VITERBO – Un recente studio della direzione centrale della Polizia Criminale ha analizzato i reati commessi dalle donne e la loro detenzione negli istituti penitenziari, in Italia. Si tratta del report “Donne e criminalità” diretto dal prefetto Vittorio Rizzi. Uno studio che si è basato anche sui dati statistici dell’amministrazione penitenziaria.
Nel nostro Paese, in questi ultimi due anni, la percentuale delle donne arrestate e denunciate è inferiore a quella maschile. Il 2019, infatti, segna una percentuale del 18,1%, contro l’81,9 degli uomini, mentre nel 2020 è del 17,9, contro l’82,1%. Nel 2019 prevalgono, tra l’altro, le donne italiane (70%) rispetto a quelle straniere (30%) , mentre nel 2020 è al 72% di italiane contro il 28% delle straniere. Il tipo di reato commesso maggiormente è il furto, con un numero di donne denunciate ed arrestate di 23.393 nel 2019 e 17.420 nello scorso anno. Per quanto riguarda i “violenti”, si registra un dato di minore rilievo: le donne segnalate per omicidio volontario sono state 69 nel 2019 e 50 nel 2020. I dati raccolti evidenziano un decremento dei reati, collegato all’emergenza sanitaria di Covid-19, che ha avuto un certo peso sulla commissione dei reati. Un decremento del 25,32% collegato alla situazione pandemica che ha influito genericamente sulla commissione dei reati.
Il report della Polizia criminale, inoltre, ha sottolineato (registrato) l’appartenenza delle donne alla criminalità organizzata, con un conseguente ruolo nella mafia notevolmente rafforzato, ma anche sulla loro tossicodipendenza, disagi psichici. Ci sono anche problematiche relative alle detenute straniere. Lo studio si è, inoltre, soffermato sulle peculiarità delle detenute appartenenti alla criminalità organizzata e il loro rinnovato e rafforzato ruolo nella mafia, le caratteristiche delle tossicodipendenti e delle ristrette con disagio psichico, le problematiche afferenti alle detenute straniere e l’incidenza di ciascuna tipologia di detenute rispetto al resto della popolazione ristretta.
Le donne che entrano in carcere sono segnate da un grave contesto di marginalità sociale, riflesso proprio nel tipo di reati commessi, per i quali vengono incarcerate. Reati legati al patrimonio, alla droga, contro la persona sono quelli che le portano alla pena detentiva. Tra l’altro, in una popolazione di circa 60.000 carcerati, soltanto il 4% vede la presenza delle donne. 2400 persone che, in pratica, vivono rinchiuse in istituti prettamente maschili, e questa è già una discriminazione di genere, proprio come esiste nella cosiddetta società civile.
Laura Ciulli
Lascia un commento