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Don Pino, a mani nude contro la mafia

di | 2024-10-30T19:22:43+01:00 3-11-2024 1:30|Sezione 7, Storie|0 Commenti

NUORO – La mafia, nel corso degli anni, ha macchiato di sangue la nostra amata terra mietendo tantissime vittime. Moltissimi, tra magistrati, politici, uomini delle forze dell’ordine che servivano il loro Paese, sindacalisti, semplici cittadini, sono caduti per mano di gente senza scrupoli mentre facevano il proprio dovere o non si erano piegati a “Cosa nostra”. Sebbene i boss mafiosi molto spesso si siano professati credenti, questo non ha impedito che proprio nel giorno del suo 56º compleanno, fosse eseguita l’esecuzione di don Pino Puglisi, un prete di strada che a Palermo combatteva la mafia.

Giuseppe Puglisi nasce il 15 settembre 1937 nel capoluogo siciliano. La sua famiglia è modesta ma vive onestamente nel quartiere popolare di Brancaccio. Don Pino viene ordinato sacerdote nel 1960 e nel 1961 diviene viceparroco della parrocchia del Santissimo Salvatore, nella borgata di Settecannoli. L’anno successivo è nominato rettore della chiesa di San Giovanni dei Lebbrosi, dove si occupa dei problemi dei quartieri palermitani che mostrano diverse difficoltà. Svolgendo la sua opera missionaria tra l’orfanatrofio Roosevelt e la parrocchia di Valdesi, don Pino comprende la sua vocazione per l’insegnamento e matura la ferma idea di rivolgere il suo tempo soprattutto ai giovani. Nel 1970 viene nominato parroco di Godrano. Il comune della città metropolitana di Palermo ospitava da tempo una faida tra due cosche mafiose. Grazie al duro lavoro di evangelizzazione portato avanti dal sacerdote esse riescono a riconciliarsi. Don Pino Puglisi rimane a Godrano fino all’estate del 1978.

Don Pino seminarista con i genitori

Col passare del tempo riveste diversi ruoli come pro-rettore del seminario minore di Palermo, membro del Consiglio nazionale, docente di matematica e religione in diversi istituti di Palermo e provincia, direttore del Centro diocesano vocazioni, guida dell’Azione Cattolica e della Federazione Universitaria Cattolica Italiana. Nel 1990 viene nominato parroco della chiesa di San Gaetano. Torna così nel suo quartiere, il Brancaccio, e lo trova controllato dai fratelli Graviano, capi-mafia legati alla famiglia del boss Leoluca Bagarella. Il suo cuore urla di dolore e per questo don Puglisi inizia a combattere la mafia.

Don Pino può essere considerato un martire del nostro tempo, perché ha dedicato la sua vita ai disadattati delle periferie palermitane e ai giovani. Schierandosi contro la mafia l’affrontava con la sola forza della parola, della cultura e della fede. Don Puglisi credeva che anche nei contesti più difficili ci fossero semi di speranza. Affermava che “qui la vita non è fatta solo di violenza e depravazione. Ci sono valori come pace, fraternità e collaborazione”. In questo modo dava speranza ai giovani di Brancaccio e si opponeva, con le armi bianche di cui era a disposizione, al controllo che la mafia esercitava sulla loro vita. Durante il suo mandato, Don Pino non cercò mai di riportare sulla retta via chi ormai era “perduto”, ma lo coinvolgeva in varie attività, impegnandosi a togliere dalla strada tanti giovani che sarebbero stati risucchiati dalla criminalità organizzata. Non fuggì mai di fronte al pericolo, anche quando avrebbe potuto.

Don Pino aveva un modo di lottare semplice ma rivoluzionario perché desiderava poter offrire ai giovani palermitani l’opportunità di un futuro migliore. Per questo si impegnò non solo nella predicazione, ma anche nel creare strutture che potessero offrire ai ragazzi un’alternativa. Fondò il Centro Padre Nostro nel quartiere di Brancaccio, uno spazio sicuro dove i ragazzi potevano crescere, studiare, condividere valori sani, lontani dall’influenza di quel sistema di potere mafioso che dominava Palermo e altre aree della Sicilia. Don Puglisi sapeva bene il rischio che correva. Denunciava pubblicamente le ingiustizie e i soprusi che la mafia commetteva nei confronti della sua comunità e non indietreggiò mai di fronte alle minacce.

Parlando senza timori alla gente del quartiere, spiegava, e non solo ai più giovani, che la mafia non era invincibile e che insieme si poteva costruire un futuro libero dalla paura e dal ricatto. Diventare pertanto un bersaglio su cui fare il tiro a segno per i mafiosi fu estremamente facile. La sua lotta aperta contro la mafia non passava inosservata. La Mafia ha visto in lui una minaccia al suo potere e alla sua influenza sulla comunità. Per questo fu brutalmente ucciso con un colpo alla nuca, in una vera e propria esecuzione mafiosa. Le parole che don Pino Puglisi ha rivolto al suo assassino poco prima di lasciare questa vita sono state: “Me l’aspettavo”. Era consapevole che il suo modo di operare avrebbe infiammato gli animi dei boss mafiosi, ma don Pino, sapendo quanta forza e ricaduta sui giovani aveva il suo pensiero, la sua parola, il suo modo di vivere e di far vivere, non si è mai tirato indietro. Sapeva il prezzo da pagare.

Papa Giovanni Paolo II, nell’Incarnationis Mysterium, n.13 scrisse: “Il credente che abbia preso in seria considerazione la propria vocazione cristiana, per la quale il martirio è una possibilità annunciata già nella rivelazione non può escludere questa prospettiva dal proprio orizzonte di vita. I 2000 anni dalla nascita di Cristo sono segnati dalla persistente testimonianza dei martiri”. I Graviano non si fecero attendere troppo. La sera del 15 settembre 1993, davanti alla porta di casa in piazzale Anita Garibaldi 5, appena arrivato a bordo della sua Fiat Uno, viene raggiunto alle spalle dal killer e freddato con un colpo di pistola alla nuca. Nel 1997 viene arrestato a Palermo Salvatore Grigoli, latitante accusato di diversi omicidi, tra cui quello di don Puglisi. Ne confesserà in tutto 46, ammettendo di aver ucciso il prete di strada, come mano armata di un commando che comprendeva anche Gaspare Spatuzza, Nino Mangano, Cosimo Lo Nigro e Luigi Giacalone, tutti condannati all’ergastolo. I mandanti dell’omicidio erano stati Filippo e Giuseppe Graviano, arrestati già tre anni prima, poi anche loro condannati all’ergastolo.

Don Pino Puglisi è divenuto un simbolo di resistenza civile e di amore per il prossimo. La sua storia insegna come ognuno di noi può e deve contribuire alla lotta contro l’ingiustizia, contro la violenza, contro la mafia non con le armi, ma con la forza della giustizia, dell’educazione e della fede. Prima vittima di mafia riconosciuta come martire dalla Chiesa, don Pino Puglisi è stato beatificato il 25 maggio 2013. La sua stola e la sua croce sono conservate nella Basilica di San Bartolomeo nell’Isola Tiberina a Roma, un luogo di memoria per i martiri del XX e XXI secolo. Tale luogo ricorda il suo sacrificio e quello di tanti altri che hanno dato la vita per la giustizia e la fede consapevoli che il loro sacrificio sarebbe diventato la luce per illuminare il cammino di un popolo e di un’Italia più giusta e libera dalla mafia. La vita di don Pino Puglisi insegna che il cambiamento è possibile se si rimane fedeli alla speranza e alla giustizia.

Virginia Mariane

Amante del buon cibo, di un libro, della storia, dell’archeologia, dei viaggi e della musica

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