RIETI – Alberi di Natale e addobbi natalizi: “Al mio segnale, scatenate… la fantasia”. Non solo palline e uccellini colorati, cioccolatini incartati a forma di Babbo Natale, stelle e pennacchi, neve finta, fiocchi: ognuno può divertirsi a personalizzare gli addobbi come meglio crede.
In Ungheria (la notizia viene dalla rivista Gambero Rosso) c’è una simpatica tradizione: appendere le ‘caramelle da salotto’ avvolte in carte colorate. Sono le Szaloncukor, dolciumi speciali, ripieni di marzapane e ricoperti di cioccolato, incartati a mo’ di caramella e si mangiano direttamente dall’albero, lasciando gli involucri colorati appesi fino alla fine delle feste. E questo vale non solo per i bambini, ma anche per i “diversamente giovani”. Una famiglia ungherese ne acquista in media un chilogrammo per un consumo di circa 3.500 Szaloncukor l’anno. Le chiamano caramelle da salotto, ma sono più simili a praline, che vengono appese con ganci sottili.
La tradizione è nata più di un secolo fa, a simboleggiare il benessere delle famiglie della Budapest bene, che potevano permettersi di offrire i pregiati dolcetti ai loro ospiti: con le loro carte eleganti, le caramelle arredavano il salotto e rappresentavano l’agiatezza delle famiglie. Introdotti nel paese dai tedeschi nell’Ottocento, i Szaloncukor apparirono per la prima volta in un ricettario del 1891, che ne conteneva già 17 diverse tipologie. Cocco, nocciola, ciliegia: oggi sono tanti i gusti a disposizione, specialmente a partire dagli anni ’50 del secolo scorso, quando le caramelle uscirono dal salotto dei signori per arrivare nelle case di tutti.
I tedeschi non portarono solo la tradizione dei dolciumi, ma anche quella dell’albero, che poi si è diffusa anche in Italia. Gli addobbi erano per lo più a base di pan di zenzero, frutta secca o decorazioni di carta fatte a mano. Fino alla Seconda Guerra Mondiale, i negozi di dolciumi confezionavano le caramelle a mano, poi la produzione venne automatizzata, dapprima con pochi gusti, oggi con una selezione di oltre 150 tipologie diverse di Szaloncukor.
Tornando a casa nostra, ecco i susamielli, i “biscotti sapienza”, che parlano napoletano e si preparano l’8 dicembre. Sono chiamati così, perché un tempo erano una specialità delle suore clarisse del Convento di Santa Maria della Sapienza. Insieme a mostaccioli, raffiuoli e roccocò, questi biscotti a forma di S compongono il vassoio dei dolcetti di Natale campani. Si conservano a lungo e venivano tradizionalmente preparati il giorno dell’Immacolata Concezione per essere poi confezionati e donati durante le feste. In passato, una volta preparati in casa, venivano portati nei santuari come dolce omaggio per chiedere in cambio la protezione per la propria famiglia.
Il nome deriva dai due ingredienti principali: sesamo e miele, ma la loro origine è avvolta nel mistero, poiché è difficile rintracciare una ricetta scritta ufficiale. Gli ingredienti di base sono farina, zucchero, mandorle, miele, sesamo e pisto, una miscela di spezie tipica dei dolci natalizi napoletani a base di cannella, chiodi di garofano, noce moscata, semi di coriandolo e anice stellato. A seconda del destinatario, i susamielli sono nati in tre varianti: dello zampognaro, del buon cammino e nobili. Quelli dello zampognaro sono fatti con farina grezza e impasti residui di altre preparazioni (chiamati così perché pensati appunto per gli zampognari); quelli del buon cammino sono con un ripieno di marmellata di amarene, preparati per preti, frati e pellegrini; i susamielli nobili, nati nel 1788 dal cuoco e letterato Vincenzo Corrado, riservati alle famiglie più in vista, sono fatti con farina, miele, mandorle, zucchero, frutta candita, ammoniaca e pisto.
Restando in tema di dolci natalizi, sempre dalla rivista Gambero Rosso, ecco la ricetta del ciambellone all’arancia, un dolce natalizio per celiaci, suggerito da Valentina Leporati, celiaca dalla nascita, che in Liguria ha aperto un’attività dove si dedica alla creazione di pietanze senza glutine. Su questo argomento è diventata una influencer, come si dice oggi: si tratta di un dolce che possono mangiare tutti, anche chi non è celiaco. Ingredienti: 150 g farina di riso (senza glutine), 100 g fecola di patate (senza glutine), 3 uova, 100 g zucchero, 90 ml olio di semi di girasole, 90 ml succo d’arancia (1 arancia circa), 1 bustina lievito in polvere istantaneo per dolci (senza glutine), 1 cucchiaino estratto di vaniglia, 1 pizzico sale. Per decorare: fette d’arancia essiccata, rosmarino, ganache al cioccolato, 150 ml panna fresca liquida, 150 g cioccolato fondente (senza glutine).
Come procedere: in una ciotola montare uova e zucchero, aggiungere a filo l’olio di semi di girasole e il succo d’arancia, sempre continuando a far lavorare le fruste elettriche (o la planetaria), poi la farina di riso, la fecola, il lievito in polvere, il pizzico di sale e l’estratto di vaniglia, mescolando delicatamente con una spatola dal basso verso l’alto. Versare l’impasto in uno stampo per ciambellone ben unto. Infornare a 180° per 40/45 minuti. Sfornare e far intiepidire. Preparare la ganache portando a bollore la panna fresca e aggiungendo il cioccolato fondente tritato. Mescolare con una frusta fino ad ottenere una crema liscia e lucida. Versare la ganache sulla torta. Aggiungere fette d’arancia essiccata e rosmarino per decorare. Le arance essiccate si possono fare a casa: tagliare le fette d’arancia, stendere su una teglia di carta forno e farle cuocere per 3 ore a 60° girandole ogni 30 minuti.
Tanti i dolci natalizi, in cui non mancano frutta secca, spezie, miele, ma non confondiamo il pan giallo con il panpepato. Il primo è romano, il suo nome, che significa pane giallo, è un chiaro rimando al colore della crosta esterna, simbolo di speranza e rinascita, legato al ritorno della luce dopo il solstizio d’inverno. Il panpepato, ricco di spezie e frutta secca, porta con sé l’atmosfera colta e sontuosa dei prelati umbri. Entrambi si preparano l’8 dicembre e si consumano fino a Pasqua.
Francesca Sammarco
Nell’immagine di copertina, un piatto di squisiti susamielli, dolci tipici napoletani
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