NAPOLI – Non ricordo con chiarezza il primo giorno di scuola. Di sicuro la tensione, il grembiule, il fiocco, il colletto bianco, la cartella, le corse a fine scuola a chi arrivava primo sul lungo marciapiede che circondava l’edificio. Ricordo con chiarezza lo spirito che ha caratterizzato sin da subito la voglia di andare a scuola: curiosità, desiderio di essere voluto bene, voglia di essere abbracciato. I cinque anni delle elementari sono stati straordinariamente intensi: 40 alunni maschi e così anche il maestro. Un grande uomo. Ancora adesso ricordo i quaderni lanciati dalla cattedra dopo le correzioni, o che, in attesa della campanella delle 12,30, cominciava a raccontare trame di film paurosi. A distanza di molti anni, nel vedere i film, provavo una sensazione di dejà vu tanto erano stati raccontati bene. Era come se li avessi già visti. Ogni dettaglio descritto con dovizia di particolari; un modo di essere attenti alle sfumature della vita. Un insegnamento a vivere più intensamente la realtà.
Alessandro d’Avenia nel descrivere cosa avrebbe voluto sentire dagli insegnanti il primo giorno di scuola scriveva: “Ditemi qualcosa di nuovo, perché io non cominci ad annoiarmi da subito, ma mi venga almeno un po’ voglia di cominciarlo quest’anno scolastico… Dimostratemi che vale la pena stare qui per un anno intero ad ascoltarvi. Ditemi per favore che tutto questo c’entra con la vita di tutti i giorni, che mi aiuterà a capire meglio il mondo e me stesso, che insomma ne vale la pena di stare qua. Dimostratemi, soprattutto con le vostre vite, che lo sforzo che devo fare potrebbe riempire la mia vita come riempie la vostra. Avete dedicato studi, sforzi e sogni per insegnarmi la vostra materia, adesso dimostratemi che è tutto vero, che voi siete i mediatori di qualcosa di desiderabile e indispensabile, che voi possedete e volete regalarmi… Voglio guardarli bene i vostri occhi e se non brillano mi annoierò, ve lo dico prima, e farò altro. Non potete mentirmi. Se non ci credete voi, perché dovrei farlo io?”.
E ancora: “Ci sono così tante cose in questo mondo che non so e che voi potreste spiegarmi, con gli occhi che vi brillano, perché solo lo stupore conosce… Insegnatemi a ragionare, perché non prenda le mie idee dai luoghi comuni, dal pensiero dominante, dal pensiero non pensato. Aiutatemi a essere libero. Insegnatemi i luoghi prima dei non luoghi… E per favore, un ultimo favore, tenete ben chiuso il cinismo nel girone dei traditori”.
A distanza di anni, dopo gli innumerevoli tentativi di seguire quegli insegnanti che hanno dedicato del tempo per me e che, mea culpa, non sono riuscito a seguire, cerco di farlo ora in classe con i miei alunni. Non so cosa resterà, non percepisco sempre la potenzialità di certi rapporti. So che ieri come ora il centro della questione sono io, con tutte le domande che da piccolo o da grande mi sono posto e continuo a pormi.
Il desiderio è che il primo giorno di scuola si ripeta quotidianamente, che la vita sia una continua attesa affinché il bello si sveli e mostri che vale la pena essere protesi alla ricerca di ciò che può rendere felice la mia e la vita di ciascuno.
Innocenzo Calzone
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