L’Olimpiade di Tokyo si è conclusa con un bilancio trionfale per la squadra italiana: superato persino il record di medaglie conquistato a Roma nei giochi casalinghi di 61 anni fa. Una soglia strepitosa che pareva irraggiungibile. Lo squadrone azzurro si è fatto valere praticamente in tutte le discipline a dimostrazione di un lavoro profondo che ha interessato anche gli sport che, per una serie di ragioni, raramente salgono agli onori delle cronache se non per gli allori conquistati in ogni angolo del pianeta.
Ci sono storie incredibilmente appassionanti dietro ogni singola impresa, al di là del metallo che compone la medaglia appesa al collo. Massimo Stano (nato a Grumo Appula, il paesino in provincia di Bari che ha dato i natali anche a chi scrive) ha trionfato nella 20 km di marcia, si è convertito all’Islam per poter sposare Fatima Lotfi, ex mezzofondista, poi anche lei passata alla marcia, e madre della piccola Sophie, nata lo scorso febbraio. La coppia si è sposata nel settembre 2016. Fatima ha origini marocchine ed è cresciuta a Varese, Massimo per sposarla è diventato musulmano. Un aspetto che non è stato mai nascosto dall’atleta, ma del quale comunque non ha mai parlato volentieri in pubblico.
Strepitosi e indimenticabili quei 10 minuti vissuti nel pomeriggio di domenica scorsa. Dapprima Gianmarco Tamberi vince l’oro nel salto in alto, a pari merito con il qatariota Mutaz Essa Barshim: “Per me – confessa l’atleta anconetano, fidanzato da tempo con la splendida Chiara – è un grandissimo amico e con lui ho condiviso tutta la mia carriera, fin dai Mondiali giovanili del 2010, compreso l’infortunio. Sono stato anche al suo matrimonio, insieme a Chiara. E così a Tokyo, dopo l’ultimo errore a 2,39, per prima cosa mi è venuto in mente di andare da lui ad abbracciarlo. Una gara così la sognavamo da anni. In uno sport individuale, quello che può mancare è la condivisione della felicità. Con molti altri non l’avrei fatto, perché sono un agonista nato, e nessuno dei due aveva paura di perdere. Ma ero lì con un amico, e decidere di non proseguire con lo spareggio è stato solo un gesto di amore reciproco”.
Gianmarco festeggia a lungo con il tricolore sulle spalle, ma rimane sulla pista perché tra pochissimo tocca a Marcell Jacobs, impegnato nella finale dei 100 metri. Partenza buona, ma non eccezionale: meglio di lui nel tempo di reazione allo sparo fanno quasi tutti gli altri finalisti. Fino ai 40-50 metri, l’azzurro è dietro, poi distende la possente falcata e passa avanti. Agli 80 è primo e ormai irraggiungibile. Taglia da trionfatore. Chi è il primo ad abbracciarlo? Proprio Gimbo che lo attende poco dopo la linea del traguardo. Qualche giornale americano, ma anche inglese, mette in dubbio la legittimità del successo: Marcell nel 2021 ha subito 18 controlli anti doping tra test dell’urina e del sangue. Quattro soltanto da quando è arrivato a Tokyo. Tutti negativi.
“E’ il sogno da quando sono bambino – commenta Jacobs -. In finale ho pensato che non avevo nulla da perdere, ho dato tutto, sono partito come non mai ed è successo. Vedere Gimbo vincere… mi sono gasato ed ho detto: ‘Perché non lo posso fare anch’io?’. Al traguardo mi è venuto spontaneo urlare, ho abbracciato Gimbo. Questa medaglia arriva dopo tutte le batoste e le sofferenze, però adesso ce l’ho al collo e non vedo l’ora di sentire l’inno italiano”.
Antonella Palmisano ha conquistato l’oro nella 20 km di marcia proprio nel giorno nel suo trentesimo compleanno. E’ di Mottola, in provincia di Taranto (la città dove chi scrive ha vissuto dall’età di 20 giorni, prima di lasciarla per ragioni lavorative). Il marito si chiama Lorenzo Dessi ed è quella persona a cui un giorno di cinque anni fa lei si rivolse in diretta tv dopo essere arrivata quarta nella stessa gara dell’Olimpiade di Rio de Janeiro.
Luigi Busà ha 33 anni ed è un siciliano di Avola, ha vinto l’oro nel karate (specialità kumite) battendo in finale l’azero Aghayev. I due sono i più forti del mondo nella categoria 75 kg. Per gli appassionati era la sfida del secolo: i due sono amici, si sono allenati spesso assieme nei camp internazionali e in Italia, si rispettano profondamente; non c’è mai stato incontro in cui uno abbia contestato il verdetto della giuria. Sul podio Gigi è incontenibile: vuole dare la mano a chi lo premia, poi si ricorda che per il protocollo Covid non si può, salta, canta l’inno a squarciagola, si agita, si commuove, non riesce a crederci. Per lui, il karate è una questione di famiglia: il papà Nello lo ha fatto crescere sul tatami, sua sorella Lorena è un’altra pluricampionessa della disciplina così come Laura Pasqua, sua moglie, sposata nel 2020.
E tutto questo e altro ancora arriva dopo il magnifico titolo europeo conquistato dagli azzurri del calcio, andando ad alzare la coppa a Wembley proprio nello stadio dei padroni di casa, sconfitti (prima che dal dischetto) dal gioco e dall’atteggiamento della pattuglia di Roberto Mancini. Umiliati, verrebbe da dire. Perché mai si era vista (e neppure immaginata) una nazionale inglese costretta nella sua metà campo per quasi due ore di gioco. Con la vergognosa appendice della medaglia d’argento indossata e subito tolta: altro che fair play…
Sì, è proprio un’estate italiana, come cantava 31 anni fa Gianna Nannini nella canzone che accompagnò i Mondiali: un’estate italiana che più italiana non si può. Il cielo è sempre più azzurro prima sopra Londra e soprattutto adesso su Tokyo.
Buona domenica.
Nell’immagine di copertina, l’abbraccio tra Gimbo Tamberi e Marcell Jacobs dopo la conquista dell’oro a Tokyo
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