DaD Acronimo che non necessita spiegazione alcuna sul quale sono stati scritti fiumi di parole, mosse critiche e attacchi da ogni dove.
DaD Strategia figlia di un’emergenza nata spontaneamente dal naturale bisogno viscerale dei docenti di non recidere violentemente i contatti con i propri alunni da quel 4 marzo in cui tutti i TG della sera annunziarono, attraverso il comunicato del premier Conte, che quei lavoretti lasciati ad asciugare sulla cattedra sarebbero rimasti incompleti a tempo indeterminato, che dal giorno dopo non avremmo potuto più riabbracciare o anche solo vedere gli occhietti assonnati e gioiosi dei nostri bambini.
DaD Dai limiti evidenti, ma unica strada percorribile nella fragilità di questo momento non ancora buttato dietro le spalle e che ci ha offerto la grande opportunità di entrare in punta di piedi nelle case dei nostri bambini per sentirci ancora e comunque vicini, per come si è potuto, cercando di usare la massima delicatezza. Virtuali ma vicini. Ed eccoci allora improvvisati cantastorie, lettori, registi, cameraman, disegnatori, artisti dell’arrangio in quel ruolo che è già nostro, quel ruolo che ci rende veri trasformisti, che ci porta a reinventarci ogni giorno con pochi mezzi e tanta buona volontà.
In quest’arte della pochezza ci siamo entrati come in un abito da sartoria, già abbondantemente abituati al riciclo che si è imposto per tutti in questo periodo del lockdown; abbiamo sviscerato ogni sorta di lavoretto da realizzare in casa con fogli di carta del pane o di giornale, a impastare dolci profumati, pizze e pasta di sale, a scoprire colori naturali, a piantare semini e speranza in un momento in cui forza ed esempio ci sono stati offerti proprio dalla capacità di adattamento e resilienza dei nostri bambini che, con inaspettata pazienza, hanno rinunziato, loro per primi, alle abitudini di sempre, adattandosi a giornate reinventate in casa, assaporando un impensato e probabilmente irripetibile tempo sospeso insieme ai genitori solitamente impegnati in giornate piene e affaccendate. E che grande sostegno i genitori! Ci hanno appoggiati fiduciosi, attenti, instancabili, sensibili, rispettosi e competenti, lasciandosi trasportare in un ruolo diverso dal proprio con un entusiasmo che ci ha spinti a sperimentarci sempre più in questo nuovo – e speriamo temporaneo – stile lavorativo.
Cosa ha riempito le nostre giornate? Il mondo colorato dei nostri bambini con le foto delle loro piccole e preziose imprese, i video, le telefonate, i messaggi audio. Quelli di una bambina – non l’unica ad onor del vero – si sono sempre conclusi così: “Ci vediamo quando FINISCE il coronavirus”. E questa certezza io non gliela voglio negare. Speranza? No, certezza! La certezza che, anche se prenderemo strade diverse, ci impegneremo per ritrovarci tutti insieme ancora una volta e allora questo sarà stato solo un “ARRIVEDERCI”.
Alida Brazzaventre
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