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Covid 19, quando potremo dire “io c’ero”?

di | 2020-03-27T19:41:52+01:00 29-3-2020 6:10|Attualità, Sezione 3|0 Commenti

NAPOLI – Scrivere un racconto, disporre una parola dopo l’altra, mette in moto un processo complesso e creativo, capace di far emergere emozioni che trovano difficoltà ad esternarsi liberamente, soprattutto quando sono negative. In un particolare momento come quello che tutti noi stiamo vivendo, in cui la preoccupazione e il dolore hanno preso il sopravvento, scrivere può essere la giusta terapia per prendere consapevolezza delle proprie paure, accettarle, dominarle e superarle, perché mettere nero su bianco aiuta a far emergere il disagio, a combatterlo e ad annientarlo. Le testimonianze che seguono, frutto di riflessioni di giovani alunni della Scuola Secondaria di I grado, rappresentano la presa di coscienza e la capacità di affrontare l’attuale momento storico-sociale, sospeso tra ansia e paura, ma sempre sorretto dalla speranza di un futuro migliore.

Alberto “Un fulmine a ciel sereno ha scagliato sull’Italia il Signor Corona! Lui è il più ricco dei ricchi, il più malvagio dei malvagi, il più potente dei potenti, tanto che ancora non si riesce a fermarlo. La sua ricchezza non è materiale, non possiede soldi, non possiede beni, ma tanta energia negativa e trasmette agli umani una grave patologia polmonare, causandone la morte. Al suo cospetto sono caduti anche i più potenti uomini della vita politica, letteraria, cinematografica e sportiva e ha costretto ogni uomo, di ogni età e sesso, a cambiare il suo modo di vivere, per sfuggire alle sue saette”.

Giusi “Abito in un piccolo paese in provincia di Napoli, San Giuseppe Vesuviano, e siamo in piena quarantena. Durante questo periodo, sto scoprendo il valore delle piccole cose quotidiane: l’amicizia, perché sento tanto la mancanza dei miei amici; la solidarietà degli italiani, perché affacciarsi al balcone e cantare tutti insieme il nostro amato Inno Nazionale è un modo per urlare al mondo che, uniti, riusciremo a superare ogni cosa; l’eroismo, perché i medici e il personale sanitario, come dei veri supereroi, stanno facendo tutto il possibile per strappare vite umane alla morte”.

Anna “In questo triste momento, tutti siamo chiamati ad assumere uno stile di vita diverso; anche per noi ragazzi è difficile, privati della nostra libertà, prigionieri nelle nostre case. Trascorriamo le nostre giornate scandite dai tristi notiziari del tg e dall’impegno scolastico, con la ‘didattica a distanza’ che ci permette di continuare lo studio, bruscamente abbandonato un triste giorno di marzo”.

Benedetta “Una cosa ci deve rassicurare, quando tutto sarà finalmente finito: torneremo… Perché noi torneremo a riempire le nostre aule, la nostra scuola, le nostre piazze. Perché fuori dalle nostre finestre c’è un paese che aspetta il nostro ritorno, c’è il nostro paese, il paese più bello del mondo”.

Francesco “Un aperitivo mancato o un’uscita in meno non ci cambiano l’esistenza; fermarci per un po’ ci può soltanto salvare la vita. Quando tutto sarà finito, saremo persone migliori, sapremo affrontare e comprendere meglio il senso della vita”.

Antonio “Ad ogni regola c’è un’eccezione ed anche in questo caso c’è chi trasgredisce le regole e chi lucra sulle disgrazie altrui, penso ad esempio a tutti quei venditori che hanno aumentato i prezzi dei beni di prima necessità”.

Angela “Quella che sembrava essere una semplice influenza, si è rivelata una vera e propria pandemia che ha travolto il mondo intero. Ogni giorno mi sveglio con la speranza che si tratti di un brutto sogno, ma i numeri dei contagiati e delle vittime, continuano ad aumentare. Mi auguro solo che  le persone abbiano compreso la gravità del problema e che rispettino le regole. Solo se ci sarà responsabilità da parte di tutti, potremo tornare alla nostra quotidianità”.

Marianita “La mia vita non è più quella di prima: mi mancano le passeggiate, le amiche, il nuoto, persino la scuola… Altro che videolezioni, mi mancano le urla, le risate, i rimproveri, insomma, quel contatto umano a cui prima non davo valore. Rimpiango tutte le volte in cui non ho abbracciato mia madre dicendo di essere diventata grande e ora me ne pento, ma non posso lamentarmi perché ho capito che questa distanza fisica non è una mancanza di amore, anzi, è proprio il contrario, perché serve per tutelare noi stessi e gli altri”.

Michela “Sono molto preoccupata perché mentre io e mamma possiamo stare protette in casa, mio padre è costretto ad andare a lavorare poiché la sua attività fornisce un servizio essenziale. L’aspetto più strano di questa vicenda è il silenzio che c’è per le strade; non mi era mai capitato, nella mia breve vita, di affacciarmi al balcone e non sentire alcun rumore. È come se la vita si fosse fermata!”

Lorena “In questi giorni ho riscoperto il piacere di stare con la mia famiglia. Anche se non possiamo avere contatti e siamo distanti tra di noi, nessuno ci priva di essere vicini con il cuore, perché quando si è uniti, si ha meno paura”.

Francesco- Non possiamo permetterci di far arrivare gli ospedali al collasso o che gli infermieri si addormentino in ospedale, stremati per le troppe persone ammalate e le troppe ore di lavoro. Ci stanno chiedendo solo di rimanere a casa, al caldo e aspettare che tutto passi. 

Michele “Ritroveremo questo avvenimento nei libri e tristemente potremo affermare: io c’ero. Io c’ero quando in tv ad ogni ora venivano trasmessi il numero incessante delle vittime; io c’ero quando il governo ci chiedeva di rimanere a casa; io c’ero quando, all’improvviso, la scuola, da sempre istituzione di formazione culturale, umana e sociale, era diventata telematica; io c’ero quando per strada mascherine e guanti erano diventati inquietanti; io c’ero quando avrei voluto che tutto ciò fosse stato solo uno scherzo. Ma uno scherzo non era”.

Antonio “Inondati dalla fragilità e dalla negatività, sforziamoci nel nostro piccolo a trovare uno spiraglio di luce che illumini questo tunnel. Mi emoziona pensare a quando racconterò ai miei figli quello che abbiamo vissuto, il dolore, la sconfitta, la paura di non farcela, ma alla fine, sono certo, racconterò anche come riuscimmo a superare lo sconforto di quei giorni e a respirare una nuova aria di positività, sotto un cielo stellato, sulle note di un canto corale di gioia”.

 Amalia Ammirati

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