La stagione della caccia si avvia finalmente (scopriamoci subito così capite da quale parte sto) anche quest’anno alla conclusione. E’ già il momento di tirare le somme di un’attività cosiddetta sportiva – ma può essere considerato sport il gusto di uccidere? – che ci porta a elencare morti, feriti, danni alle cose e all’ambiente. Manco fosse una guerra. E tanto per restare in tema guardiamo i numeri della stagione venatoria dello scorso anno, quella 2017/2018, offerti dal dossier preparato dall’Associazione vittime della caccia: civili non cacciatori 34 (di cui 24 feriti e 10 morti); cacciatori 80 (di cui 60 feriti e 20 mort). Totale: 84 feriti e 30 morti. Tre i minori rimasti vittime, di cui due feriti e un morto.
In Italia il record spetta alla Campania, con quindici vittime, seguita da Toscana, Lazio, Puglia. E che dire degli animali domestici uccisi. Per non parlare degli animali protetti uccisi, fra i quali ricordiamo lupi, orsi e rapaci. E poi ci sono i cacciatori che sparano a due passi dalle abitazioni, il piombo sparso nelle campagne, i cacciatori che uccidono gli animali che fuggono dagli incendi.
Lo sapete che l’articolo 842 del Codice Civile consente al cacciatore di entrare in un terreno seppur recintato anche senza il consenso del proprietario? E al contrario ne impedisce l’ingresso e il passaggio a chi invece di imbracciare un fucile porta al collo una macchina fotografica? In Italia gli amanti delle doppiette, nonostante il significativo calo degli ultimi trent’anni, restano circa 760 mila. Con la densità più alta d’Europa: 6 per chilometro quadrato. In Olanda e in Belgio ci sono 1,4 cacciatori per chilometro quadrato, in Germania 1,3, in Lussemburgo 1,2 e il valore medio dei paesi dell’Unione Europea (Italia esclusa) è di 2.
C’è chi vede ancora nella caccia un modo di tenere sotto controllo la natura e, in qualche modo, addirittura proteggerla. Ma è un alibi che non regge. In realtà in Italia oggi è possibile cacciare anche specie in stato di conservazione precario come l’allodola. Molte altre sono cacciate in periodi particolarmente delicati come quello della migrazione prenuziale, quando molte specie si spostano verso i luoghi di riproduzione.
In più molte specie cacciabili sono simili a quelle protette perché estremamente a rischio (le cosiddette look-a-like species). Questa situazione si aggrava con le preaperture, deroghe speciali che in alcune Regioni anticipano l’inizio della stagione venatoria, permettendo di abbattere animali giovanissimi (quando questi sono ancora alle dipendenze dei genitori), estendendo i periodi di caccia prefissati.
L’associazione vittime della caccia ricorda che pur essendo i cacciatori sempre di meno, e sempre più anziani, essi continuano ad ottenere favoritismi dalla politica di qualsiasi colore. Nel 2017, nonostante la raccomandazione dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) di limitare la stagione venatoria a causa di siccità e incendi, non solo le Regioni non l’hanno limitata, ma alcune hanno fatto addirittura pre-aperture, e altre o le stesse hanno prolungato la stagione di caccia ad alcune specie.
Purtroppo i cacciatori contano e conta anche l’industria delle armi con i suoi lobbisti in Parlamento e nelle Regioni. Cacciatori e industria delle armi. Un mix micidiale, che altera l’ambiente. E uccide le persone.
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