RIETI – “Casa d’emergenza” è un progetto di accoglienza temporanea di donne maltrattate. Nella sede della Fondazione Varrone (in Via Crispolti a Rieti), l’8 marzo è stata una giornata all’insegna della concretezza, dedicata all’analisi della violenza di genere nel territorio reatino, con i dati e le riflessioni fornite dal prefetto Gennaro Capo, dal questore Maria Luisa Di Lorenzo, dal comandante provinciale dei Carabinieri Bruno Bellini e dall’assessore comunale ai servizi sociali Giovanna Palomba. Il progetto della casa d’emergenza è il regalo della Fondazione Varrone per celebrare la giornata internazionale della donna, con un protocollo d’intesa tra i due centri antiviolenza del territorio: Il nido di Ana promosso dall’associazione Capit presieduto da Alberta Tabbo (www.centroantiviolenzarieti.it nato nel 2003 come sportello di ascolto, dal 2017 è centro antiviolenza, con 265 donne prese in carico dal 2007, 52 nel 2021, 70% italiane, il 60% laureate) e il Centro antiviolenza Angelita, presieduto da Silena D’Angeli (centroangelita.rieti@gmail.com, centro per il contrasto della pedofilia e della violenza sui minori, sempre aperto, che richiama alla necessità di sensibilizzazione partendo dalle scuole e dalle famiglie, in una città solo apparentemente tranquilla). La Fondazione ha messo a disposizione 10 mila euro (da dividere tra le due associazioni) per accogliere temporaneamente donne che hanno come prima necessità l’allontanamento dal maltrattante.
“E’ un piccolo contributo, ma sono in programma ulteriori interventi – annuncia il presidente della Fondazione, Antonio D’Onofrio – perché questo fenomeno coinvolge tutti noi e non solo oggi. Da un’interlocuzione con le forze di polizia, centri antiviolenza, cittadini, l’acuirsi delle violenze domestiche a causa della convivenza forzata imposta dal Covid 19, è nato questo progetto per offrire un primo alloggio a quelle donne e a quei minori per i quali la casa non è più un posto sicuro. Il progetto sperimentale sarà gestito dai due centri antiviolenza ed è riferimento anche per le forze dell’ordine che si trovano ad intervenire, per i presidi sanitari che accolgono e curano donne maltrattate, ma che non possono garantire loro un ricovero”.
Il momento più delicato è quello che fa seguito alla denuncia di maltrattamenti, l’elaborazione e l’esame della situazione, quando non è ancora maturata la scelta dell’allontanamento definitivo e non è ancora scattato il sistema di protezione garantito dallo Stato, attraverso provvedimenti di carattere giudiziario e misure socio-assistenziali. E’una zona d’ombra, che richiede professionalità, collaborazione tra forze dell’ordine e strutture sanitarie, posti letto temporanei per un allontanamento dal nucleo familiare (9 i posti letto a disposizione dei servizi sociali del Comune di Rieti, ben venga dunque l’iniziativa della Fondazione), in uno scenario molto complesso e delicato, perché “molte donne non denunciano” evidenzia il questore Maria Luisa Di Lorenzo.
Nel pomeriggio, nella sede della Prefettura, è stato siglato un protocollo contro la violenza di genere per creare una rete di collaborazione tra Procura, Tribunale, Ordine dei medici e psicologi, forze dell’ordine, associazioni. Bisogna sollevare il velo di omertà, paura e pudore, che copre una situazione che è più grave di quanto appare ufficialmente, con le 48 denunce presentate ai Carabinieri nel 2021, 3 alla Polizia, con solo 12 ammonizioni per maltrattanti disposte dal questore, rispetto ai tanti “reati spia” che vengono monitorati dalle forze dell’ordine, referti medici, denunce dell’ospedale.
“Partendo da questi dati possiamo emettere provvedimenti di ammonimento che stanno iniziando a dare risultati, le donne maltrattate hanno molte remore nel confidarsi con le forze dell’ordine, noi dobbiamo andar loro incontro anticipandole. Con l’introduzione del codice rosso nel nostro ordinamento possiamo arrivare a misure più forti: detenzione, allontanamento, divieto di avvicinamento anche senza denuncia” commenta il questore che raccomanda il protocollo Zeus dedicato ai maltrattanti “che sono pericolosi e malati: possiamo avviare un processo di recupero attraverso un percorso psicologico, ma a differenza di altre città, nessuno a Rieti si è fatto sentire”.
Dal comandante Bellini riflessioni rivolte alle donne madri, sorelle, nonne decedute a causa del Covid e alle donne di tutti gli scenari di guerra, che salvano e si prendono cura dei figli in situazioni precarie, sole, senza i mariti, impegnati a difendere il Paese. Analizzando il territorio, la situazione è diversa da come appare: “Ci occupiamo dell’87% dei reati, ma non rispecchiano la situazione reale. Gli interventi sono giornalieri e settimanali e non sempre sfociano in denunce, per paura, pudore, per salvare la famiglia. Purtroppo le donne sono entrate nell’Arma solo 20 anni fa, ce ne vorrebbero di più, perché il loro apporto è fondamentale in questi casi, in aumento costante, che mostrano un approccio culturale e mentale sbagliato”.
E a proposito di cultura, ci sono anche dei professionisti tra i soggetti maltrattanti. “Contano l’indipendenza economica, i vincoli che legano le donne ai loro maltrattanti, integrazione culturale e religiosa. C’è molto da fare e confidiamo nel protocollo d’intesa siglato in Prefettura per una rete tra tutti i soggetti coinvolti” ha sottolineato il prefetto. Sempre nella giornata dell’8 marzo la giunta comunale di Rieti ha approvato il progetto “La casa di Mia”, con la destinazione di un alloggio di proprietà, adeguatamente ammobiliato e idoneo ad ospitare una donna con massimo due minori.
Le donne devono denunciare prendendo coraggio e fidandosi delle istituzioni, l’emergenza abitativa resta una necessità per dare una risposta immediata con l’allontanamento fisico, ma soprattutto è importante crescere uomini e donne equilibrati e consapevoli con educazione e sensibilizzazione nelle scuole. Vale per Rieti, l’Italia e il resto del mondo.
Francesca Sammarco
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