MILANO – Il 26 settembre scorso, nell’emiciclo della Camera dei deputati, si è svolta la cerimonia laica di commemorazione del Presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano; i vari discorsi hanno sottolineato la sua vita specchiata ed il percorso di uomo politico impegnato per un cinquantennio al servizio del bene pubblico, fino al doppio mandato presidenziale. Non si vuole fare il panegirico dell’uomo di Stato su cui i giudizi sono talvolta contrastanti, avendo inoltre egli operato in un periodo di grave crisi istituzionale, economica e sociale; saranno la storia e gli anni a formulare un punto di vista più articolato e distaccato; tutto ciò non esime, comunque, dal poter riflettere su alcuni momenti di quella solenne circostanza.
Tra i presenti, il cardinale Ravasi che, con parole di grande stima e rispetto, ha ricordato il sentimento di affetto che lo legava al Presidente ed ha riportato episodi condivisi, attraverso “quattro diapositive” ideali. La prima (1998) vede Napolitano, Ministro dell’Interno, mentre visita la Biblioteca-Pinacoteca Ambrosiana e la sua emozione di fronte al Codice Atlantico di Leonardo ed al testo autografo “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria, “una reliquia laica all’interno di un tempio culturale ecclesiastico”. La seconda rimanda al legame speciale con il papa Benedetto XVI e ad un loro incontro (2010), durante il quale Napolitano citò una frase di Thomas Mann, tratta dal saggio sul Don Chisciotte: “Il Cristianesimo rimane una delle colonne portanti dello spirito occidentale, e l’altra è l’antica cultura mediterranea”.
Nella terza immagine entrano in scena la letteratura, l’arte, la musica. Napolitano era uomo di profondissima cultura, amava tantissimo Thomas Mann (“ricordo ancora che mi citava l’incipit di Giuseppe e i suoi fratelli o del Doktor Faustus, in tedesco, aggiunge ancora Ravasi) e Dante, di cui ogni tanto leggeva delle terzine da un’edizione in miniatura che portava sempre con sé “quasi fosse una sorta di breviario laico”. In conclusione del suo omaggio evocativo, Monsignor Ravasi ha voluto immaginare che a salutarlo musicalmente per l’ultima volta ci fosse un testo religioso di Mozart, scritto per il Corpus Domini del 1791. L’Ave verum, K 168, che avevano ascoltato insieme ed il Presidente aveva definito quei quattro minuti di una “bellezza ultraterrena”.
Ad Assisi (2012), infine, per l’ultima diapositiva con un intervento di Napolitano, definito dal Cardinale “spirituale” nel senso più alto e più ampio del termine, “non confessionale”. Nel Cortile dei Gentili il Presidente tenne una lezione sul rapporto società–religione, in cui stigmatizzò come “il visibile impoverimento ideale e culturale della politica ha rappresentato il terreno di coltura del suo inquinamento morale… Nel dialogo tra credenti e non credenti, sempre prezioso in vista del bene comune da perseguire nella così travagliata nostra Italia, è dall’esperienza, dalla schiettezza del dialogo e da un esito fruttuoso che possono venire stimoli e sostegni nuovi per una ripresa di slancio ideale e di senso morale”.
Atteggiamento che traspare anche dal discorso del figlio Giovanni “Non ricordo un solo giorno della vita di mio padre che non sia stato di lavoro. La politica per lui richiedeva analisi, ascolto e assunzione di responsabilità. Non sopportava la demagogia e la riduzione a urlo della politica. La politica era inscindibile dalla vita quotidiana, la politica era il nostro orizzonte”. Parole simili a quelle della nipote Sofia che ricorda commossa, con accanto il fratello Simone, il nonno ed i suoi gesti affettuosi “quando eravamo più piccoli ci scriveva sempre, anche quando non sapevamo ancora leggere. Ci chiamava quando gli sembrava che in televisione ci fossero dei cartoni animati che ci sarebbero piaciuti”; ma anche l’uomo-politico che ha affidato a loro i suoi valori: “Ci ha insegnato a trattare chiunque con rispetto, a prescindere dalle differenze di opinioni e di posizioni”.
Interventi che delineano da una parte la forza e la tenerezza dei legami familiari e dall’altra i caratteri fondanti di un’attività politica supportata dall’integrità morale e dal rispetto e ascolto dell’altro. Elementi base di un confronto leale e costruttivo, nonché aspetti essenziali di una visione laica, in opposizione a qualsiasi approccio confessionale o peggio fondamentalista per il benessere comune, per il rispetto della dignità di ogni uomo e per il libero sviluppo delle sue capacità. In “La leggenda del Grande Inquisitore” da “I fratelli Karamazov” di F. M. Dostoevskij, Ivàn Karamazov narra al fratello Aljòsa che il Grande Inquisitore spiega a Cristo, ritornato sulla terra a Siviglia ai tempi dell’Inquisizione, quanto sia necessaria un’autorità forte come quella da lui rappresentata, che soddisfi i bisogni materiali del popolo ed esiga obbedienza, ingannandolo nel nome di Cristo.
La “leggenda” è un racconto allegorico in cui l’Inquisitore è un personaggio dalle convinzioni granitiche, che contesta a Cristo di promuovere la libertà che l’Inquisizione deve reprimere, tanto più che, osserva ancora l’Inquisitore, l’uomo in realtà non sa farne uso; bisogna quindi mentire facendogli credere di essere libero in nome di quel Dio che, invece, proprio per la libertà della persona ha versato il suo sangue. Certo i tempi sono cambiati rispetto alle istanze di Dostoevskij ed ancor più in confronto alla Spagna seicentesca soggiogata dalla Santa Inquisizione, ma non sono rari nel contesto odierno ancora posizioni pregiudiziali, ai limiti del fondamentalismo. Alla fine del suo intervento il cardinale Ravasi ha voluto idealmente porre sulla tomba di Napolitano un “fiore di parole”, ovvero un verso tratto dal Libro del profeta Daniele, che egli ha definito significativo in quanto l’immagine è desunta dalla cultura pitagorica, quindi dal mondo pagano. I discepoli di Pitagora, ha concluso, credevano che le anime dopo la morte diventassero stelle, pertanto guardavano, nelle notti stellate, verso l’alto per cercare la presenza delle persone amate scomparse. “Ed ecco le parole del profeta Daniele (12, 3) come mio omaggio ideale a Giorgio Napolitano: I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento, coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre”.
Adele Reale
Nell’immagine di copertina, l’omaggio del presidente Mattarella a Giorgio Napolitano
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