NUORO – I dolci sono la gioia dei golosi a tavola: torte, crostate, biscotti, prodotti da forno, c’è solo l’imbarazzo della scelta per deliziare i commensali. Miele e mandorle sono per i pasticceri sardi comparabili all’oro per gli orefici. In una regione che ha basato la sua attività principale sulla coltivazione e l’allevamento, i prodotti della terra, ben valorizzati dalle mani di abili ed esperti artigiani, hanno potuto, nei tempi, dare vita a ricette che hanno da sempre deliziato i palati dei degustatori più difficili e particolarmente esigenti.
Miele e mandorle, quindi, sono i principali ingredienti dei dolci barbaricini che valorizzano le feste ricorrenti durante l’anno e quelle celebrate in famiglia. Sono ottimi alla fine del pasto della domenica e non necessariamente solo utilizzati in grandi ricorrenze, e ogg si possono trovare sulle tavole dei sardi tutto l’anno. Tra i vari dolci conosciuti nell’isola meritano una menzione speciale “sas meliheddas”, dolcetti di mandorle a forma di frutta ricoperti di zucchero a velo. Per l’impasto non servono molti ingredienti: mandorle, zucchero, la scorza del limone grattugiato, acqua quanto basta e una buona dose di sambuca, un liquore dolce, la cui base viene realizzata con acqua, zucchero e oli essenziali ricavati dall’anice stellato e successivamente elaborata tramite l’uso di varie erbe naturali in numero variabile, che aromatizzano il liquore stesso. Il rivestimento è una sorta di glassa fatta con zucchero a velo e colla dragante, più raramente chiamata anche “gomma da tragacanto”, che è un essudato (liquido di consistenza variabile) secco ricavato dai fusti e dai rami di una ventina di specie di leguminose del genere Astragalus, in particolare Astragalus adscendens, Astragalus creticus, Astragalus gummifer e Astragalus tragacantha, originarie del sudest europeo e del sudovest asiatico, colorata con colori all’anilina.
I coloranti alimentari in polvere sono ideali per la colorazione di tutti i dolci, pasta di zucchero, panna, crema, glassa. Mescolando fra loro i colori si ottengono tinte sempre diverse che possono essere usate anche per pittura su pasta di zucchero, diluendole con alcool puro, così da rende lucide e brillanti le dolci creazioni dei pasticceri. Con quello che la natura ci offre possiamo creare dei coloranti alimentari naturali, efficaci e sani e se ci guardiamo intorno, nella nostra cucina, spesso troviamo tutto a portata di mano. E’ bene ricordarsi che ogni alimento che decidiamo di utilizzare come colorante ha un suo preciso sapore che, ovviamente, a seconda della quantità adoperata, rilascerà nella nostra preparazione. Quindi, che sia dolce o salata, occorre scegliere l’alimento che più si adatta senza stonare con i sapori della nostra ricetta.
Tornando alle meliheddas, questi dolci tipici sardi sono capolavori culinari ottenuti dal lavoro lungo e paziente di mani sapienti che, “forgiando” le mandorle e lo zucchero, riescono a creare prelibatezze gustose, uniche per bellezza e squisitezza a forma di frutta fatta in pasta di mandorle. La nascita della pasta di mandorle, detta anche pasta reale, è certamente da ricondurre agli Arabi, che introdussero in Sardegna e in Sicilia pietanze ricche e speziate mescolando quindi zucchero e mandorle macinate, ma è pur certo che gli abitanti della nostra isola, dediti all’attività agro-pastorale, hanno sempre avuto, per cultura, l’abilità di utilizzare questi prodotti della terra per la produzione dei principali dolci.
Tante sono le prelibatezze che possiamo trovare nelle pasticcerie e nelle nostre tavole, oltre alle meliheddas, gli amaretti, i pilichittos o pilighittos, i guelfi, le copulettas, i sospiri e le tilicas. Ma delizie per il palato sopno anche le candelaus che si preparano con mandorle, zucchero e fiori d’arancio, modellandole in forma di cestini e animaletti come le gallinelle o i cagnolini che poi si avvolgono completamente nella ghiaccia reale; i pistoccheddus, cioè biscotti croccanti fuori e ripieni di cremosa pasta di mandorle, realizzati esclusivamente a mano; sa trutta de mendula, ossia la torta di mandorle sarda sofficissima e senza grano preparata solo con farina di mandorle e fecola. È un dolce da cerimonia, perché la ghiaccia reale si presta ad essere decorata finemente con motivi astratti in rilievo ma anche con con uccellini, fiori e altri elementi naturali realizzati con lo zucchero.
Per chi arriva in Sardegna quindi c’è solo l’imbarazzo della scelta per arricchire le proprie tavole, deliziare le papille gustative e persino gli occhi. I dolci di mandorle infatti fanno parte della tradizione sarda a base di pasta di mandorle lavorati a mano in modo da formare dei piccoli frutti, degli animaletti, dei cestini glassati all’esterno con una miriade di colori per rendere ancora più briose le nostre tavole. Perciò, se per il buon Dante i golosi erano i penitenti che scontavano la loro pena nella VI Cornice del Purgatorio, colpevoli di eccessivo amore per il cibo e le bevande ed erano tormentati da fame e sete continua, stimolata dal profumo di dolci frutti che pendevano da due alberi posti all’ingresso e all’uscita della Cornice e da una fonte d’acqua che sgorgava dalla roccia e saliva verso l’alto. Recitavano il versetto 17 del Miserere, ovvero Labia mea, Domine, e presentavano una spaventosa magrezza, al punto che la pelle aderiva totalmente alle ossa e il volto era così smunto che si poteva quasi leggere la parola «OMO» (formata dalla linea delle sopracciglia e dagli occhi), oggi i golosi possono dormire sonni tranquilli e soprattutto con la pancia piena e lo spirito soddisfatto dalle buonissime ricette dei dolci isolani.
E per chi volesse sollazzarsi in cucina con la ricetta delle meliheddas ecco come si potrebbe fare. Per l’impasto occorrerà mettere in un pentolino lo zucchero con un po’ d’acqua portata ad ebollizione fino a far sciogliere lo zucchero. Quindi si aggiungeranno le mandorle macinate, il limone e la sambuca e si faranno cuocere ulteriormente. Una volta cotto il tutto si lascerà raffreddare e poi si lavorerà un po’ con le mani per rendere l’impasto uniforme. Solo ora si potrà modellare in varie forme: pere, angurie, ciliegie, fichi d’india, mele, banane e altro ancora. Preparate le meliheddas, con lo zucchero a velo e la colla dragante, eventualmente aggiungendo anche un po’ d’acqua, si preparerà una crema abbastanza morbida che verrà colorata con l’anilina di diversi colori a seconda dei frutti che si vogliono realizzare.
Questa parte della lavorazione permetterà a ognuno di esprimere la propria creatività stendendo la pasta di zucchero colorata come fosse una glassa con un pennello, un cucchiaino o per immersione con uno stecchino se si lascia l’impasto abbastanza fluido. Terminata la colorazione si rifiniranno i fruttini inserendo i piccioli veri di pere, mele e ciliegie appositamente conservati e lasciati essiccare e aggiungendo vere foglie di limone ritagliate con le forbici. Eseguita quest’ultima fase di lavoro i fruttini potranno essere consumati con gusto e grande piacere per la vista.
Buon appetito.
Virginia Mariane
Nell’immagine di copertina, una splendida sa trutta de mendula, cioè la torta di mandorle
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