VITERBO – “Quando nasce un bambino, è segno che Dio non si è ancora stancato dell’umanità”, scriveva il poeta indiano Rabindranath Tagore (1861-1941). Numerosi parroci in tutta Italia hanno deciso di far suonare a festa, ad ogni nascita, le campane delle chiese: un fenomeno diffuso particolarmente nei piccoli centri, da Nord a Sud, dove i lieti eventi purtroppo sono sempre più rari, come ad esempio a Cogliate (nella provincia di Monza – Brianza) o Castellammare del Golfo (nel Trapanese), tanto per citarne alcuni.
La nascita di un bambino, dunque, è un lieto evento, portatore di gioia, ma tra i neonati del 2024 c’è un piccolino che ha addirittura ottenuto un titolo onorifico vero e proprio: “Piccolo ambasciatore di pace”. Antonio ha ricevuto questo importante conferimento, a Padova, dalla Federazione delle donne per la pace nel mondo (Women’s Federation for World Peace). Wfwp (che celebra quest’anno il 25esimo appuntamento) si prefigge di dare proprio attraverso l’impegno diplomatico delle donne un importante e significativo contributo ai processi di pace. Donne impegnate per la pace, dunque, sin dal 1992 in Corea dove sorse la Federazione per volontà dei coniugi Moon, per poi sensibilizzare le donne di tutto il mondo.
Antonio, così piccolo, nato alle 3:24 all’ospedale di Padova, nei giorni scorsi ha ricevuto dall’associazione una medaglietta d’oro, raffigurante l’albero della vita, il simbolo della madre che dona vita. A realizzarla l’artigiano orafo padovano Luca Sampaoli. Un evento che già dal 2004 la sezione veneta della Wfwp ha esteso addirittura a livello nazionale, ottenendo dal 2009 il patrocinio ministeriale. Antonio, quindi, ambasciatore di pace di un’associazione che si occupa delle condizioni di donne e bambini nel mondo, tanto che è stata scritta una dichiarazione accolta nell’agosto 2021 dal Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite e dalla sezione speciale sull’Afghanistan, il cui principale contenuto recita: “Esortiamo tutti gli stati membri a insistere costantemente sul diritto fondamentale ad avere una istruzione di qualità per tutti (bambini e bambine) ed inoltre si chiede che venga garantita la protezione degli educatori e degli istituti educativi (è un fatto che le bandiere e le regole talebane vengono imposte alle istituzioni educative, creando un’atmosfera di paura, trauma e sfiducia che può portare alla radicalizzazione di giovani e bambini)”.
Laura Ciulli
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