/, Cultura, Sezione 6/“Cancel culture”, come distruggere capolavori del cinema

“Cancel culture”, come distruggere capolavori del cinema

di | 2021-02-05T20:01:52+01:00 7-2-2021 6:25|Attualità, Cultura, Sezione 6|0 Commenti

RIETI – Una bellissima immagine ha attirato la mia attenzione ed è la rappresentazione del cartoon degli Aristogatti, la parte in cui Scat Cat e la sua band si scatenano cantando “Tutti quanti vogliono fare il jazz”, uno dei momenti che ci ha regalato allegria ed ilarità assoluta. E da questo ritorno ai miei ricordi in cui guardavo estasiata i cartoni Disney e anche a quando mio figlio stesso ne faceva la scoperta prediligendo “Gli Aristogatti” in particolare, ma anche tutta la produzione Disney. E’ quindi con molta sorpresa e meraviglia che, scorrendo l’intera lettura dell’articolo, che pensavo fosse una sorta di consacrazione a Disney, appunto, che invece scopro l’esatto contrario, ovvero che un gruppo di esperti ha raccomandato alla Disney di bloccare il cartone sulla piattaforma streaming, con altri classici come Dumbo e Peter Pan, nella sezione dedicata ai bambini sotto i 7 anni.

L’accusa è quella di veicolare “stereotipi dannosi e di non essere rappresentativi di un pubblico globale”. Nel caso degli Aristogatti, spiega la giornalista, “il torto da sanare è verso le popolazioni asiatiche, che potrebbero sentirsi offese per il modo in cui è stato rappresentato Shun Gon”, uno dei gatti musicisti che animano la festa parigina alla presenza di Romeo, Duchessa e i micini. Shun Gon è un gatto siamese che suona il piano e le percussioni come nessun altro, ma è “politicamente scorretto”: innanzitutto suona con le bacchette, e poi è “troppo” cinese: gli occhi a mandorla, i denti sporgenti, quelle L al posto delle R (“folza lagazzi, facciamo clollale le paleti!” – e come ci riescono). Io credo che tutti abbiamo ammirato e anche cantato e partecipato a questo momento davvero splendido di questo cartone altrettanto magnifico, ma mai avremmo pensato che ci potesse essere qualcosa di offensivo e razzista.

Stesso discorso vale per Trilly, nativi americani come pellerossa e Dumbo, il cui scandalo è nella canzone che accompagna il montaggio del tendone sotto la pioggia, considerata un’offesa alla memoria degli schiavi afroamericani al lavoro nelle piantagioni del Sud degli Stati Uniti. E, dunque, da ciò che leggiamo, si deve dedurre che la “cancel culture” ha colpito anche il mondo dei cartoni animati, a tutela dei bambini, a loro dire. “Cancel culture” è un’espressione diffusa nei paesi anglosassoni, ma sempre più presente anche nel dibattito anche in Italia. Indica una sorta di boicottaggio di persone, aziende, gruppi che hanno espresso un’opinione discutibile o non condivisibile. Si tratta, in larga parte, di meccanismi con cui la Rete agisce per colpire quei personaggi che si espongono con dichiarazioni, sembrerebbe, razziste, omofobe, transfobiche. Una sorta di odio che si riversa sull’odio. Come quello che ha colpito, di recente, ad esempio, anche la scrittrice J.K Rowling, l’inventrice della saga di Harry Potter, accusata sui social di avere posizioni transfobiche e sottoscrittrice, insieme ad altri centocinquanta tra accademici, artisti e scrittori della lettera per la giustizia e il dibattito aperto pubblicata su Harper’s Magazine.

L’idea della “cancel culture” nasce e si insinua già dal 2010 decollando definitivamente con il #Me too nel 2017, movimento femminista nato contro le molestie sessuali e la violenza sulle donne, che ha mietuto vittime tra nomi noti del mondo dello spettacolo, del cinema e non solo. La “cancel culture” degli albori si concretizzava, fondamentalmente nella ribellione del pubblico che reagiva organizzato ai valori d’odio o alle posizioni controverse delle celebrità non più subendo le informazioni attraverso i media, ma partecipando alla discussione attraverso il web e i social media. Una delle critiche più soventemente rivolte alla “cancel culture” è quella, fondamentalmente, di usare gli stessi strumenti discriminatori nei confronti di chi non condivide le sue posizioni e di utilizzare un metodo censorio. Secondo la posizione di costoro, i diversi movimenti dal #MeToo a #BlackLivesMatter, sarebbero colpevoli di limitare la libertà di espressione. Così come è successo nella già citata lettera dei 15 intellettuali pubblicata su Harper’s Magazine.

Detto ciò, nel caso dei tre cartoni di cui sopra, si parla di pietre miliari dell’animazione risalenti al 1941 (Dumbo), al 1953 (Peter Pan) e al 1970 (gli Aristogatti). Averli guardati senza troppi pensieri fa di noi inconsapevoli razzisti? La “cancel culture” sta facendo già abbastanza confusione e danni senza applicarla anche ai cartoni animati che si vorrebbe continuare a far vedere ai bambini senza ulteriori pregiudizi che forse gli adulti dovrebbero togliersi dagli occhi, come riporta il testo di una nota canzone di Giorgio Gaber: “ Non insegnate ai bambini. Non insegnate la vostra morale è così stanca e malata. Potrebbe far male. Forse una grave imprudenza è lasciarli in balìa di una falsa coscienza. Non insegnate ai bambini ma coltivate voi stessi il cuore e la mente….”.

Stefania Saccone

Lascia un commento

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi