RIETI – Il festival della comunicazione “Ascoltare con l’orecchio del cuore”, organizzato dalla comunità delle Paoline e dei Paolini con la chiesa di Rieti, si è concluso il 29 maggio, lasciando molti spunti di riflessione, fornendo aneddoti divertenti e gustosi, che vale la pena riportare.
Cosa succede dietro le quinte del Quirinale e del Vaticano? Come si comporta l’ufficio comunicazione, che differenza c’è fra i due uffici stampa e soprattutto, perché Sergio Mattarella e papa Francesco sono così popolari? La cosa che accomuna entrambi è la spontaneità, una comunicazione autentica mai manipolata, che per gli addetti stampa è un continuo stravolgere il protocollo e improvvisare. Giovanni Grasso (sì proprio lui, quel “Eh Giovanni neanch’io vado dal barbiere” pronunciato da Sergio Mattarella durante il lockdown), direttore dell’ufficio stampa della presidenza della Repubblica, racconta una “giornata tipo” al Quirinale: rassegna stampa prevalentemente cartacea dalle 6,30 (i social, Twitter e Instagram sono stati introdotti 7 anni fa, ma il cartaceo è sempre privilegiato e letto da Mattarella tutti i giorni), situazioni sempre in “presa diretta”, perché il Presidente non si sottrae a nessuno, controllo delle fake news, che però non hanno mai attecchito come quelle sulla famiglia o quelle che parlano dei costi dei pranzi ufficiali (“Le cucine sono molto attente alle spese e alla scelta dei vini, gli ospiti devono visitare da protocollo due città italiane e allora si organizzano visite, prevalentemente a Napoli”).
Curare la comunicazione e l’ufficio stampa al Vaticano è molto più complesso, non fosse altro che per la comunicazione in 52 lingue, quelle di tutte le Chiese del mondo. Lo racconta Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, che ricevette la telefonata direttamente da Papa Francesco, che lo invitava per un colloquio: “Pensavo fosse un call center, il display del cellulare mi dava numero sconosciuto”. La Chiesa comunica con i mezzi che il tempo mette a disposizione, ma “non fa marketing, né proselitismo, la Chiesa fa testimonianza e bisogna crederci, il resto viene dopo. Il Dicastero costruisce una rete di condivisione di notizie in tutte le lingue, il Papa lascia liberi, purché in sintonia con lui, che ha la volontà di essere con i tempi. Se Papa Francesco scrive a qualche personaggio politico o alto prelato non ce lo comunica, noi lo sappiamo se qualche altro ufficio stampa ci chiede conferma. La risposta di Francesco è “quello che scrivo appartiene al destinatario, sarà lui, se vuole, a farlo sapere: noi non sappiamo. Un cattivo vaticanista è colui che non capisce la fede di chi crede, perché deve essere in grado di capire cose nuove e una moltitudine di persone. La Diocesi deve saper costruire ed essere una comunità, i giornalisti devono offrire piattaforme di relazioni”.
Ma Gesù sapeva scrivere? “Non lo sappiamo – commenta il vescovo Domenico Pompili – ma parlava in aramaico, la lingua più popolare, questo ci dice che aveva voglia di comunicare. La Chiesa deve essere colloquiale, affabile, con atteggiamento al dialogo, avere dimestichezza personale con il giornalismo come ha fatto il cardinal Matteo Zuppi, appena nominato responsabile della Cei: ha convocato all’improvviso una conferenza stampa salutando tutti con ‘buongiorno, sono don Matteo’. Semplicemnte così”.
Avere tante informazioni equivale ad avere più conoscenza? Tra postverità, infodemia, fake news, siamo veramente informati? Ne parlava già nel 1978 P.K. Dick sulle realtà costruite e oggi la manipolazione della realtà è più forte. Bisogna avere gli anticorpi e la verità non si possiede: si cerca e, come diceva Adorno, “si mette in discussione”. Ed ecco Chiara Giaccardi, sociologia all’università Cattolica di Milano “Il vero come intero e le molte facce del fake” e David Puente, giornalista di Open, il cui compito costante è la verifica di foto, notizie, geolocalizzazioni con “Il falso fact-checking sull’Ucraina”. Le emozioni, le convinzioni personali, contano di più dei fatti e le emozioni si creano, si alimentano a seconda di come ci si esprime sui social e la postverità è servita. Nel sito di openonline (socio fondatore Enrico Mentana), c’è la sezione dedicata al fact-checking, un progetto giornalistico indipendente che mira a monitorare le notizie false o fuorvianti diffuse in Italia e all’estero, fornendo un servizio di corretta informazione e degli strumenti necessari ai cittadini per imparare a riconoscere le bufale, la disinformazione, la misinformazione e tutte le altre falsità che minano la società e il processo democratico.
Nel sito l’apposito link su ‘fact checking’ e la ‘metodologia’ applicata. “La verifica dei fatti viene svolta con gli stessi criteri per ogni segnalazione, solo le prove determinano le conclusioni dell’analisi. L’impegno è costante, limitato dalle risorse disponibili e il personale impiegato per le analisi. Per temi specifici, quali ad esempio la medicina, cerchiamo di contattare persone e organizzazioni competenti per fornire al lettore un’informazione accurata e professionale. Forniamo sempre le fonti affinché chiunque possa replicare il nostro lavoro e possa eventualmente fornirci consigli o segnalarci correzioni”. Da aprile 2021 open è membro dell’IFCN (International Fact-Checking Network).
Enrico Mentana, insieme al vescovo di Rieti, arriva ad Amatrice per parlare del “Racconto giornalistico dell’emergenza alla luce di orizzonti cambiati e nuovi media”, mentre il commissario Giovanni Legnini (il quarto dal 2016) interviene su “L’informazione del post sisma, tra ricostruzione e partecipazione”. Lo sprone di Mentana a guardare avanti, la rassicurazione di Legnini. “Migliaia i cantieri aperti, con attenzione alle infiltrazioni mafiose”. E se la zona rossa ha tardato è perché la demolizione è stata fatta male: “Non si distinguono le fondamenta e i confini delle proprietà”. Chiusura in bellezza alla Riserva dei Laghi Lungo e Ripasottile ‘”Il verde e il blu: albero, acque, cibo e vita” con Carlo Petrini (Slowfood e Comunità Laudato Sì), Stefano Mancuso, neurobiologo vegetale, Marco Tarquinio direttore di Avvenire: “Dobbiamo parlare con gli alberi, parlare con il cibo, parlare con la vita. Stiamo cambiando gli equilibri del pianeta, abbiamo milioni di alberi in meno, perso biodiversità, gli uccelli sono per lo più pollame da allevamento, se le piante morissero morirebbe l’intero pianeta per l’anidride carbonica che emetterebbero, il riscaldamento globale non è sostenibile, siamo vicini al punto di non ritorno”. Il loro interessante intervento è pubblicato su Frontiera Tv. Da non perdere.
Francesca Sammarco
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