Finché quella donna del Rijkmuseum
nel silenzio dipinto e in raccoglimento
giorno dopo giorno versa
il latte dalla brocca nella scodella,
il Mondo non merita
la fine del mondo
Un breve componimento della poetessa polacca Wisława Szymborska (1923 – 2012) può forse simboleggiare plasticamente il Natale ormai alle porte. La poesia è dedicata al dipinto La lattaia (conservato presso il Rijkmuseum di Amsterdam) di Jan Vermeer, pittore olandese del 1600. Un quadro semplice e profondamente espressivo in cui viene rappresentato il gesto compiuto quotidianamente da una giovane donna che versa il latte da una brocca in una scodella. L’autrice attribuisce a questa sorta di rito uno straordinario significato: il Mondo non merita la fine del mondo.
Ma è davvero così? Qualche dubbio, peraltro legittimo, sorge. Basta guardarsi intorno: due guerre sanguinose e cruente (in Ucraina e in Palestina), potenzialmente in grado di evolversi su scala ancora più ampia e dalle conseguenze disastrose per l’intero pianeta; altri conflitti, soprattutto in Africa, ugualmente drammatici, sebbene confinati in ambiti meno internazionali. Il tutto accompagnato dalla fortissima sensazione che le strade verso la pace sono ancora tute da individuare e da esplorare. E intanto si continua a morire, con lutti e devastazioni e miserie che colpiscono (come sempre, purtroppo) i più deboli e i più indifesi.
E ancora (anche negli ambiti più ristretti di casa nostra) corruzione dilagante, disonestà diffusa, piccole e grandi ingiustizie, violenze d’ogni genere… Ma veramente il nostro Mondo, quello realizzato nel corso dei secoli, merita di non finire sepolto sotto l’ignoranza e l’incuria? Siamo sicuri di stare facendo tutto ciò che è in nostro potere per impedire una morte annunciata (e anche meritata)? E’ difficile dare una risposta netta e precisa perché i segnali, anzi i fatti indicano invece che stiamo galoppando verso il baratro senza riuscire a trovare contromisure adeguate. Ogni giorno massacriamo l’ambiente che ci circonda inondando l’atmosfera di veleni d’ogni genere; siamo persino incapaci di differenziare correttamente i rifiuti e di depositarli negli appositi contenitori negli orari stabiliti. Piccoli gesti di quotidiana maleducazione.
Eppure, a voler guardare il bicchiere mezzo pieno, la speranza di una svolta e di un cambiamento profondo non è del tutto svanita. Qua e là affiorano, sia pure con grande difficoltà, momenti di sincera illuminazione. Perché cambiare si può e si deve. Il ricordo della nascita di un Bambinello in un’umilissima stalla, circondato solo dall’affetto del papà e della mamma e riscaldato, per quanto possibile, soltanto dal fiato di un bue e di un asinello, è nello stesso tempo un monito e un augurio. Quell’avvenimento di due millenni fa insegna a tutti noi, al di là delle convinzioni religiose di ognuno, che l’umanità e con essa il mondo meritano di continuare ad esistere.
Ai nostri figli e ai nostri nipoti stiamo consegnando una Terra arida e rancorosa, priva di amore e di ogni altro sentimento di condivisione e consapevolezza, ma siamo ancora in tempo. A patto di cambiare. Subito. Senza se e senza ma. Se il cambiamento avviene in ognuno di noi, allora ce la possiamo ancora fare. A partire dai piccoli gesti che giorno compiamo, come appunto quella della lattaia di Vermeer. Solo in quel caso il Mondo non meriterà la fine del mondo.
Buona domenica e soprattutto Buon Natale.
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