NAPOLI – La novità dei Dream Theater a Napoli ha creato notevole entusiasmo per gli amanti del rock progressivo. Un gruppo che da più di vent’anni è ancora ad altissimi livelli e che riscontra il tutto esaurito in ogni luogo in cui suona. Sono diventati uno dei gruppi progressive di maggior successo degli anni Novanta. La band è ancora celebre, grazie anche all’altissima qualità dei suoi componenti: il chitarrista John Petrucci fu nominato come il “secondo miglior chitarrista metal di sempre” oltre ad essere stato inserito nella lista “Top 10 Greatest Guitar Shredders of All Time” stilata dalla rivista GuitarOne.
L’ex batterista Mike Portnoy ha vinto 29 premi dalla rivista Modern Drummer ed è la seconda persona più giovane ad essere stata inserita nella Rock Drummer Hall of Fame all’età di 37 anni. Il suo successore Mike Mangini invece ha vinto cinque volte il titolo di WFD World’s Fastest Drummer Extreme Sport Drumming. John Myung fu votato come il più grande bassista di tutti i tempi in un sondaggio effettuato dalla rivista MusicRadar nel settembre 2010; la stessa MusicRadar ha annoverato Jordan Rudess tra i migliori tastieristi di sempre. Nel 2010 inoltre, i Dream Theater sono stati introdotti nella Long Island Music Hall of Fame.
Praticamente si parla di cultori della musica, di persone estremamente competenti nel campo musicale, tecnicamente mostruosi. Non c’è pezzo che non duri meno di dieci minuti tanto è pieno di armonia, di variazioni di ritmo e di motivi. Un agglomerato di note, sinfonie, dalle più “toste” alle lente e orecchiabili. Sono considerati il gruppo principale e di maggior riferimento della scena progressive metal e sono inoltre indicati tra gli inventori del genere. L’uscita dell’album Images and Words, nel 1992, è spesso menzionata come “data ufficiale di nascita” del “progressive metal”. Il loro heavy metal, infatti, si presentava più sperimentale rispetto ad altri gruppi di quel periodo. Tuttavia, la loro musica risultava ancora basata sulle sonorità classiche del metal e solo per brevi tratti si concedeva a momenti di sperimentazione che consistevano in semplici arpeggi di chitarra e melodie leggermente più delicate che solo in parte si rifacevano alla tradizione progressive.
Con l’arrivo dei Dream Theater si arriverà ad una vera e propria fusione fra i due e solo dopo l’uscita di Images and Words la definizione progressive metal comincerà ad essere utilizzata da altri gruppi che adotteranno questa formula dando origine ad una nuova realtà musicale. Proprio per questo motivo i Dream Theater vengono designati come i padri del “progressive metal”. La loro musica agli inizi degli anni novanta, per quanto più evoluta rispetto ad altri gruppi metal, non aveva ancora le caratteristiche per essere considerata vero e proprio progressive metal. Di fronte ad alcune domande fatte a Mike Mangini, di origini italiane, il batterista ha così precisato sul termine “progressive”: “Credo che oggi il termine progressive abbia lo stesso significato di quando tutto cominciò. Credo che ciò che rende una band progressive sia soprattutto la combinazione di robusti cambi di indicazione dei tempi e di opere d’arte futuristiche, a volte provocanti. Se qualcosa è cambiato rispetto ai primi ‘70, è che forse il primo progressive era più delicato e heavy, mentre oggi è più collegato al metal soprattutto per quanto concerne l’uso delle chitarre”.
Al Palapartenope di Napoli hanno presentato gli ultimi lavori suonando per quasi tre ore. Presenti tante varietà di fan, di tutte le età, prevalenti i cinquantenni che hanno goduto di una esibizione straordinaria. Raro vedere gruppi musicali di un certo livello al di sotto del confine romano. Troppo di rado si “scende” al di sotto del Trasimeno; cogliere questa occasione era troppo importante per registrare dal vivo la bravura di questi artisti.
Oggettivamente la musica trasmette altro, trasmette la parte più eccelsa di noi, o almeno dovrebbe farlo. Si parla di musica, quella che è studiata nei conservatori, quella che ha segnato epoche, quella che ha commosso intere generazioni e che viene studiata a scuola, quella che ha rappresentato un popolo, una generazione.
Viene spesso da pensare a come possa essere ridotta, tramutata negli ultimi anni per comunicare il nulla e questo rabbrividisce. Senza troppa enfasi, trovarsi di fronte a capolavori di questo spessore conforta l’animo e le orecchie; c’è ancora qualcuno che testimonia quanto sia importante comunicare una bellezza, un senso e i Dream Theater continuano, per fortuna, a farlo.
Innocenzo Calzone
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