PALERMO – Numerosi studi hanno ormai provato che, per adattarsi al riscaldamento del clima, le piante cercano condizioni climatiche più favorevoli e tendono quindi a spostarsi verso altitudini maggiori. Una ricerca che durerà tre anni, promossa dall’Università di Innsbruck, dalla Provincia di Bolzano e dal fondo scientifico austriaco FVF, si propone l’obiettivo di scoprire a quali cambiamenti e a quali stress le piante saranno sottoposte da questo cambiamento di habitat. Saranno informazioni molto utili per capire come evolverà il paesaggio nel futuro, considerando che già alcuni vigneti arrivano a vivere a 1200 metri di quota. L’esperimento è stato avviato a Bolzano, all’interno del laboratorio “Terra X Cube”, dall’Istituto per l’ambiente alpino del Centro di ricerca applicata Eurac Research.
Il progetto, chiamato Upshift, è unico nel suo genere perché riproduce artificialmente in laboratorio le condizioni ambientali presenti a una data quota, all’interno di quattro camere che creano artificialmente le condizioni ambientali tipiche dell’arco alpino, a quattro diverse altitudini. Per accedere alle stanze/laboratorio è necessario chiudere le porte stagne e pressurizzare il corridoio, come se si entrasse in un’astronave. Le modalità della ricerca sono state enunciate a Marco Passarello, giornalista del TG Regionale del Trentino-Alto Adige, dal ricercatore dell’EURAC, l’ecologo dottor Matteo Dainese.
“Abbiamo preso in esame – spiega – tre tipologie di piante differenti dal punto di vista funzionale: una graminacea (un tipo di brachypodium rupestre), una leguminosa (il trifoglio pratense) e una specie di pilosella, la hieracium pilosella. Lo sviluppo delle piante verrà monitorato attraverso parametri quali il contenuto di clorofilla delle foglie e la conduttanza stomatica (i meccanismi di fotosintesi e di respirazione) nonché diversi elementi funzionali delle piante stesse: l’altezza, il peso a secco, l’area fogliare e il contenuto di carbonio o di azoto delle foglie. Il vantaggio di svolgere la ricerca in laboratorio è che da qui si possono controllare direttamente tutti gli indicatori – temperatura, umidità, luce, pressione… – rispetto a una ricerca all’aperto. E poi possiamo manipolare e variare in modo indipendente i singoli parametri, cosa che sul campo non è possibile”.
“Ci aspettiamo di vedere come le piante si adattino a una pressione ridotta – continua Matteo Dainese –. La nostra ipotesi è che aumentando la quota e riducendo la pressione, gli effetti sulle piante potranno essere simili a quelli della siccità. Sulla base degli scenari più pessimistici del cambiamento climatico, che prevede un aumento della temperatura globale anche di 4 o più gradi, si può prevedere che, alla fine di questo secolo, per sopravvivere le piante potrebbero spostarsi anche ad altitudini maggiori di 1000 metri. E quindi le piante che oggi vediamo a 1.500 metri, potranno crescere a 2000 o 2500 metri. Tra gli scenari simulati nelle nostre camere, ci sono quindi i 2.500 metri di altitudine. Secondo diversi modelli climatici, questo è uno degli scenari più radicali – ma comunque verosimili – che potremmo avere attorno all’anno 2100”.
Maria D’Asaro
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