FIRENZE – Dinamico, drammatico, vario, intramontabile. Può essere amato, oppure disprezzato, ha uno stile tutto suo. Se ne può parlare male, ma ci rappresenta completamente in quelle scene quasi satiriche che mettono in risalto la vita di tutti i giorni. Quest’anno il cinema italiano ha offerto prevalentemente interpreti uomini, tralasciando i ruoli femminili; Una “scelta” dettata molto probabilmente dalle sceneggiature, che hanno previsto per la maggior parte ruoli maschili, ad eccezione di alcune pellicole come La Dea Fortuna. Un’altra metamorfosi subita dal cinema italiano nell’anno corrente è stata la perdita della sua vena satirica, incentrandosi sul racconto di storie, di eventi realmente accaduti o di favole, nonostante le eccezioni come per il caso di Özpetek.
Sono numerosi i film, che nell’esperienza del David Giovani a Firenze, hanno permesso di conoscere nuove realtà e riscoprire se stessi. Film dopo film è stato possibile immergersi in un’esperienza, considerata forse vecchia, che allontana però dalle nuovissime piattaforme di streaming digitale, consentendo ai ragazzi di riscoprire un mondo che ai loro occhi risulta per lo più nuovo, ma ancora del tutto attuale, permettendo loro di acculturarsi mediante un luogo di aggregazione ormai perso: il cinema. Ascoltando le opinioni di chi ha vissuto questa esperienza, le proiezioni che hanno destato maggior fermento sono stati “Il traditore”, diretto da Marco Bellocchio, e “Pinocchio” di Matteo Garrone, che grazie alla sua scenografia e alle sue astrattezze, è entrato nel cuore di chi ha guardato con attenzione i dettagli nascosti frame dopo frame nel film.
Pinocchio non ha segreti, la trama è tratta chiaramente dalla storia di Collodi, e risulta quindi un film adeguato per tutta la famiglia, con dei significati forti e chiari, che può insegnare, nonostante aspetti banali, sia a grandi che piccini. Si nota la cura con la quale Garrone ha riproposto la favola, creando scenari e costumi che lasciano a bocca aperta, trasmettendo emozioni suscitate guardando anche un solo fermo immagine del film. È evidente l’equilibrio della trama classica, che racconta quel percorso che un bambino deve seguire per diventare un uomo, la contrapposizione tra situazione positiva e negativa rispecchia la scelta del,regista, e tiene anche gli occhi più annoiati, incollati allo schermo. Niente da dire sugli interpreti, un Benigni espressivo ed ingenuo, che si fa strada tra le peripezie di Pinocchio, interpretato da Federico Lelapi, che dimostra tutto il suo talento nonostante la giovane età. Il gatto e la volpe possono risultare un po’ “crudi”, ma il ruolo dei due furbacchioni è ben impersonato da Ceccherini e Papaleo, che trasmettono sensazioni forti anche con un semplice sguardo. Niente effetti speciali questa volta, Hollywood viene lasciata da parte per favorire un cinema “alla vecchia maniera”, trasformando quello che oggi potrebbe apparire come una mancanza, in una vera e propria possibilità, aprendo la trama ad una narrazione visiva, che richiede uno sforzo allo spettatore, offrendogli una duplice chiave di lettura, accomunata comunque dal senso morale della favola di Collodi. Risulta quindi un Pinocchio chiaro e forte, che fa sorridere, ma che grazie alla sua empatia riesce a conquistare il cuore di tutti.
Marco Bellocchio, invece, si ambienta nella Sicilia degli anni Ottanta, raccontando la storia di Tommaso Buscetta, pentito, che non vuole definirsi tale perché la “Cosa Nostra” di cui è membro, “ha dei valori” ben diversi da quelli che gli altri mafiosi stanno manifestando nello stesso periodo storico. Pierfrancesco Favino è favoloso nella sua malinconica e rattristata interpretazione, espressivo al punto giusto, rappresenta interamente il fulcro del film, dove “il tradimento” viene analizzato non solo dal punto di vista di Buscetta, ma anche di Cosa Nostra e dello Stato, nella sua battaglia contro la criminalità organizzata. Anche Bellocchio sceglie la duplice interpretazione per il suo film, dove grazie a dialoghi ed immagini si vanno a conoscere, a trecentosessanta gradi, le vicende che girano intorno ad un uomo che sceglie di collaborare con la giustizia.
Bellocchio questa volta non vuole solo raccontare fama e “morte” di uno spietato criminale, ma vuole innalzare un teatro psicologico, mettendo in evidenza aspetti e nascondendo dietro le quinte sentimenti che Buscetta non può mostrare in determinate situazioni, da qui la splendida interpretazione di Favino, che nella sua durezza, lascia trasparire nella sua espressione ciò che avviene dentro la mente del protagonista. La durata del film, pari a quasi tre ore, può scoraggiare la visione dei più giovani, ma la sua fotografia risulta forte, chiara e decisa, con dialoghi che, nonostante il dialetto, possono essere ben compresi, trasmettendo la tensione generata dalla situazione, un connubio di emozioni che annulla la percezione del tempo durante la visione del film. In un panorama vario, unito da elementi comuni, possiamo essere soddisfatti o meno di ciò che il cinema italiano ha offerto in questo periodo, nonostante una trasformazione non di poco conto, che ha visto l’introduzione sugli schermi di nuovi nomi sopra le sedie da registra sui set, che hanno ampliato la scelta di visione, portando un’innovazione di tecniche e metodologie.
Un rinnovamento non solo “tecnico” che ha trasmesso nuove sensazioni e nuovi sentimenti travolgendo il pathos, e trasformando il logos con nuove ideologie e consapevolezze, grazie ad opere che non si prefiggono l’obiettivo di intrattenere, ma di diffondere cultura e trasmettere conoscenza. Un’esperienza che può quindi infondere ai giovani un nuovo modo di vedere il cinema, ed una vera e propria cognizione, che permette loro di trarre, da visioni future, molto più di un semplice giudizio soggettivo, ma una vera e propria valutazione oggettiva del cinema, facendo scoprire loro non solo lo scenario cinematografico estero, ma anche quella ricchezza che da sempre ci appartiene: il cinema italiano.
Boris Zarcone
Nell’immagine di copertina, la sala del cinema Stensen, promotore del David Giovani a Firenze
Lascia un commento