PARIGI – “Poemi di pietra che dalle loro masse poderose fanno svettare guglie e pinnacoli, quasi a indicare la strada verso l’Assoluto, le cattedrali gotiche custodiscono antichi segreti che a tutt’oggi non siamo ancora riusciti a
penetrare completamente” (A. Roversi Monaco). Questa espressione forse ancora non rende la potenza artistica e spirituale di una cattedrale. Non è spiegabile, non è racchiudibile in un contesto puramente umano. Dalle ceneri
della cattedrale di Notre Dame di Parigi è venuto fuori un popolo, non solo parigino, non solo francese.
Non si può relegare una cattedrale all’aspetto religioso anche se, in fondo, è il vero aspetto che tiene dentro ogni altro
aspetto. Notre Dame,ì come tutte le cattedrali, rappresenta in maniera inconfutabile, la storia un popolo, la storia che li/ci rappresenta. Leggendo, guardando, discutendo in questi giorni ne è venuta fuori una assoluta certezza:
c’è un aspetto, per alcuni nascosto, per altri addirittura tentativamente censurato, volutamente o meno, ma c’è un aspetto che è quello più intimo, che di fronte al dramma delle fiamme di Notre dame è venuto positivamente fuori: il
cuore dell’uomo seppur costretto da certe ideologie, da certi pensieri nichilisti o positivisti, non può non riconoscere una oggettività che è quella di un dramma, di uno sconforto di fronte al crollo della cattedrale. Ed è un aspetto che conforta e che tiene uniti a prescindere dalla fede che si professa. C’è del buono in ognuno di noi e questo buono è venuto straordinariamente fuori di fronte alle fiamme che avvolgevano la cattedrale. Una sorta di nuovo 11 settembre per ciascuno, per il cuore e l’intelligenza di ogni sana ragione.
Certo è che dopo qualche giorno qualcuno ha cominciato a porre i “però”, i “come”, insomma dubbi e pensieri su gesti liberi di persone che hanno offerto somme ingenti di denaro per il recupero della struttura. “Ma come? Ci sono
tanti poveri nel mondo e vengono stanziati fondi per un cumulo di pietre e non per i bambini bisognosi?” Sembra un paradosso, ma solo l’appartenenza ad una determinata storia può generare amore, solo la considerazione di una Storia che abbraccia la vita così come quella di quei poveri ragazzi può suscitare una vera generosità.
“Noi pensiamo che la fede, che il cristianesimo sia qualcosa che si sovrappone all’umano, un surplus per quanto splendido, ma comunque qualcosa che normalmente non esiste, che non fa parte della vita come essa è nella normalità dei giorni. Prima c’è la normalità umana, pensiamo, poi arriva qualcosa di eccezionale che opera, senza dubbio, molti mutamenti. Quello che ci è difficile pensare è che il cristianesimo sia quell’eccezionale che rivela l’umano, che lo fonda: un’eccezionalità che non si sovrappone ma, anzi, sta alla base, all’origine dell’umano. Quello che ci è difficile pensare è che noi stessi, ciascuno di noi è – nella sua normalità di ogni giorno e di ogni minuto – il punto terminale di un’azione eccezionale, che ci crea, che ci strappa dal nulla uno a uno.” (L. Doninelli)
Il cristianesimo ha di straordinario proprio questo. Che c’è sempre un momento, un’occasione in cui non solo possa manifestarsi un fatto, una situazione in cui si genera speranza, ma che dà la possibilità, se si vuole, se si è attenti, di coglierlo. Un amico, una semplice partita a pallone con amici, un alunno, un collega, il fuoco che avvolge Notre Dame. Sempre, in ogni istante, se siamo attenti c’è la possibilità di cogliere un positivo per la propria vita. E questo, grazie a Dio, non solo c’è, ma accade.
Innocenzo Calzone
Nella foto di copertina, Notre Dame in fiamme
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