NAPOLI – È già da un po’ di tempo che la mostra di Artemisia Gentileschi è visitabile a Napoli ma, sarà la bontà dell’artista, sarà la novità di una delle prime artiste donne, sarà anche il contesto in cui è posizionata la rassegna, certo è che si riscontra un continuo afflusso di persone che accorrono entusiaste.
Le Gallerie d’Italia in via Roma a Napoli, sorte da pochissimo tempo sulla struttura preesistente occupata dal Banco di Napoli progettato nel 1940 da Marcello Piacentini, vede diverse sedi in Italia e si pone come un ulteriore spazio espositivo, culturale di convivenza nel centro storico della città. Un complesso elegante capace di accogliere una moltitudine di appassionati, cultori ma anche persone intente e protese a respirare aria dal sapore di bellezza. Per ancora qualche mese la galleria ospiterà la mostra della Gentileschi, vero fiore all’occhiello di un contesto pittorico di livello mondiale e in particolar modo di quell’arte seicentesca dominata dall’insuperabile Caravaggio. Una pittrice anomala per quel tempo, ma forse anche per il nostro; introdotta dal padre Orazio, seppe subito porsi come valida autrice di opere che vedono la luce come assoluta protagonista. Il chiaroscuro, l’esaltazione dei dettagli attraverso un pregiato gioco di luci e ombre, fa riecheggiare il grande maestro lombardo Michelangelo Merisi.
Gli ampi ambienti del pianoterra dell’edificio, congiunti a una delle vie più frequentate della città,proiettano direttamente in un quadro del Seicento: le tele efficacemente illuminate che emergono dalle pareti bordeaux e nere dell’allestimento rinviano idealmente ai personaggi di Caravaggio che affiorano dai fondali scuri dei dipinti.
E all’opera di Caravaggio – forte anch’egli di un formidabile periodo partenopeo – guarderà proprio Artemisia, la cui poetica è qui ricostruita in relazione ai suoi anni napoletani, a una fase poco indagata della sua vicenda artistica, evidenziando il favore con cui la sua arte sarà accolta nella capitale del vice regno spagnolo. Artemisia apprende l’arte di dipingere da giovanissima. Subirà tuttavia dal suo maestro, Agostino Tassi, amico del padre, una violenza sessuale e contro di lui ingaggerà un lungo ed estenuante processo che per lei avrà un unico scopo: poter tornare a dipingere.
La forza con cui la giovane pittrice sfida il proprio tempo, non devono però offuscarne l’opera: Artemisia è maestra nell’uso della luce e del colore e, per forza espressiva e taglio delle composizioni, rompe con i modelli iconografici prestabiliti.
La ricostruzione storica è stata fondamentale per creare un percorso espositivo coerente, espressione delle tematiche più care all’artista in questo periodo: per la prima volta sono mostrate al pubblico opere come Santa Caterina d’Alessandria, recente acquisizione della National Gallery di Londra, in confronto con un’altra Santa Caterina dell’artista proveniente dal National Museum di Stoccolma; oltre alla bellissima Giuditta e l’ancella con la testa di Oloferne in prestito dal Museo di Oslo. Le opere straniere dialogano con le opere di casa, provenienti dalle sale del Museo di Capodimonte e da Pozzuoli. Ed è proprio da Pozzuoli che proviene il San Gennaro nell’anfiteatro e i Santi Procolo e Nicea, restaurato per l’occasione.
Insomma, tanti dipinti da vedere assieme all’intero palazzo che fa da sfondo ad una elegante e bella mostra.
Innocenzo Calzone
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