PERUGIA – Il ritrovamento dei resti del marchese Ascanio della Corgna e dei suoi familiari, dimenticati e abbandonati per lustri nella sacrestia del convento di San Francesco al Prato, sta suscitando molto interesse non solo a Perugia. Lo scopritore, il dottor Gianfranco Cialini, ha tenuto conferenze a Perugia e a Castiglione del Lago, mentre il Lyons club Corciano (intitolato proprio ad Ascanio della Corgna) si è impegnato, con la collaborazione del Comune di Perugia a far effettuare (nelle prossime settimane) da esperti del settore, l’autopsia sui poveri resti e far rientrare, temporaneamente, la sua corazza da battaglia, indossata a Lepanto ed esposta in un museo di Vienna.
C’è da augurarsi che una personalità così complessa e variegata come quella del marchese venga scandagliata lungo tutti i versanti: quelli che lo videro condottiero in tutta Europa e contro i Turchi (nella battaglia di Lepanto, mise a punto i piani di attacco, essendo riconosciuto come stratega di primissimo livello); quelli che lo segnalarono come grande esperto di architettura militare; quelli che lo fecero ammirare nel campo della letteratura e della protezione di poeti e pittori e anche quelli che lo resero particolarmente famoso, già in vita: i tornei e i duelli.
Ascanio coltivava una passione intensa per i tornei e partecipava alle giostre in ogni parte d’Italia. Ma era considerato soprattutto uno spadaccino di grandissima classe. Due in particolare, tra i tanti, i duelli che lo resero conosciuto e temuto in ogni dove: quello combattuto a Bologna contro il conte e generale Ugo di Carpegna e quello affrontato a Pitigliano, nel Grossetano, contro un suo capitano, Giannetto Taddei di Firenze.
Il duello con il Carpegna si tenne addirittura sul sagrato di San Petronio davanti ad un pubblico numerosissimo di patrizi e popolani, che si godettero lo spettacolo dal basso della piazza, neanche fossero a teatro. Ferito due volte, al petto e al fianco, il Carpegna, più anziano dello sfidante, per evitare di essere ucciso fu costretto a chiedere venia al giovane condottiero perugino, che gli fece ripetere le scuse, perché tutti i presenti sentissero bene le parole del vinto e affinché l’umiliazione del generale risultasse più bruciante. Maestro di campo, cioè arbitro dello scontro, un altro noto condottiero, Piero Strozzi, il cui padre era considerato, in quel tempo, l’uomo più ricco d’Italia.
Furono invece oltre tremila gli spettatori del duello che vide Ascanio, appena trentaduenne e orbo dell’occhio destro, perso in combattimento a Casale Monferrato, misurarsi – il 26 maggio del 1546 – con un suo capitano che non gradiva, evidentemente, essergli sottoposto e che aveva raccontato in giro che non dal Della Corgna, ma dal Colonna avesse ricevuto il comando della compagnia. La scelta della location per la sfida cadde su Pitigliano, feudo degli Orsini, tanto che fu proprio il conte Giovanni Francesco Orsini a svolgere le funzioni di maestro di campo. Vennero preparate anche due tribunette per ospitare il bel mondo del tempo proveniente soprattutto da Roma, Firenze e Perugia. I duellanti, che impugnavano ciascuno una spada e uno stocco (spada lunga e spada corta, insomma), vestivano di rosso (Ascanio) e di bianco (Giannetto). Al Della Corgna bastarono pochi attacchi per ferire il Taddei; subito dopo, con un deciso irresistibile affondo, trapassò il petto dell’avversario, fulminandolo. I duelli tra soggetti che si odiavano, infatti, si combattevano, non al primo ma all’ultimo sangue, a meno che uno dei due contendenti non si arrendesse (cosa che era ritenuta un’onta e pertanto assai rara da verificarsi).
Ascanio, sprezzante e megalomane, amava ripetere questa frase quando lanciava il guanto della sfida: “Orbo sì, ma non fellone”.
Nel palazzo del marchese a Castiglione del Lago, tra gli affreschi ordinati al Pomarancio, ne figura uno che “fotografa”, plasticamente, il duello e l’affondo mortale di Ascanio al Taddei.
Elio Clero Bertoldi
Nella foto di copertina, il duello di Pitigliano nell’affresco del Pomarancio a Castiglione del Lago
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