ROMA – Per Alfredo Di Giovampaolo tutto è ispirato ad un fine: guardare il mondo da un punto di vista insolito e più umano, che permetta di scorgervi nuove sfaccettature. Così il giornalista, inviato di Rai News 24, ha fatto del cammino lo strumento principale per raccontare le storie di terre sofferenti, impresa che sta portando avanti da luglio dell’anno scorso, quando ha proposto alla tv generalista il programma “Cammina Italia”, reportage da quegli angoli del Bel Paese che stentano a riprendersi dopo il terremoto e che rischiano di essere dimenticati per sempre. Il format (in onda il sabato alle 14,30 ogni due settimane, prossima puntata il 18 luglio), prevede tappe nei centri più colpiti, luoghi per lo più inesplorati e lontani dalla grande comunicazione la cui narrazione avviene direttamente sul posto perché Di Giovampaolo va a cercare lì la gente comune, vera protagonista di grandi realtà che altrimenti passerebbero sotto silenzio.
Il giornalista “camminatore”, 53 anni e una carriera iniziata nelle tv private, poi continuata negli uffici stampa e nelle testate locali, che ha fondato il primo giornale online in Italia nel 1997, ha nel sangue quella passione per la professione che gli ispira anche, e come è giusto che sia, un profondo senso del dovere. “Ho seguito in diretta tutte le più grosse tragedie di questo Paese – racconta – e penso che questo mestiere possa essere svolto solo in maniera totalizzante, come scelta di vita. Per questo – aggiunge – sono anche molto critico nei confronti di quei colleghi che si limitano a descrivere il fenomeno senza risalire alle cause né spiegarne le conseguenze”. Insomma, per Alfredo Di Giovampaolo lavoro, vita e sentimenti sono un tutt’uno che lui stesso probabilmente non sa distinguere ma di cui conosce sicuramente il fine etico.
“L’informazione – afferma – è una forma di impegno civico i cui destinatari sono i cittadini che vanno guidati nella lettura della realtà escludendo ogni morbosità, approccio che non mi appartiene e da cui rifuggo”. E quindi per narrarla, quella realtà, ha scelto di fare l’inviato. “Carriera perseguibile solo con il servizio – sottolinea se per caso non fosse chiaro che lui ha fatto strada per merito acquisito sul campo – poi c’è ‘l’altra’ carriera che però si fa solo con le nomine”. E così oggi Alfredo Di Giovampaolo è entrato ancora più profondamente nel ruolo del giornalista, lo ha indossato e sente di farlo per davvero, come si deve. Perché in questa professione, come si diceva un tempo, per essere bravo bisogna avere le suole delle scarpe bucate. “Sì, a piedi si possono scoprire tanti aspetti di questo paese – afferma l’inviato – che rimarrebbero sconosciuti lavorando per telefono, in redazione. Finché potrò – assicura – il mio mestiere lo farò così perché ritengo che sia l’unico modo per assolvere pienamente il mio compito”.
Ed ecco, quindi, che parte con l’elenco di quelle situazioni che fanno degli italiani “un popolo di belle persone” come quelle dei comitati per i Sin (Siti di interesse nazionale per l’inquinamento), che si battono per la bonifica dei territori in cui vivono e che amano. O, ancora, quelle riunite in associazioni che – legge alla mano – fanno progetti per valorizzare le loro zone depresse a cui nessuno vuole più pensare. Tutta roba seria e il suo constatarla e riportarla nei suoi servizi ha la valenza di una denuncia pubblica quando non di accusa diretta alle istituzioni cieche e sorde. “Parlo di begli italiani ma senza retorica, per carità – puntualizza – qui non stiamo a fare politica né demagogia ma a raccontare di gente preparata, che non vuole mollare ed è impegnata in battaglie per l’ambiente o per salvare i propri paesi, tutte questioni di cui non fa comodo parlare”. Battere certi territori impervi non è da tutti ed è proprio là che l’inviato, con coraggio e devozione, vuole e deve arrivare. Ci arriva a piedi per non perdersi nella disattenzione nessun particolare di quei territori e di quelle vicende degli umili che però, manzonianamente, sono proprio quelle che costruiscono la storia. La storia vera, sia chiaro, non quella dei libri. Di Giovampaolo, nel fare questo, è animato da un grande desiderio di conoscenza ma anche da fiducia nell’impegno del singolo e nel cambiamento come chiave per entrare nel futuro. Se non avesse avuto questo carattere positivo e tenace non avrebbe condotto, all’interno del sindacato Usigrai, la battaglia per stabilizzare il personale Rai, che era per metà precario.
“Io penso – osserva – che il senso della vita sia nel mettercela tutta per veder realizzata la giustizia in tutto ciò che si fa e nell’ambito delle proprie competenze.” Per l’inviato di Rai News 24 questa è proprio una missione ed è ancor più impegnativa essendo lui dipendente della televisione pubblica. “Ho una responsabilità doppia – spiega – perché oltre al codice deontologico sento di avere un dovere morale anche verso tutti i cittadini italiani che considero miei editori ai quali devo rispondere del mio operato”. Un duro e puro nel lavoro e nella vita, quindi, ambiti in cui ha rinunciato – “anche con l’aiuto del lockdown che ci ha rivelato la necessità di vivere in sintonia con la natura” – all’automobile e al superfluo arrivando ad uno stile essenziale. E quindi ha sfrondato accessori e roba inutile prediligendo la cura della propria vita interiore, dei valori autentici. “Per mia figlia voglio pensare che ci potrà essere un futuro migliore – afferma – altrimenti chi mi farebbe fare questa fatica? Voglio pensare – conclude – che nonostante il disagio che provo di fronte alle macerie del terremoto, la mia opera di divulgazione un giorno mi ripagherà di tutto il lavoro”. Ed ha ragione a pensarlo. Comunque sia quando Di Giovampaolo arriva con la sua troupe nei villaggi dell’Appennino centrale e tra le case diroccate dal sisma, viene accolto un po’ come un salvatore. Probabilmente laddove non arriva l’informazione ufficiale si è sparsa la voce che lui è un giornalista onesto.
Gloria Zarletti
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