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Canova e l’Antico: il sublime della bellezza

di | 2019-04-05T11:25:49+02:00 7-4-2019 6:15|Arte, Cultura, Sezione 4|0 Commenti

NAPOLI –  “Bisogna prima, ch’io mi ingegni immaginare un’idea che la mi piaccia, e se fosse possibile, che mi innamorasse: allora volentieri le farò le carezze del resto”: Antonio Canova (1757 Possagno, Treviso – 1822 Venezia). E di carezze sono fatte le sue opere in marmo e le sue trentaquattro tempere in mostra al MANN (Museo Archeologico Nazionale di Napoli) fino al 30 giugno. “Canova e l’Antico”, una grande mostra che in un solo giorno ha registrato più di tredicimila visitatori quasi a sottolineare il bisogno di vivere la bellezza.

Molti giovani studenti, turisti e cittadini pazientemente in fila, per godere di opere che miravano, riuscendoci, al sublime del bello. Il legame del Canova con Napoli è forte; diceva della città che fosse situata in una delle più amene situazioni del mondo. Attratto da Pompei, Ercolano e Paestum da cui attingerà fortemente il suo conclamato neoclassicismo e il suo bisogno di rappresentare e di raccontare la bellezza fine dell’antico in chiave moderna. La grande opera napoletana del Canova di Ferdinando IV che sovrasta la grande sala all’ingresso ospita il suo autore con gli onori dovuti.

L’allestimento dettagliatamente misurato e sobrio con grandi luci circolari che dall’alto illuminano l’opera infondendogli calore e vita. La disposizione su pedane anch’esse circolari, permette di ammirare l’opera in tutte le angolazioni. Le tre Grazie sono il gruppo più celebrato del Canova, sicuramente per la sua minuziosa tecnica: tre fanciulle soavi ignude rappresentate in un colloquio sussurrato, sguardi di intesa complicità; un archetipo mitologico calato nel presente. Sono di una bellezza delicata, incantevoli volti finemente resi, figure femminili così prese dallo loro intrigante complicità da essere indifferenti agli sguardi esterni, i quali invece vorrebbero esserne coinvolti.

E così Venere e Adone; Amore e Psiche prendono vita e calore dalla fiaba di Apuleio e così le sue danzatrici leggiadre nelle numerose tempere in mostra in risalto sullo sfondo nero. Una grande mostra evento con ben sei prestiti eccezionali dal Museo di San Pietroburgo, dove sono conservati il maggior numero dei capolavori in marmo del maestro.

L’evento è straordinario proprio perché mette in relazione, per la prima volta, l’arte sublime dello scultore con l’arte antica e con i modelli che lo seppero ispirare presenti in gran numero e qualità al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Negli ultimi anni il museo sta prendendo vita, grazie anche al direttore Paolo Giulierini che ha aperto le porte del museo alla città con eventi di vario interesse e natura in una benefica contaminazione di generi che hanno rivitalizzato le assopite per anni, stanze museali: il Museo non è solo il luogo dell’identità, della conservazione, della ricerca. Il Museo è soprattutto il luogo delle possibilità…

Angela Ristaldo

Nella foto di copertina, alcune delle opere esposte al MANN

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