//Calzone o panzerotto? Comunque buonissimi

Calzone o panzerotto? Comunque buonissimi

di | 2023-07-09T02:56:06+02:00 9-7-2023 6:00|Punto e Virgola|0 Commenti

Oggi, parlando di gastronomia, quando si vuole apparire chic si ricorre frequentemente al termine gourmet. parola che significa soltanto “buongustaio, fine intenditore di cibi e di vini”. Di conseguenza, la cucina gourmet è (meglio, dovrebbe essere) ricercata, raffinata, attenta al gusto e alla vista, con prodotti di qualità. Peccato che spesso, in questa forsennata caccia allo stupore del commensale, si ricorra ad accostamenti quanto meno azzardati. Tipo cozze e stracciatella, che non ci azzeccano nemmeno per sbaglio. Con l’aggiunta, tutt’altro che secondaria, di costi esorbitanti: per una cena appena fuori dalla norma, talvolta si deve ricorrere ad un piccolo mutuo per far fronte al conto…

Meglio, quindi, a scanso di sorprese, ricorrere alla “cucina del territorio”, quella legata ai prodotti locali e alla stagionalità. Completamente inutile chiedere (e mangiare) canederli a Palermo o seppie ripiene ad Aosta: ogni zona d’Italia è in grado di offrire produzioni di assoluta qualità. Basta adeguarsi e si ha la possibilità di mangiare bene e di spendere il giusto. E’ un po’ come pretendere un buon piatto di spaghetti ad Amsterdam e lamentarsi se non sono al dente o non sono conditi come li faceva “mammà”.

In Puglia (vale subito la pena ricordare che la regione si conferma prima in Italia, per il terzo anno consecutivo, per qualità delle acque di balneazione – eccellenti per il 99,8% – seguita da Sardegna, Toscana, Molise) da sempre è in atto una querelle sulla differenza tra calzone e panzerotto. Prima considerazione: entrambi appartengono alla categoria di cibi poveri e da strada ed entrambi sono buonissimi. A seconda delle zone, i nomi possono cambiare, ma la sostanza è che si tratta di due prodotti simili, praticamente uguali, caratterizzati dalla medesima forma a mezzaluna e realizzati con ingredienti disponibili in loco: un po’ di pasta lievitata, mozzarella e pomodoro. Tutto qui. L’unica differenza è nel tipo di cottura: il panzerotto è fritto, il calzone cotto al forno.

In verità, la ricetta originaria racconta che entrambi nacquero per non sprecare i rimasugli della pasta utilizzata per il pane. All’inizio non si usava nemmeno la mozzarella, ma il ripieno era composto solo da pomodoro e un po’ di formaggio, poi per dare un pizzico di gusto in più si ricorse ai latticini che, sciogliendosi, donavano un tocco di originalità, piacevole al gusto e alla vista. In estrema sintesi, il calzone e il panzerotto nella struttura originaria si fanno così, anche se l’evoluzione gastronomica ha generato varianti e aggiunte d’ogni genere: dalla mortadella alla cipolla, dal capocollo al caciocavallo, dalle olive ai capperi e alle acciughe, dal prosciutto (cotto o crudo) alla ricotta, persino alla ’nduja (che non ci azzecca proprio niente e che non ha nulla a che fare con la tradizione pugliese).

La facilità della preparazione, la genuinità degli ingredienti e il gusto accattivante costituiscono la base di un successo senza tempo e senza età che ha varcato i confini regionali per espandersi a macchia d’olio non solo nelle zone confinanti, ma in tutta Italia. Pare che a Milano ci sia un famoso forno che prepara e vende oltre cinquemila panzerotti ogni giorno (2,50 euro al pezzo): un costo più che accessibile per uno spuntino veloce, sano e nutriente.

La diatriba “meglio calzone, meglio panzerotto” è puramente filosofica e non porta a nulla: la cosa davvero importante è che si possano mangiare in santa pace, magari accompagnati da un bicchiere di vino bianco o da una birra (rigorosamente ghiacciati entrambi) e da una fetta di cocomero (perché l’anguria si mangia d’estate, non a Natale…).

Buona domenica.

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