NAPOLI – Ben 205 anni di una storia tutta italiana. Lo scorso 5 giugno celebrato in tutta Italia l’anniversario della nascita dell’Arma dei Carabinieri. Una storia lunghissima, fatta da uomini semplici che per scelta o vocazione o indole intraprendono la carriera militare. Un tempo era una via d’uscita per un riscatto, un’alternativa alla vita dura della campagna; un’opportunità formativa per un giovane diciottenne di girare il Paese, di accumulare esperienze e crescita. Una vita di regole e di abnegazione, retta da uno statuto che prevedeva regole perentorie: ad esempio, non potersi sposare prima dei trent’anni e trasferirsi di continuo secondo il comando.
Un’organizzazione gerarchica che poteva prevedere una carriera in ascesa, ma si era (e si è) sempre sottoposti al rischio quotidiano di perdere la vita, con uno stipendio alla minima soglia di dignità. Il contrappasso era, un tempo, sicuramente l’orgoglio di indossare la divisa, un senso di appartenenza alPaese. Un senso – si direbbe oggi negativamente – sovranista per la difesa dei cittadini e della legge, garante di una legalità necessaria ad un paese democratico che salvaguardi i giusti. Vale la pena ricordare il sacrificio del giovane Salvo D’Acquisto, eroe per caso perché rispondente a valori desueti oggi.
Nel corso degli anni, quella divisa (nera con le strisce rosse d’inverno e color cachi d’estate) sembra aver perso quel suo ruolo di rispettabilità, per molti quella divisa è controllo, infamità, impossibilità al comportamento anarchico e ai confini di una legalità non più riconosciuta come valore comune. I bassi stipendi sono inversamente proporzionati ai modelli della società di oggi che anche nei media mette talvolta in evidenza corrotti e corruttori. O i presunti esperti dei salotti tv (bravi solo ad urlare) come emblema per i giovani di oggi; o ancora gli influencer che senza fatica alcuna sono gli esempi da perseguire per guadagni facili e senza sacrificio.
La divisa vista come avversario e non difesa perché si sa che il delinquente di turno se pur preso, avrà un lungo percorso di garantismo che non assicura certezza della pena e nemmeno giustifica il rischio e l’investigazione accurata fatta dall’Arma. Un’Italia non più coerente su un suo percorso dove anche gli arruolati perdono mordente e valori. Allora anche la divisa è un ripiego per un lavoro statale e non una scelta. Nostalgia profonda per l’icona De Sica che in diversi film indossa la divisa ed assume quel ruolo paterno, bonario, punto di riferimento e porto sicuro per il cittadino e soprattutto che sa incarnare un simbolo di rispettabilità condivisa.
Alla vigilia della festa per l’anniversario della fondazione dell’Arma, in piazza Plebiscito a Napoli i carabinieri con stand e dimostrazioni hanno accolto le scolaresche della città: un’iniziativa che nasce proprio dalla necessità di educare alla legalità e alla cittadinanza, un tentativo di contatto con i giovani sempre più lontani dal ritenere le forze dell’ordine difesa del territorio e del cittadino in un senso comunitario di appartenenza.
I piccoli, soprattutto in quartieri difficili, crescono con l’idea dei carabinieri (e in generale delle forze dell’ordine) da vedere come un nemico: colui che sequestra il motorino della propria madre, magari senza patente, in senso di marcia inverso con altri due fratellini in groppa e pure senza casco. Forse, educare da piccolo quel bambino all’idea che la multa eventuale o spesso il semplice richiamo è inferto a sua difesa, sarebbe un inizio per un’inversione di marcia su una mentalità oggi piuttosto diffusa e irrispettosa della legge.
Angela Ristaldo
Nella foto di copertina, i simboli dell’Arma dei Carabinieri
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