La diagnosi è terribile: tumore al cervello. Inoperabile. Per Conny, imprenditrice pugliese che opera nel settore dei voli aeronautici solidali, comincia un autentico calvario. Consulta i migliori luminari del settore, gira l’Italia alla ricerca di un barlume di speranza che le dia la possibilità almeno di combattere e non di restare inerte di fronte al male. E’ il 2020 e per questa donna avvezza ad aiutare gli altri (organizza trasvolate in mongolfiera per raccogliere fondi destinati all’Associazione Matteo Coveri Onlus che li destina all’Università di Firenze, dove studiano metodi per bloccare tumori rari infantili e generare molecole e farmaci per tumori come il glioblastoma), l’impatto con la dura realtà di un male che non perdona è devastante.
“Mi avevano diagnosticato una massa cerebrale molto grande di 4 centimetri – racconta in una lettera inviata a La Gazzetta del Mezzogiorno – a cui nessuno è riuscito a dare nome e cognome. Si tratta di una massa particolare che porta con sé un elevato rischio di morte: richiedendo di poter fare una biopsia ricevevo sempre lo stesso consiglio, ossia quello di tenere tutto sotto osservazione. Per colpa di risonanze magnetiche refertate male, però, il mio tumore è diventato maligno; avrei potuto curarmi, ma non mi è stato detto che dal referto delle risonanze si notava un accrescimento di un centimetro della massa: veniva sempre scritto che il tutto non si era evoluto”.
Conny non si rassegna, anche se sa molto bene che quella massa da un momento all’altro potrebbe provocare danni gravissimi e irreversibili nel suo cervello. Un amico la spinge a consultare un altro medico, un neuro-oncologo di Padova che decide di inserirla nel circuito oncologico dell’Ospedale Miulli di Acquavia delle Fonti (in provincia di Bari). Qui incontra la responsabile della radioterapia, la dottoressa Alba Fiorentino, che si rende subito conto che il tempo stringe e che non ci sono margini sufficienti per procedere con cicli di radiazioni: “Altrimenti non sarei arrivata ad ottobre”, commenta sconsolata.
E’ la stessa dottoressa Fiorentino a chiamare in causa il collega David Giraldi, neurochirurgo al Miulli che decide di operarla, coinvolgendo l’intero reparto di Neurochirurgia diretto dal dottor Vincenzo Fanelli. E’ una strada impervia, ma non c’è tempo da perdere e soprattutto non ci sono altre soluzioni se non attendere che accada l’irreparabile: nel giro di una decina di giorni si organizza l’intervento. “Il 21 luglio alle 8 entro in sala operatoria – riprende Conny -. Attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie in mappatura 3d il dottor Giraldi e la sua equipe mi salvano la vita. Un risultato incredibile: in 7 ore d’intervento asportano l’80% di massa tumorale e, proprio grazie al loro lavoro, sono potuta tornare a casa. Vivo grazie a lui”.
“La Puglia ha un ospedale di assoluta eccellenza in Italia, il Miulli, dove lavorano medici straordinari – conclude -. Non bisogna andare tanto lontano: il dottor Giraldi pare uscito da una fiction di quelle americane, dove operano proprio come ha fatto lui, con la musica in sala operatoria, quella che sapeva sarebbe piaciuta a me, perché me l’ha proprio chiesto prima dell’intervento che canzone avrei preferito ascoltare durante l’operazione. Così, con il sottofondo anni ‘80, l’equipe guidata dal dottor Giraldi e composta dai colleghi Salvatore D’Oria, Domenico Murrone, Giuseppe Salamone e Alberto Tomatis ha rimesso in piedi la mia vita! Un grazie non sarà mai abbastanza”.
Non c’è bisogno di aggiungere altro. Buona vita a Conny e alla sua famiglia e un apprezzamento sincero e affettuoso ai medici che l’hanno operata salvandole la vita. A volte, basta guardarsi intorno e a pochi chilometri dal luogo in cui si vive si scoprono strutture ospedaliere pubbliche di assoluta eccellenza che non hanno nulla da invidiare a rinomate (e molto costose…) cliniche private del Nord.
Buona domenica e buon Ferragosto.
Nell’immagine di copertina, l’ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti, in provincia di Bari
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