MILANO – Nel 1883 venne pubblicata la prima copia di “Le avventure di Pinocchio – Storia di un Burattino” di Collodi, pseudonimo di Carlo Lorenzini; trascorsi 140 anni “di bugie”, l’opera è la più tradotta al mondo dopo la Bibbia: 260 le versioni presenti sul mercato editoriale, l’ultima nota in bengalese, oltre a diverse trasposizioni cinematografiche, teatrali, musicali. Non stupisce, pertanto, che una rara copia datata 1883 sia stata venduta a Roma a 35.000 euro, in una delle tante recenti aste da record. «C’era una volta…Un re! – Diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno», è questo l’incipit del racconto di formazione del burattino Pinocchio che diventa persona, nel momento in cui si assume le sue responsabilità e smette di mentire; ma rappresenta anche il preambolo della storia/simbolo della raggiunta consapevolezza non solo adolescenziale e della riabilitazione di qualsiasi individuo.
In fondo il mondo di Pinocchio è il contrario di quello in cui si desidererebbe vivere: la giustizia è lenta e farraginosa, tanto che Pinocchio viene incarcerato anche se è lui ad aver subito il furto delle monete; la scienza e la medicina balbettano impotenti intorno al suo capezzale, quando è ammalato; la scuola sembra latitare, ignara di qualsiasi disagio; la sua famiglia è disgregata e povera. Il burattino, adolescente senza certezze, sceglie un mondo alternativo alla dura realtà. Cede così alle lusinghe del Gatto e della Volpe che gli promettono guadagni facili, condivide la proposta di Lucignolo che lo convince ad abbandonare ogni dovere di scolaro e di figlio per raggiungere il paese dei balocchi: “Perché vuoi tu annoiarti a studiare? perché vuoi andare alla scuola? Vieni piuttosto con me”.
Le sue scelte scivolano lungo una china pericolosa: cade nella rete del terribile Mangiafuoco, ma riesce a commuoverlo ed ottiene in regalo 5 monete per il “suo povero babbo”; viene ingoiato da un famelico pescecane (divenuto poi balena nella versione della Disney), ma nella sua pancia ritrova Geppetto mangiato dal mostro due anni prima “come un tortellino di Bologna”, mentre affrontava l’oceano su una barchetta alla ricerca “del suo figliolo”. In una continua spirale di cadute e rinascite, Pinocchio giunge a perdere la sua natura umana e si trasforma in un ciuchino ed a nulla sono valsi i consigli del Grillo parlante e della Fata turchina, nell’evolversi degli eventi.
Una parte della critica ha accostato, per similarità di trasformazione, Pinocchio a Lucio, protagonista delle “Metamorfosi” di Apuleio (Metamorphoseon libri XI, II sec. d. C.) in cui si narrano le mille peripezie di questo personaggio che, pur nella nuova natura ferina, conserva tutte le facoltà umane. Il parallelismo tuttavia sembra decisamente forzato; nelle Metamorfosi il giovane protagonista greco si trasforma in asino a causa di un maldestro esperimento magico; inoltre, la trama si presta ad una lettura esoterica, legata com’è al culto che si stava diffondendo in Roma di Iside (dea egizia) e perfino lo stesso Apuleio fu sottoposto a processo con l’accusa di aver praticato la magia nera. Mistica poi la conclusione che vede Lucio, ritornato uomo, aderire alla religione isiaca, dopo l’epifania della dea.
L’unico dato innegabile è che con “Le avventure di Pinocchio” siamo in presenza di uno scritto nato “come un fantastico libro per bambini” diventato poi “un grande libro per grandi” ed il seguito ed il successo sono dovuti, oltre che all’indiscutibile valore letterario, a tante e diverse chiavi di lettura. Il riscatto di Pinocchio potrebbe rappresentare il percorso che tutti ed in qualsiasi momento della vita dovrebbero scegliere di compiere divenendo, da esseri adolescenziali in fìeri, uomini consapevoli dei loro doveri, figli affettuosi e premurosi, studenti attenti e desiderosi di apprendere, cittadini rispettosi delle leggi. Più semplicemente, forse, soltanto perché la bugia può essere talvolta “buona”; si pensi al film “La vita è bella”, in cui un padre deportato per risparmiare al figlioletto gli orrori del campo di concentramento inventa un gioco, finge una realtà alternativa a quella in cui sono costretti a vivere.
Mente, falsifica tutto e, simulando una grande avventura, trasforma la bugia in strumento di superamento del reale. Accanto all’amorevole menzogna di questo padre potrebbero essere annoverati tanti bugiardi stimati ed ammirati nella letteratura di tutti i tempi. Nel mondo classico la bugia ha sfaccettature molteplici, è quasi una risorsa rispetto all’univoca verità associata al divino del periodo successivo ebraico- cristiano; gli autori in genere sdrammatizzano, quasi che il politeismo fosse più “elastico”. Mentiva perfino Zeus, il padre degli dei e degli uomini ed è, solo per citarne uno, un vero professionista del settore Ulisse “multiforme” (πολύτροπος/poliùtropos) come lo definisce Omero, che per non partecipare alla guerra di Troia si finse pazzo e cominciò ad arare la sabbia del mare e a seminarvi il sale, in seguito fu smascherato e costretto a partire.
Al culmine della sua ingannevole creatività va collocato il “cavallo di Troia”, piano che consente l’abbattimento delle mura della città costruite da Apollo e che nessun esercito avrebbe potuto mai distruggere. Suo omologo, in periodo medievale, è Ser Cepparello, protagonista della prima novella del “Decameron” ed autore di uno “stupendo inganno, manipolazione perfetta d’un’esistenza dissoluta e lasciva” (G. Almansi), dal momento che per amore degli affari fu capace di mentire davanti a Dio, non temendone il giudizio, e di mettere in scena una versione alternativa della propria vita.
In definitiva, però, la motivazione della imperitura attualità e trasversalità del personaggio Pinocchio andrebbe forse ricercata più semplicemente in quel serbatoio di stupore, speranza, sogno proprio del mondo della fanciullezza e che sembra risiedere tutto nel percorso verso l’umano di quel pezzo poco pregiato di legno da ardere.
Allora buon anniversario, “carissimo Pinocchio, amico dei giorni più lieti. Con tutti i miei segreti, resti ancor nel mio cuor come allor!” (Lettera a Pinocchio di Johnny Dorelli).
Adele Reale
Nell’immagine di copertina, Pinocchio con Geppetto, interpretato nello sceneggiato di Comencini da Nino Manfredi
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