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Angelo Sicilia, il padre dei pupi antimafia

di | 2018-04-26T20:10:26+02:00 29-4-2018 6:40|Attualità, Cultura, Sezione9|0 Commenti

PALERMO – Tutti conoscono nel mondo i “pupi “ siciliani, le caratteristiche marionette popolari provenienti, con ogni probabilità, dalla Spagna. Questo tipo di spettacolo prosperò a Napoli, ma dall’Ottocento in poi ebbe in Sicilia il suo massimo sviluppo. I pupi sono espressione morale di quello spirito epico, eroico e cavalleresco, che dalla “Chanson de geste” medievale ai grandi poemi del Boiardo e dell’Ariosto, segnano il carattere, i sentimenti, la passione di un popolo. I protagonisti sono personaggi come Orlando, Rinaldo, la bella Angelica, il perfido Gano e i paladini di Francia. In Sicilia sono esistiti molti maestri pupari, ma da qualche anno a questa parte Angelo Sicilia, direttore del Museo dell’Opera dei Pupi delle Madonie e del Museo dei Pupi di Carini, ha tolto le armature ai suoi pupi e li ha riattualizzati attraverso la rappresentazione della vita di Peppino Impastato, dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, di Pio La Torre, di Padre Pino Puglisi e di tanti altri martiri caduti per mano della mafia. I pupi antimafia di Angelo Sicilia rappresentano una novità assoluta nel panorama del teatro marionettistico sia siciliano che italiano, per la scelta di inserire il repertorio di impegno civile e sociale, narrando le storie delle vittime della mafia in Sicilia. I pupi, in questo modo, diventano un’occasione di impegno civile e di educazione alla legalità.

Innanzitutto, chi è Angelo Sicilia?

“Sono un siciliano che ama talmente tanto la sua terra che ha deciso di inventarsi un genere teatrale nuovo pur di non emigrare come tanti, troppi, della sua generazione. Una generazione che è cresciuta con i tempi scanditi dagli omicidi di mafia negli anni ’80 e con le stragi dei primi anni ’90 e che ha impresso nelle nostre menti un senso di legalità e giustizia che ha portato alla scelta di campo dell’antimafia come valore fondante della propria vita. Valore che confermo ogni giorno con il mio lavoro  e con le mie rappresentazioni teatrali”.

Com’è nata questa importante idea di creare i pupi antimafia?

“L’idea dei pupi antimafia nacque diversi anni fa. Precisamente nel periodo in cui frequentavo la casa di Peppino Impastato a Cinisi. Era il 2002 ed io passavo gran parte del mio tempo con Felicia Bartolotta, la mamma di Peppino, che mi aveva ‘adottato’, tanto è vero che la chiamavo nonna Felicia. Lei mi raccontava ogni giorno un aspetto diverso del carattere di suo figlio e da quelle commoventi conversazioni nacque l’idea di rappresentare la storia di Peppino Impastato con i pupi. Già da alcuni anni facevo spettacoli tradizionali (La storia dei Paladini di Francia, per intenderci), ma decisi di togliere le corazze ai miei pupi per mettere in scena la vicenda di Peppino e del suo grande coraggio nello sfidare a mani nude la mafia. Da lì è nato negli anni un ciclo epico nuovo: i pupi antimafia”.

Quante opere ha rappresentato sinora?

“Tra spettacoli tradizionali e ciclo dei pupi antimafia siamo arrivati ad un repertorio che comprende oltre 30 spettacoli, di cui la metà dedicato alle vittime della mafia. Le ultime rappresentazioni del ciclo sono state dedicate a Lia Pipitone, la ragazza uccisa a Palermo nel 1983 dal padre capomafia del rione dell’Acquasanta; a Natale Mondo, poliziotto della Squadra Mobile di Palermo e del gruppo del vicequestore Ninni Cassarà, ucciso a Palermo nel 1988; a Joe Petrosino, il leggendario poliziotto italoamericano ucciso dalla mafia a Palermo nel 1909 e al piccolo Giuseppe Di Matteo, ucciso da Giovanni Brusca nel 1996 dopo 2 anni di prigionia per ritorsione nei confronti del padre Santino pentito di mafia.

Ha girato molte scuole con i suoi pupi: che accoglienza ha avuto dai ragazzi?

“Sempre positiva ed entusiasta. Ed è il motivo per cui io ho deciso di dedicarmi quasi esclusivamente ad un pubblico di giovani e giovanissimi attraverso gli spettacoli nei circuiti scolastici”.

Ritiene che i suoi pupi possano avere successo anche in altre zone d’ Italia?

“Devo dire che all’inizio ero molto scettico sul fatto che i pupi antimafia potessero piacere anche ad un pubblico di non siciliani. Poi gli inviti ai maggiori festival di teatro di figura italiano come l’esperienza al Festival Incanti di Torino del 2013 o del Mittelfest di Cividale del Friuli nel 2016 su tutti mi hanno fatto cambiare idea. Ma ci sono due eventi che non dimenticherò mai e che sono accaduti in Veneto nel giro di un paio d’anni: nel 2012 a Vicenza con la rappresentazione della nostra “Storia di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino” al Teatro Astra in occasione del ventennale della strage di Capaci con il pubblico in lacrime e soprattutto nel 2013  in un Liceo di Verona quando gli studenti al termine dello spettacolo sui due giudici uccisi dalla mafia mi dissero in coro che la storia  a cui avevano assistito non era una storia siciliana, ma quella di tutti gli italiani onesti”.

Quali altre idee ha per educare alla legalità attraverso i suoi pupi?

“Sicuramente quelle di continuare a raccontare altre storie poco note ai più giovani (e non solo) e continuare a fare testimonianza e memoria. Da siciliani lo dobbiamo alle nostre vittime della crudeltà mafiosa”.

Giuseppe Mistretta

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