MONTEGALLO (Ascoli Piceno) – Non poteva saperlo Antonella Zarletti, cantante e musicista, fondatrice dell’Agriturismo (in realtà, “agrimusicismo”, www.agrimusicismo.it) che ha preso il suo nome d’arte, Cantantonella, nel comune di Montegallo (Ascoli Piceno) alle pendici del severo monte Vettore. Non poteva sapere Antonella, nell’estate 2016, quando in seguito al terremoto delle Marche decise assieme al suo compagno Mario Alessandri di ridare vita al rifugio – facendone centro di tutte le attività artistiche e agrituristiche che oggi lo contraddistinguono – non poteva sapere che dopo la sua morte incombente (il 16 luglio 2017, incidente stradale) quel “rifugio” sarebbe diventato un centro cittadino. Di una città ideale.
Quella, sicuramente, dell’abitato di Cantagallo, dissestato dal terremoto e toccato nell’abitabilità delle case (visto che vanno tutti a ritrovarsi lì come fosse ormai quella la piazza del paese); ma anche quella dei tantissimi che la conoscevano da Monterotondo, dove Antonella abitava, e in verità un po’ da dovunque, perché lei era un’artista sempre in movimento e in attività, conosciuta da un diffuso e affezionato pubblico. Concerti, spettacoli (rigorosamente all’aperto in tempi di Covid) oggi attirano anche duecento persone insieme. Ma il fenomeno è anche, e soprattutto, un modo per sentirsi comunità. In un contesto naturale raccontato da leggende che si perdono nella notte dei tempi (i monti Sibillini che avevano a che fare con le Sibille?), i cui toponimi associano luci e tenebre in un’atmosfera paganeggiante (Colleluce, Interprète, Gole dell’Infernaccio, lago di Pilato), Montegallo conserva glifi e motivi di ignoti scalpellini su architravi di volte che sanno di etrusco.
Che differenza c’è tra un agriturismo e un “agrimusicismo”? Nel secondo le attività di ospitalità, ristorazione e coltivazione si sposano con una vocazione artistica che dà la forma a tutto, e natura e arte si riconciliano. Che cos’è la musica, se non “l’arte delle arti” (come la storia della parola ammonisce), e quindi lo spirito che muove tutto il vivere al suo ritmo? Ecco allora che adiacente a Cantantonella ha preso corpo l’ambizioso progetto agricolo (ma dovremmo dire di land art) “Un fiore per Montegallo”, condotto dal coraggioso Federico Rossi: piantagioni di lavanda che hanno colorito le vallate tra le località di Astorara e Colleluce facendone un panorama da pittura, una piccola Provenza. Alla lavanda si sono associati poi i prati di menta glaciale.
Tra queste piantagioni recenti e le essenze spontanee, quasi ogni mese della primavera e dell’estate ha la sua fioritura, il suo viraggio di colori. Il gratuito spettacolo della natura. E uno sentiero di trekking, “la via della lavanda”, parte e finisce, ad anello, proprio da e in Cantantonella. Dentro il rifugio, oltre che fuori, tutto canta di lei: l’orto “a vista”, i suoi strumenti musicali appesi alle pareti della sala grande sono pronti a esser presi e suonati, e sembra che, ecco, ora da quella porta semichiusa debba entrare a momenti proprio lei. La sua presenza impalpabile amplifica il lavoro di ricostruzione iniziato nel 2016: come provarlo? Sarebbe semmai difficile sostenere il contrario.
Dopo la scomparsa di lei le energie artistiche e di coesione sociale sul territorio si sono moltiplicate. “Quel luogo è magico. Va provato”, spiega la sorella di Antonella, Gloria. Il figlio di Antonella e Mario, Valerio Lysander, cantautore e musicista, ha ricordato la madre nella canzone “Manuale d’uso per la bicicletta” (dal suo album del 2019 When the Clouds Will Gather I Will Drink the Rain), ispirandosi al mezzo di trasporto prediletto da Antonella. Nei dintorni di Cantantonella soffia spesso una brezza leggera: “Di lei mi piacciono i capelli al vento”, recita un verso della canzone che la ritrae a pedalare. “Mi piacciono”: è impossibile usare il passato per Cantantonella, il vento e la bici sono sempre in corsa.
Francesco Maria Fabrocile
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