MILANO – Il cohousing può essere considerato una dimensione sociale del vivere sostenibile il cui scopo principale è di ricercare un nuovo stile di abitare che garantisca migliori condizioni di benessere e qualità. Nasce come risposta alla sempre crescente questione economica e ambientale dell’abitare soprattutto nelle aree urbane. A partire dal Nord Europa, precisamente dalla Scandinavia negli anni Sessanta del secolo scorso, si diffonde successivamente in Australia, negli Stati Uniti e in Giappone con il pregio di combinare l’autonomia dell’abitazione privata e la condivisione di spazi e servizi comuni da parte di un gruppo limitato di nuclei famigliari. L’idea vincente dell’housing moderno è la “condivisione” di determinati spazi e servizi alla ricerca di un nuovo modo di vivere basato su socialità, collaborazione e stili di vita sostenibili.
Da una decina di anni anche in Italia, proprio per rendere concreti ed attuabili questi principi, si realizzano costruzioni all’interno di aree urbane o nell’immediata periferia di grandi città, in zone verdi e ben collegate, complessi abitativi composti da alloggi privati indipendenti dotati di ampi spazi e servizi comuni. Le caratteristiche delle unità abitative possono essere di vario genere e dipendono dalle esigenze e desideri dei cohouser stessi. Affinché un cohousing possa essere veramente sostenibile, sia da un punto di vista economico che ambientale, il gruppo deve essere composto da un minimo di 10 unità; il tetto massimo invece può essere molto alto. Infatti al di sopra delle 60 famiglie i cohousing si possono organizzare in “cluster” ossia più cohousing di 30-40 famiglie con spazi e servizi dedicati che gravitano intorno ad una club-house dedicata a tutti.
Alla valenza sociale del progetto si aggiunge l’indubbio vantaggio economico che va individuato in diversi aspetti, primo fra tutti il costo dell’abitazione che di norma è inferiore del 15-25% rispetto ai prezzi di mercato ma anche nell’efficienza energetica grazie all’utilizzo di tecnologie rinnovabili. A questo va aggiunto che i cohouser possono dividere i costi di installazione e manutenzione degli impianti, ma anche evitare lo spreco delle risorse che si riducono condividendo spazi e servizi come ad esempio lavanderie comuni attrezzate, aree di coworking, zone per il compostaggio oppure ampi terrazzi, giardini, palestre, tutti inclusi nel costo dell’abitazione. Inoltre c’è la possibilità di affittare o aprire all’esterno gli spazi collettivi come ad esempio le sale comuni, i micro-nidi o gli spazi di coworking, venendo a costituire una forma di guadagno da condividere tra tutti i cohousing che in questo modo vedranno diminuire le spese di gestione. Le prime esperienze in Italia, ma anche negli Stati Uniti, dicono che a regime si può ottenere un risparmio fino al 10 – 15% sulla spesa media mensile delle famiglie a seconda di cosa hanno deciso di condividere e di come hanno deciso di organizzarsi.
Ma come si acquista e si costruisce un’abitazione in cohousing? Prima ancora dell’acquisto immobiliare le persone si aggregano intorno a un progetto, sulla base di una visione comune di qualità della vita collaborativa perché di fatto questo deve essere il motore che spinge persone diverse alla realizzazione di questo tipo di progetto abitativo. Come si potrebbe garantire altrimenti una esistenza serena in agglomerati urbani dove non ci si mette d’accordo neppure nella più piccola questione pratica? Così il progetto vero e proprio parte dalla costituzione del gruppo promotore composto da un nucleo rilevante di futuri abitanti, in genere almeno il 50%, mossi da ideali comuni di vita. L’iter da seguire per realizzare una casa in cohousing può essere diverso. Per esempio si può partire dall’individuazione di un terreno edificabile o di un edificio da ristrutturare, da un’idea abitativa condivisa di un gruppo di persone, anche ristretto, o dall’idea progettuale e sociale proposta da uno o più professionisti o società di servizi che, presentando pubblicamente il proprio progetto, cercano persone interessate alla realizzazione.
Qualunque sia il punto di partenza del progetto è bene ricordare che chi decide di impegnarsi concretamente nella realizzazione, costituisce un gruppo promotore che dà l’avvio alla fase denominata “progettazione partecipata”, assumendo così un ruolo attivo sia nelle decisioni che nell’investimento, interagendo continuamente con i diversi professionisti quali ingegneri, architetti, operatori immobiliari. Ciò che cambia è il fatto che i futuri acquirenti partecipano con le loro idee, le loro richieste e le loro necessità al progetto vero e proprio interagendo direttamente o tramite un “facilitatore di gestione delle dinamiche di gruppo” con architetti ed ingegneri realizzando molto spesso quello che rappresenta un vero e proprio sogno di vita. Diverse le forme di cohousing sorte in città metropolitane come Milano ristrutturando palazzi d’epoca nelle zone centrali della città o costruendo interi villaggi nella immediata periferia. I vantaggi del cohousing, infatti, si misurano anche in termini di socialità, condivisione, collaborazione e stili di vita più sostenibili. Non a caso la scelta della location cade spesso su aree storiche o siti dismesssi da riqualificare come ex cascine, palazzi storici abbandonati da anni e la loro progettazione segue logiche di bioarchitettura attuando le soluzioni più innovative per il risparmio energetico.
“Favorire una maggiore consapevolezza nell’utilizzo dell’energia e un approccio più responsabile nei confronti dell’ambiente è uno dei nostri obiettivi principali – dichiara Fabrizio Maja, Deputy Director Air Conditioning Division Mitsubishi Electric -. In un momento storico in cui la solidarietà e l’accoglienza sono dei valori spesso in discussione, siamo estremamente interessati a sviluppare iniziative di coabitazione sostenibile che incentivino le relazioni sociali e la divulgazione di comportamenti virtuosi”. Si parla anche di cohousing diffuso e questo quando esso è composto da tanti nuclei attivi di coinquilini che aderiscono al progetto di vita insieme, sì perché l’importante è che le persone condividano gli stessi valori. In questo caso il primo passo da compiere è quello di creare almeno tre gruppi di coinquilini che vogliono prendervi parte, e un attivatore che tenga le fila del progetto in loco. Da qui si comincia a collaborare utilizzando piattaforme online per gli acquisti condivisi o per condividere oggetti, verrà creato un gruppo di acquisto solidale tra i cohouser e sarà creato un gruppo online per il time sharing (banca del tempo). Successivamente si dovrà trovare uno spazio dove organizzare iniziative comuni, condividere servizi e oggetti. In questo modo i cohouser pur abitando in edifici separati, vivranno in modo collaborativo come in un cohousing. Infine l’obiettivo finale sarà quello di coinvolgere nelle diverse iniziative collaborative i vicini e altri nuclei di coinquilini. Un passo alla volta il cohousing diffuso si allarga, altri vicini cominciano a condividere e scambiare oggetti, libri, interessi, creando momenti di incontro nel vicinato. Di fatto questa forma di cohousing diffusa potrebbe essere definita coliving intendendo proprio la condivisione di una forma di vita. Una forma di cohousing leggera, ma che ne riproduce tutte le caratteristiche.
Una singolare forma di cohousing è nata in Trentino dove giovani ed anziani hanno deciso di attuare una condivisione di tempo e di spazio rendendo la vita di ciascuno umanamente, oltre che economicamente, sostenibile. La Casa alla Vela è un progetto innovativo di cohousing intergenerazionale nato a Trento grazie alla cooperativa sociale SAD. L’idea nasce per caso con l’acquisto di un immobile allo scopo di farne un centro diurno. A causa di problemi burocratici il progetto non fu più realizzato, ma l’immobile rimase. Di qui l’dea di realizzare una casa dove studenti e anziani potessero vivere insieme. La particolarità di questa casa fondata nel 2014, che è solo una delle tre case per anziani nate nella provincia di Trento e gestite dalla cooperativa, è che in questa struttura è stato sperimentato con successo un cohousing intergenerazionale, dove giovani studentesse e anziani vivono sotto lo stesso tetto. Nella casa, situata in provincia di Trento, al momento vivono 5 anziane parzialmente autonome e 6 studentesse dell’Università di Trento. La casa è costituita da tre appartamenti e ognuno ha il proprio spazio: le studentesse hanno le loro stanze con una cucina sul piano, mentre le anziane vivono al piano di sotto e generalmente condividono gli spazi comuni al piano terra, cucina compresa. L’idea infatti è quella di creare una sorta di comunità, in cui nessuno si sente solo o escluso, ma neanche costretto a partecipare. Le studentesse, infatti, hanno una vita autonoma e ben diversa da quella delle anziane, ma ciò non toglie che spesso vi siano dei momenti di condivisione che creano un senso di vicinanza e felicità.
Margherita Bonfilio
Nostalgia delle antiche cascine, di un vivere nella comunità magari con uno stuolo di bambini che liberi di vociare corrono e giocano senza regole imposte.