Buon Natale. Due parole semplici, ma dal significato profondo. Che va al di là dell’aspetto religioso di una ricorrenza che pure coinvolge centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. Due parole che possono essere accolte e ripetute da tutti perché contengono un messaggio che coinvolge proprio tutti, anche chi non crede o professa altre religioni. “Mutualità e condivisione”, “progetto alternativo alle forme di chiusura e di distanza dall’umano: culturale, sociale e religioso”, nel segno del “dialogo e dell’incontro”, senza distinzioni di “provenienza e condizione”.
Chi non si ritrova in queste parole? Potrebbe averle dette chiunque e chiunque le sottoscriverebbe senza nemmeno doverci pensarci. Le ha scritte invece il nuovo vescovo di Viterbo, monsignor Orazio Francesco Piazza, nel messaggio natalizio alla comunità di cui è diventato Pastore da qualche settimana. La nascita di quel bambino in povertà estrema, “al freddo e al gelo”, coperto di qualche straccio, concepito da una ragazza-madre (Giuseppe meditava di lasciare la fidanzata Maria, incinta senza che lui l’avesse mai toccata), riscaldato solo dall’alito di un bue e di un asinello, in compagnia soltanto di alcuni pastori che custodivano le loro pecore, insomma quell’evento commuove e colpisce ancora oggi, a distanza di oltre duemila anni. Tanto più nei tempi attuali fatti di egoismo, guerre, contraddizioni fortissime tra chi ha troppo (anzi tutto) e chi fa fatica a mettere insieme un pasto al giorno. Quando ci riesce…
“Ma proprio in questa condizione di difficoltà, di crisi, economica e sociale, se ben si guarda nel cuore, nel fondo del nostro cuore si può scoprire la sorgente di vita e di speranza che riconsegna energia e volontà”, aggiunge monsignor Piazza. Ecco, nonostante tutto, abbiamo il dovere di combattere il pessimismo: è una battaglia che possiamo e dobbiamo vincere, usando il Cuore, il muscolo che batte e dà la vita. Non è facile, certo, ma è il percorso che conduce ad un mondo migliore in cui le disparità si assottigliano (pensare di farle sparire del tutto è solo utopia), in cui c’è spazio per ogni diversità, in cui si possa guardare al vicino senza ritenerlo necessariamente un nemico, ma semplicemente qualcuno che la pensa in modo differente: “saper guardare con gli occhi del cuore”, sintetizza il Vescovo.
E ancora: “Se lasciamo crescere in noi, l’Amore che contempliamo davanti a noi, vivremo lo stato nascente di ritrovate amicizie, di nuovi vincoli familiari vissuti con amorevole pazienza, di un comune impegno, da protagonisti, di una solida trama sociale: è la condizione più ragionevole per rispondere ai comuni problemi di una vita complessa e segnata da molteplici prove; per sentirci realizzati nel facilitare la vita di chi vive limiti e fragilità e spianare la strada di Dio, la strada che riconsegna quella dignità che è patrimonio intangibile di ogni uomo”. Sono parole che è impossibile non condividere, a prescindere dalla fede e dalla religione di chi le ha pronunciate.
“Aprire il cuore alla speranza” esortò Papa Francesco qualche anno fa. E anche in questo caso non c’è nemmeno bisogno di sapere l’autore di quella frase nella quale ogni Uomo vero ha il dovere si ritrovarsi. La speranza che deve essere presente sempre nel nostro animo: in famiglia, sui luoghi di lavoro, nei consessi sociali, nelle relazioni interpersonali. Prendiamola per mano e facciamoci accompagnare nel nostro cammino, faticoso e complicato certamente, ma capace di aiutarci ad affrontare con maggiore serenità e fiducia gli impegni della vita. “Un amore che dilata il cuore fino a consentire di contenere non solo ciò che si ama – conclude monsignor Piazza – ma, e soprattutto, ogni piccola e comune invocazione di amore, da ogni provenienza; è scoprire la bellezza feconda dell’accoglienza capace di sacrificio per un altro”.
E allora, semplicemente e serenamente Buon Natale a tutti noi e ai nostri cari. Sperando che l’attuale clima di empatia e solidarietà duri sempre, ogni giorno dell’anno.
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