PERUGIA – Diana, un nome, un presagio, a dirla coi latini nomen, omen. Non è casuale insomma che Diana Bacosi (si capisce che il padre sia un cacciatore?) abbia finito per imbracciare un fucile (l’arco dei tempi moderni) e per regalarci, senza contare tutti i trofei raccolti dal 2004 ad oggi, un oro (a Rio de Janeiro) ed un argento (a Tokyo). Alle Olimpiadi, il “non plus ultra” delle discipline sportive. Sempre nella specialità dello skeet, dove si imbraccia un fucile calibro 12 del peso di tre chili e mezzo e si hanno a disposizione due cartucce alla volta con cui centrare due bersagli in movimento, espulsi in contemporanea da una macchina lancia-piattelli. Lei ha ringraziato, a fine gara, gli italiani e tra questi, in particolare, gli umbri ed i toscani. Ed una ragione c’é: Diana é nata e cresciuta a Città della Pieve in Umbria e vive, appena di là dal confine a Cetona (in Toscana, provincia di Siena).
Diana ha 38 anni ed è mamma di un ragazzino di 12 anni, Mattia, “il mio più grande tifoso”, assicura. Nella fase eliminatoria era stata la migliore: 123 piattelli frantumati su 125. Ed anche nella finale a 6 era stata praticamente sempre in prima posizione. Solo negli ultimi dieci piattelli, quelli nel confronto diretto con la statunitense Amber English, all’Asaka Shooting Range, ha sbagliato due volte. Succede. Anche la sua amica e collega, la friulana Chiara Cainero (oro a Pechino, argento a Rio) è andata peggio: non ha centrato la qualificazione. Ed è stata tra i primi a correre ad abbracciarla ed a complimentarsi con la compagna. Ha appena concluso, Diana, la sua avventura in maniera così brillante (ha perso, per un solo piattello di differenza, l’oro: 56 a 55) e già pensa alla prossima Olimpiade: Parigi. E, perché no?, a quella, prevista tra otto anni, a Los Angeles. L’appetito, si dice, viene mangiando…
Non è mai facile salire sul podio olimpico per due volte di seguito. Invece il caporal maggiore scelto dell’Esercito Italiano (il lavoro di Diana si svolge in divisa) ci é riuscito. Tra i primi a congratularsi con lei, al telefono, il generale Francesco Paolo Figliuolo, che con la pandemia tutti abbiamo imparato a conoscere: “Brava. Viva l’Italia”. Eppure gli ultimi mesi in modo particolare sono stati molti duri per la mamma pievese. É stata lei stessa a confidarlo. Chi la conosce racconta che abbia perso trenta chili di peso. Tanto che molti ritenevano che non sarebbe stata in grado di gareggiare ai massimi livelli. Lei ha spiegato: “Il nostro commissario tecnico Andrea Benelli (uno dei grandi nomi, a livello internazionale, di questa disciplina olimpica, nda) mi ha tirato fuori dal momento nero e mi ha condotto fino a questo argento…”. Per prepararsi alla trasferta in Giappone, Diana ha scelto l’impianto di tiro a volo “Umbriaverde” tra Todi e Massa Martana, al centro della regione “dal cuore verde”. Settimane e settimane di tiri per entrare in forma dopo “il periodo nero” vissuto per colpa del confinamento provocato dalla pandemia, per via dell’incidente automobilistico (subìto da lei, rimasta ferita, e dal figlio che stava accompagnando a scuola) e per problemi privati, personali ed affettivi.
“É stato un periodo difficilissimo, durissimo. La pandemia ci ha messo in ginocchio, ma siamo stati in grado, noi italiani (ed ovviamente nel novero considera anche se stessa, nda), di rialzarci.” A Sabatino Durante (Ufficio stampa della federazione tiro a volo e conosciuto pure per il suo ruolo di procuratore calcistico dell’Uefa) ha rivolto, appena rientrata a Casa Italia, una richiesta: la maglia di Ibrahimovic. Nel passato aveva ottenuto la casacca di Francesco Totti (“mio figlio è romanista”, confida), poi quella di CR7 (Cristiano Ronaldo, per chi non mastica calcio. Una curiosità: chissà chi è juventino in famiglia o tra gli amici della tiratrice?) ed ora quella del gigante rossonero Zlatan Ibrahimovic (lei si professa milanista). Ha chiarito di aver letto la biografia del calciatore e di essere rimasta sorpresa dalla personalità, schietta e sincera, del bomber svedese.
Adesso Diana tornerà a fare la mamma a tempo pieno, alle prese con la busta della spesa, con i fornelli in cucina, con i colloqui con gli insegnanti del figlio, e rientrerà al suo posto di lavoro. A Pomezia. Perché, e questo la rende ancor più una eroina, è una donna normale. La nostra vicina di casa che, ogni mattina, accompagna il figlio a scuola e poi raggiunge il proprio ufficio, portandosi dietro, in un borsone, il fucile per allenarsi. Dopo Rio la Bacosi aveva ricevuto la nomina a cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica. Ora Mattarella non potrà non consegnarle quella di Ufficiale o di Commendatore. A meno che per darle questa quest’ultima nomina non si voglia attendere Parigi…
Elio Clero Bertoldi
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