VITERBO – Esattamente 38 anni fa, il 14 giugno 1982, allo Stadio Balaidos di Vigo, la nazionale italiane di calcio, guidata dal commissario tecnico Enzo Bearzot, fece il suo esordio contro la formazione della Polonia in quello che sarebbe diventato un trionfo al Mondiale spagnolo. In verità gli inizi non furono per niente facili. L’Italia calcistica viveva un periodo di contestazioni a causa delle ultime prestazioni di gioco poco esaltanti e come se non bastasse, i sessanta milioni di ct italiani rimproveravano a Bearzot la scelta di convocare Paolo Rossi, reduce dalla squalifica di due anni per le vicende del calcioscommesse. La prima fase a gironi si concretizzò per gli Azzurri con tre scialbi pareggi rispettivamente contro Polonia (0-0); Perù (1-1) gol di Bruno Conti; Camerun (1-1) rete di Graziani. Fu solo grazie alla differenza reti che la nazionale italiana si trovò a superare il girone a discapito del Camerun reo di aver segnato un solo gol in meno.
La qualificazione al turno successivo però non calmò gli animi dei contestatori anche perché Paolo Rossi continuava a deludere e fu così che la squadra e lo staff, per isolarsi dal resto del mondo, decisero di attuare un silenzio stampa in modo da lasciare tutte le polemiche fuori dagli spogliatoi. Solo il capitano Zoff, per ironia della sorte il più taciturno della compagine, poteva rilasciare dichiarazioni. Nella seconda fase gli azzurri vennero inseriti nel Gruppo C con le squadre più forti del torneo: l’Argentina, campione in carica, guidata da Daniel Passerella e dall’estro di Diego Armando Maradona, che senza nasconderlo puntava a ripetere il successo del ’78 ed il Brasile che poteva affidarsi alle giocate di campioni di prima grandezza come Falcao, Cerezo, Leo Junior, Socrates detto “il dottore” e sulla classe della grande star del gruppo Arthur Antunes Coimbra, meglio conosciuto come Zico. Quella del Brasile veniva inoltre considerata come la squadra con il centrocampo più forte di sempre e per loro l’obiettivo minimo era la finale. Gli azzurri non godevano di particolare fiducia nell’ambiente sportivo né dei favori del pronostico e nulla faceva presagire ciò che invece sarebbe successo. Erano soli ma sapevano bene cosa fare.
Nella prima partita di questo girone, nel quale la squadra vincitrice del gruppo sarebbe andata direttamente alle semifinali, gli Azzurri incontrarono l’Argentina e la strategia attuata dal ct italiano si rivelò azzeccata. Bearzot mise Claudio Gentile in marcatura a uomo su Maradona. La mossa fu vincente perché l’esperto difensore italiano surclassò letteralmente l’argentino, non lasciandogli mai lo spazio per alcuna giocata di rilievo. Al minuto 57 gli azzurri segnarono il primo gol con un diagonale di Tardelli, ben servito da Antognoni. Dopo appena 12 minuti, su una veloce ripartenza, Paolo Rossi si trovò a tu per tu con il portiere argentino che gli respinse il tiro, la palla finì a Bruno Conti, lesto ad inserirsi sul lato sinistro, colpo di tacco a rientrare e portiere fuori causa, passaggio indietro all’accorrente Cabrini e gol del 2-0. A nulla servì la rete su punizione del capitano argentino Daniel Passerella nel finale di gara. Nella partita successiva la nazionale verdeoro del Brasile sconfisse 3-1 l’Argentina e si presentò da grande favorita alla sfida con gli azzurri, con la spavalderia di chi si sente più forte, tanto che avevano già prenotato l’hotel a Madrid per il giorno della finale. E così il 5 Luglio, allo stadio Sarria di Barcellona gremito in ogni ordine di posto, andò in scena quella che per la nazionale azzurra rimane una delle partite più belle della storia. Anche questa volta Bearzot indovinò tutte le mosse e la sua testardaggine a far giocare uno spento Rossi lo premiò. Dopo appena 5′, Conti con finte e controfinte attirò su di sé l’attenzione dei giocatori carioca, poi esterno sinistro ad aprire il gioco dalla parte opposta del campo per l’arrivo di Cabrini, cross teso e preciso per Paolo Rossi che con un colpo di testa in diagonale portò l’Italia in vantaggio, sbloccandosi dal peso del gol e dando inizio a quello che sarà il suo pomeriggio più magico.
Il Brasile, per nulla scosso dal vantaggio azzurro, riprese a giocare come se nulla fosse, con la consueta ragnatela di passaggi e dopo pochi minuti pareggiò con Socrates. La troppa sicurezza però gioca brutti scherzi e così al 25’ Pablito Rossi, ormai galvanizzato, fece tutto da solo. Rubò palla ai brasiliani e da fuori area trafisse di nuovo il portiere avversario con un tiro potente a mezz’altezza: 2-1 e squadre negli spogliatoi. Nella ripresa ai verdeoro bastava pareggiare per ottenere la qualificazione ma con i loro sterili fraseggi non riuscirono mai ad avvicinarsi all’area azzurra tranne che al 69’, quando Paulo Roberto Falcao, centrocampista di notevole qualità, in una delle rare incursioni offensive, fintò in passaggio filtrante spiazzando l’intera retroguardia italiana e di sinistro in diagonale, con un potente tiro siglò la rete del 2-2. L’avventura azzurra sembrava finita qui. Ma Rossi, appena 5′ dopo il pareggio brasiliano, trovò ancora lo spunto per siglare la sua tripletta personale e regalare alla squadra e a tutti i tifosi italiani quel successo sognato ma nel quale in pochi credevano veramente. Il risultato sarebbe stato ancora più rotondo se non fosse stato annullato ingiustamente un gol regolare ad Antognoni, ma ormai andava bene così. Successo storico e meritato contro una squadra fortissima. Ora si poteva iniziare a sognare.
In semifinale l’Italia incontrò di nuovo la Polonia ma questa volta non faceva paura. Con un secco 2-0 al Camp Nou di Barcellona gli azzurri regolarono gli avversari dando prova di superiorità assoluta. Ad aprire le marcature ci pensò di nuovo Rossi, ormai tornato ai suoi livelli. Punizione di Antognoni e gol sotto porta di piatto destro, una classica rete di rapina, il marchio di fabbrica di Pablito e Italia in vantaggio. Nel secondo tempo il raddoppio. Incursione veloce di Bruno Conti sulla sinistra e pallonetto millimetrico a scavalcare il portiere, la palla si innalzò e ridiscese precisa sulla testa di Rossi per il 2-0. Nelle dichiarazioni post partita, Rossi così si espresse negli spogliatoi per ringraziare il compagno di squadra del geniale assist: “Sul pallone del cross di Bruno Conti c’era scritto: basta spingere”. Doppietta e partita chiusa. In serata l’altra semifinale che vedeva opposti i galletti francesi contro i panzer tedeschi. A spuntarla ai rigori dopo 120 minuti di puro spettacolo agonistico furono i tedeschi per 5-4.
La finale Italia – Germania si giocò alle 20 del 7 luglio a Madrid al Santiago Bernabeu davanti a 90.000 spettatori. Nella memoria di tutti i tifosi di calcio tornarono subito le immagini dell’epica sfida del 1970 in Messico, la storica partita del 4-3. I tedeschi meditavano vendetta, noi li temevamo ma non avevamo paura, forse questo sentimento l’avvertivano di più loro. Qualsiasi competizione tra queste due Nazioni non è mai fine a se stessa, è una continua sfida nelle tradizioni, nella storia, nella cultura, nel carattere e nello sport ma nel calcio spesso, nonostante lo scetticismo iniziale, ci vede trionfare. E anche in quella notte a Madrid andò così.
La partita oltre che dai protagonisti sul campo venne decisa dall’abilità e dalla strategia attenta e meticolosa Enzo Bearzot nel disporre i giocatori dovendo addirittura rinunciare ad Antognoni, infortunatosi nella gara con la Polonia, e a Ciccio Graziani dopo pochi minuti di gara. Il tecnico decise di schierare Beppe Bergomi, appena diciottenne, nella marcatura di Karl Heinz Rummenigge, bomber temutissimo e potente, già due volte vincitore del Pallone d’oro, rinunciando così a un centrocampista. Il ct mise Claudio Gentile a marcare stretto Littbarski, l’unico fantasista teutonico, e Conti a sfiancare sulla fascia destra il potente Briegel con accelerazioni repentine. In mezzo al campo Tardelli e Oriali a correre per tutti. Il resto della squadra ordinata e compatta, pronta a colpire. Con Scirea elegante leader difensivo e padrone della difesa e Collovati a svettare sui palloni alti. La partita si sarebbe potuta sbloccare già nel primo tempo quando Conti sbucando a sorpresa alle spalle del gigante Briegel nel momento di colpire il pallone di testa venne steso dal tedesco. Rigore. Sul dischetto Antonio Cabrini. Solita rincorsa, sinistro, palla fuori. Nulla di fatto, si riprese a giocare.
Nel secondo tempo al minuto 56 punizione apparentemente innocua, battuta velocemente da Tardelli per Gentile, sul cross del terzino si avventarono Rossi, Cabrini e Karl Heinz Foster, con Pablito che di testa riuscì ad anticipare tutti e a depositare la palla in rete per il vantaggio Azzurro. L’Italia intera in piedi ad esultare e con lei anche il presidente Pertini presente sugli spalti di Madrid. I tedeschi provarono a ripartire ma i loro sforzi si infransero sul muro italiano e non si resero mai pericolosi. Ancora dodici minuti e dopo un’azione corale con Gaetano Scirea nell’area avversaria, palla a Bergomi, ancora a Scirea che intravide Tardelli appena fuori area, gli offrì il pallone ed il centrocampista italiano inventò un gol meraviglioso con una mezza girata di sinistro e successiva esultanza che regala brividi ancora adesso.
La Germania accusò il colpo ma per tentare il tutto per tutto si sbilanciò in avanti e l’Italia, con freddezza e determinazione, la punì ancora. Minuto 81: Conti ricevette palla nella metà campo azzurra, Briegel esausto non riuscì a seguire l’ennesima ripartenza dell’imprendibile laterale italiano che si involò velocissimo senza voltarsi dietro, attraversò tutto il campo fino ad entrare nell’area avversaria. Per tentare di arginarlo i tedeschi si concentrarono su di lui che si guardò attorno e vedendo Altobelli rimasto solo al centro dell’area lo servì. Gli appoggiò la palla rasoterra sorprendendo i difensori tedeschi che si aspettavano il tiro: l’attaccante controllò la palla con la suola, la spostò e la mise dentro. Nel più facile dei gol. Ma fu un gol pesantissimo, la rete del 3- 0 che mise la parola fine alla finale di un titolo mondiale. Nei minuti seguenti la Germania orgogliosamente siglò la rete della bandiera e tutto finì lì.
Apoteosi italiana a Madrid e tricolore sul tetto del mondo per la terza volta, con Paolo Rossi capocannoniere del torneo. Qualche anno dopo, nel 2006 ci fu un’altra memorabile sfida calcistica tra Italia e Germania e vinse di nuovo l’Italia beffando in semifinale i tedeschi a casa loro, eliminandoli dal mondiale e tingendo d’azzurro il cielo di Berlino, ma questa è un’altra storia.
Paolo Paglialunga
Indimenticabili bei ricordi con tante emozioni e soddisfazioni a distanza di anni. Eravamo giovani allora ed abbiamo avuto la fortuna di esserci. Tutti bravi gli azzurri e, dopo il brutto esordio del girone di qualificazione, posso senz’altro aggiungere eroici e “Mondiali”. Uno su tutti però fece la differenza, non per niente hai scritto il suo nome più volte nel tuo dettagliato articolo. Un piccolo, magico, estroso e veloce folletto: Bruno CONTI. E non sono tifoso della “Magica” (?) Roma.
Giuseppe PRESUTTI