca il lavoro o se è precario e a tempo, si fa fatica a mettere in piedi rapporti solidi e duraturi e quindi si fanno ancor meno figli. Insomma, il classico cane che si morde la corda.
A proposito di lavoro, l’Istat segnala ancora che nel 2017 in Italia crescono gli occupati giovani (fascia tra i 15 e i 34 anni) con un aumento dello 0,9% e che il tasso di occupazione aumenta (sebbene di pochissimo) in generale in tutte le classi di età. Ma tutto questo non succede al Sud dove rimane un saldo occupazionale negativo rispetto al 2008 di 300 mila unità (-4,8%). Una cifra preoccupante riguarda l’uso di Internet, visto che si registra solo il 69 per cento di utenti regolari tra i 16 e i 74 anni: siamo i peggiori in Europa. In compenso, i più grandi fruitori di biblioteche sono i giovanissimi, i cosiddetti millennials: la fascia di età dei ragazzi della scuola media rappresenta infatti il 42% dei frequentatori delle biblioteche. almeno una buona notizia finalmente arriva.
Buona domenica.
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