RIETI – In mezzo secolo siamo passati dallo slogan del sessantotto (già motto anarchico nell’800) “La fantasia distruggerà il potere ed una risata vi seppellirà!” a “un logaritmo ci seppellirà”, frase che però oggi nessuno ha ancora scritto sui muri della facoltà di lettere all’Università di Roma, ma bisognerebbe farlo, perché lui, il logaritmo, è dietro l’angolo, anzi è già dentro di noi, si insinua nelle nostre vite e nelle nostre scelte opera in silenzio e ci condiziona. Lui, il logaritmo, non analizza il valore del pensiero, non distingue tra reddito e profitto, men che mai conosce cosa sia il merito, è eterodiretto: a lui basta un click per indirizzarci e intanto le disuguaglianze aumentano, con l’aiuto anche del Covid. Ma come è stato possibile? Dov’è l’uomo, dov’è la politica? E quando la politica è debole, non solo comanda la finanza e la democrazia si indebolisce, ma viene meno anche la tutela dei diritti costituzionali.
L’allarme è stato lanciato durante l’incontro con Rosy Bindi e il giornalista Marco Damilano, organizzato da Cosmo Bianchini (Anpi di Rieti) in occasione del 25 aprile; Fabrizio Barca nel libro “Disuguaglianze Conflitto Sviluppo – La pandemia, la sinistra e il partito che non c’è”, in un dialogo con Fulvio Orefice (ed. Rosso e Nero), prova a dare risposte e a tracciare una via d’uscita. Giustizia sociale e ambiente sono inseparabili, ma sappiamo che il capitalismo non va d’accoro con l’ambiente, mentre continua ad intendersi con la guerra, come è possibile trasformare questo mondo per garantire il pieno sviluppo della persona umana? Questo è un obiettivo che si pone il Forum Disuguaglianze e Diversità, nato nel 2018, un’alleanza culturale e politica tra ActionAid, Caritas Italiana, Cittadinanzattiva, Dedalus Cooperativa sociale, Fondazione Basso, Fondazione di comunità di Messina, Legambiente, Uisp, insieme a ricercatori e accademici per un cambiamento che possa dare attuazione all’art 3 della Costituzione.
“La politica – scrive Barca che fa parte del Forum – è stata sospinta a trasferire e nascondere le decisioni nella ‘tecnica’. Lo ha fatto come se si potesse ignorare che dietro ogni decisione c’è sempre anche un giudizio di valore. Possiamo renderlo esplicito, questo giudizio, facendone il cuore del processo democratico, elettivo e deliberativo. Oppure possiamo nasconderlo, raccontando che non ci sono alternative. Qui sta l’origine della sfiducia diffusa. Qui il cambiamento radicale da compiere, attraverso pubblico dibattito, conflitto, alleanze, compromessi. Questi sono i passi del cambiamento, della svolta radicale di cui c’è bisogno, perché le disuguaglianze sono di classe, di genere, di razza e ambientale”. Soprattutto in Occidente, dove il nostro rapporto con l’ecosistema è diventato insostenibile, un dato che il capitalismo condivide con altri modi di organizzazione della produzione e l’inversione della riduzione delle disuguaglianze, ferma agli anni ’80: l’ascensore sociale si è fermato sempre di più. La biodiversità si è ridotta, il clima sta cambiando, le disuguaglianze territoriali e di reddito riguardano anche l’accesso ai servizi fondamentali.
Sempre in Occidente si sono acuite le disuguaglianze di riconoscimento, ossia le differenze nella misura in cui la nostra dignità, i nostri valori e abilità, la capacità di contribuire alla collettività sono riconosciute dal sentore comune a scapito di figure sociali il cui ruolo era riconosciuto nel trentennio post-bellico: il lavoro operaio, insegnanti e abitanti delle aree rurali. La transizione digitale è stata usata finora non solo per accelerare la ricerca scientifica, l’accesso alle informazioni e produrre nuovi beni e servizi, ma anche per realizzare una concentrazione di controllo sulla conoscenza che non ha precedenti nella storia, per porre in atto (attraverso gli algoritmi di apprendimento automatico) discriminazioni nel lavoro e nel consumo e favorire la diffusione di false informazioni, per produrre molti cattivi lavori, per spingere ognuno di noi a mercificare pezzi di vita che prima non erano oggetto di transazione. Tutto ciò è frutto della decisione di lasciare, anzi abbandonare, a grandi società private il governo delle piattaforme digitali e le gerarchie di valori che esse adottano, rinunciando (e questo lo ha fatto soprattutto la politica) a orientare l’uso della nuova tecnologia e persino a misurarne l’impatto, senza mettere in discussione, le previsioni e/o ‘decisioni’ degli algoritmi di apprendimento automatico. E la politica non deve coprirsi dietro l’alibi della natura ‘liquida’ della società: le disuguaglianze sono frutto di scelte politiche e culturali, dissimulate come scelte tecniche.
L’Italia è ancora peggio: dopo le conquiste del welfare e i diritti civili degli anni ’70, l’impegno redistributivo è diventato un groviglio di trasferimenti a singole categorie della popolazione e aree del paese sotto forma di esenzioni fiscali a determinati gruppi, regimi pensionistici particolari, sussidi a tipologie di imprese, assunzioni nella PA, spese di formazione concepite per ‘dare lavoro’, rinunciando in linea generale a entrare nei meccanismo di formazione della ricchezza e delle relazioni umane che producono un vulnus nei territori. Il merito oggi sta nel realizzare profitti, erodendo la distinzione tra profitto e rendita che non sta nel fatto di guadagnare dall’uso del capitale ma nel fatto se l’uso di quel capitale sia produttivo o meno, se il processo di quel ‘valore aggiunto’ abbia prodotto benessere. Per il 2022 il Forum si impegna su quattro proposte: un’eredità universale al compimento dei 18 anni finanziata da progressività dell’imposta su successioni e donazioni, accompagnata da formazione e confronto; modificare l’accordo TRIPs (sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale) e creare nuove infrastrutture pubbliche europee su salute, digitale, transizione ecologica per contrastare i monopoli intellettuali e consentire l’accesso alla conoscenza come bene comune; portare a sistema il metodo dei patti educativi di comunità per contrastare la povertà educativa; dare vita a Consigli del Lavoro e della Cittadinanza per portare obiettivi di giustizia sociale e ambientale nel governo delle imprese. Ognuno di noi può fare la differenza: www.forumdisugualianzediversità.org.
Francesca Sammarco
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