Ci siamo? Non proprio, ma sicuramente la strada è giusta. Si parla del Covid, naturalmente, il terribile virus che in un anno e mezzo ha messo in ginocchio l’Italia e il mondo intero. Aver imboccato la direzione per uscire dall’emergenza e tornare alla normalità è un’evidenza sancita dai numeri. In calo costante tutti i parametri che per mesi ci hanno terrorizzato: ricoveri in interapia intensiva, contagiati, percentuale di positività rispetto ai tamponi effettuati, deceduti. Non si può certo affermare che il dannato draghetto coronato sia stato defintivamente battuto, però si può guardare con motivato ottimismo al futuro.
Il merito di un’inversione di tendenza che pareva irreversibile è sicuramente delle vaccinazioni. Alla faccia di chi con motivazioni risibili continua a rifiutare l’inoculazione. Il numero di persone che ha ricevuto almeno la prima dose supera ormai i 33 milioni e 500mila, con quasi 11 milioni e 500 mila cittadini che hanno già completato il ciclo vaccinale. L’ipotesi più accreditata è che, alla fine dell’estate, la stragrande maggioranza della popolazione italiana avrà ricevuto entrambe le dosi. Con un effetto pratico assai importante: il prossimo anno scolastico potrà cominciare in maniera abbastanza normale, senza le vicissitudini che hanno tormentato insegnanti, studenti, personale e famiglie dal marzo del 2020.
La vaccinazione è dunque fondamentale e lo sarà anche nei prossimi anni. Gli scienziati propendono per cicli vaccinali periodici, così come accade ad esempio per l’influenza. Magari il periodo potrà essere biennale e non annuale come accade per il comune virus influenzale, ma quasi sicuramente ciò che abbiamo ricevuto in queste settimane e riceveremo nelle prossime non basterà a fornire un’immunizzazione eterna: il vaccino, insomma, non è per sempre (come il diamante). Poco male, l’importante è mettere in sicurezza tutti, soprattutto gli anziani e i più fragili. E dovremo inoltre abituarci all’idea che la mascherina sarà un costante compagno di viaggio: una tutela banale, ma efficace per noi stessi e per chi ci sta vicino. Non bisogna abbandonarsi a facili euforie: non è il caso, ma confidare che il periodo peggiore sia alle spalle è legittimo oltre che fondato su dati inoppugnabili.
Che cosa ci sta lasciando la pandemia? Un’Italia in ginocchio, questa è la verità. Ci vorrà molto tempo per risalire la china e tornare ai livelli pre-pandemici. Peraltro non è che negli ultimi anni la crescita italica fosse stata caratterizzata da risultati eclatanti. Anzi. E’ vero però che c’è a portata di mano l’occasione per un decisivo cambio di passo. Serve lavoro (e non solo di natura pubblica, ma con la costante partecipazione dei privati), ma servono anche condizioni diverse che favoriscano iniziative e investimenti. Si pensi all’ignobile giungla della burocrazia che scoraggia anche i più volenterosi o ai tempi della giustizia, totalmente inadeguati ad un paese davvero moderno e funzionale. Il Covid ci lascia il suo insopportabile carico di lutti: su 4,21 milioni di casi, si sono registrati 3,84 milioni di guarigioni e 126mila deceduti. Nel mondo 169 milioni di casi e 3,52 milioni di morti; Stati Uniti, India, Brasile, Francia e Turchia le nazioni più colpite. Numeri impressionanti dei quali dovremo sempre ricordarci quando, per esempio, sbuffiamo perché la mascherina ci dà un po’ fastidio…
Sia la pandemia l’opportunità per dimostrare di essere diventati più maturi e consapevoli, capaci di abbandonare il nostro piccolo e pensare di più all’interesse generale. Altre occasioni forse non ce ne saranno più.
Buona domenica.
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