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Col “Revenge porn” vincono i vigliacchi

di | 2024-11-15T13:16:50+01:00 17-11-2024 0:10|Attualità, Sezione 3|0 Commenti

MILANO – “Vorrei che tu fossi una donna […] lo so: il nostro è un mondo fabbricato dagli uomini per gli uomini, […] eppure, o proprio per questo, essere donna è così affascinante…. un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non annoia mai…e spesso, quasi sempre, perderai”, scriveva così Oriana Fallaci in un passo di “Lettera ad un bambino mai nato” (1975), riportando l’amorevole dialogo tra lei stessa, autrice e futura madre, ed il feto che aveva in grembo e che non sarebbe mai nato/a. Certo, risulta distante il contesto, un po’ obsoleto il lessico, ma quanta amara attualità nella condizione femminile, attestata dall’incredibile e sempre più intollerabile numero dei femmicidi nel nostro paese e aggravata, ove fosse ancora possibile, dalla dilagante presenza delle nuove tecnologie di comunicazione nella quotidianità e perfino nelle relazioni intime.

Il discrimine più grande resta la disparità in ogni campo, che impedisce alle donne di godere pienamente dei loro diritti per poter compiere scelte autonome, senza che nessuno possa interferire e continuare a sentirsi “padrone” della loro mente, dei loro cuori e dei loro corpi su cui poter infierire con azioni crudeli, inquadrabili nella cosiddetta “violenza di genere”. Gli psicologi da anni denunciano, inoltre, una galoppante “precocizzazione”, a cui noi adulti assistiamo con indifferenza colpevole, di esperienze personali e sociali di tanti ragazzi, in alcuni casi perfino tredicenni, e sottolineano che l’eccessivo utilizzo dei media digitali può, proprio nella fascia adolescenziale, influenzare l’approccio ai sentimenti e alle relazioni, determinando nuove modalità di interazione e scambi.

È ormai frequente così ricorrere al loro utilizzo, anche per le esperienze sessuali, per intrattenere scambi consenzienti di materiale erotico-sessuale all’interno di una relazione di coppia, salvo a chiedersi di quale consenso responsabile si possa mai parlare a tredici anni. Tale fenomeno è chiamato “sexting”, termine derivante dalla crasi di sex (sesso) e texting (inviare messaggi), e consiste nell’invio/ricezione di immagini sessualmente esplicite che ritraggano corpi nudi, semi-nudi di individui consenzienti. Da qui al reato di “revenge porn” il passo è, tuttavia, molto breve. Il “revenge pornography” (vendetta pornografica consiste nella divulgazione di immagini o video sessualmente espliciti, senza il consenso delle persone rappresentate.

Il termine non ha origine scientifica ed è stato introdotto dai media in riferimento alle vicende di numerose celebrità del cinema di Hollywood, i cui telefoni erano stati violati (2014), e i contenuti erano stati diffusi sulla rete, in danno della loro dignità personale e reputazione. Questa pratica riprovevole, maggiormente diffusasi negli ultimi anni, spesso viene compiuta per vendicarsi nei confronti dell’ex partner, nella maggior parte dei casi contro le donne per denigrarle pubblicamente e spesso ricattarle. Tale ignobile azione ha inevitabili ripercussioni sulla psiche e sulla vita sociale delle vittime, tanto che sono sempre più diffuse numerose storie di cronaca riguardanti appunto giovani donne che non hanno sopportato il peso della vergogna e si sono suicidate (51% delle vittime secondo American Psychological Association). Ulteriore riprova di quanto possa essere fragile l’identità, soprattutto in caso di minori, “tritata” dal sistema digitale.

In Italia il “revenge porn” oggi finalmente costituisce un reato ed è stato introdotto il 19 luglio 2019 con la legge n.° 69 denominata “Tutela delle donne vittime di violenza domestica e di genere”, conosciuta comunemente come “Codice Rosso”. L’articolo 612-ter della legge introduce una fattispecie ad hoc, che è proprio volta a sanzionare quello specifico reato con una pena che prevede la reclusione detentiva da uno a sei anni e una multa compresa tra i 5.000 e i 15.000 euro. Oriana Fallaci, sempre nell’opera citata, continuava il suo dialogo con il feto, ipotizzato questa volta di sesso maschile, con queste parole: “Anzitutto, a me, interessa che tu sia una persona. È una parola stupenda, la parola persona, perché non pone limiti a un uomo o a una donna, non traccia frontiere. Il cuore e il cervello non hanno sesso… Ti chiederò soltanto di sfruttare bene il miracolo di essere nato, di non cedere mai alla viltà”.

In fondo, a pensarci bene e senza scomodare grandi paroloni della psicologia, il reato di “revenge porn” è – nella migliore delle ipotesi – una grande vigliaccata (il 50% delle foto intime è corredato da nome, cognome e link, mentre il 20% è postato con indirizzi e-mail o numeri di telefono delle vittime) da parte di chi, per retaggio culturale, sociale o per indole personale, si sente forte e padrone delle scelte, del corpo e perfino della vita delle donne.

Adele Reale

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