NUORO – È un periodo nero, funesto questo che stiamo vivendo. L’angoscia spesso prende il sopravvento così come la paura. Le cose certe, i nemici da guardare in faccia nessuno li teme. La gente si ingegna per affrontarli, combatterli, annientarli, ma quando davanti si ha l’ignoto, lo sconosciuto, allora si è disarmati, privi di forza vitale e ci sentiamo come tanti Don Chisciotte che combattono contro i mulini a vento. Il Coronavirus non guarda in faccia nessuno, arriva all’improvviso e ti annienta.
È arrivato anche da noi, in Sardegna, nella nostra Eden. I casi nell’isola sono ormai oltre 100 e il capoluogo turritano è il centro più colpito con 61 contagi. Proprio a Sassari, nelle ultime ore, altri 4 tamponi sono risultati positivi al Covid 19. I contagiati sono altri 4 medici ospedalieri e un altro sanitario e un altro paziente sono risultati positivi a Nuoro. Con una costante il virus si sta trasmettendo negli ospedali e lunedì 16 marzo è morto il primo malato di Coronavirus in Sardegna, all’ospedale Is Mirrionis di Cagliari. Si vive in un continuo panico, la città è blindata, le strade sono deserte, solo qualche piccione che tuba, chi frettolosamente porta a spasso il cane per fargli espletare i propri bisogni o qualcuno con le sporte della spesa che, con gli occhi bassi e la mascherina davanti alla bocca, si guarda furtivamente attorno per paura di incontrare qualcuno. Anche a Nuoro perciò sono stati presi dei provvedimenti per arginare l’epidemia del Coronavirus. Eppure, quando si era sentita per la prima volta la notizia della situazione in Cina, qualcuno, un po’ con ironia, un po’ con ignoranza aveva detto “mica è l’influenza spagnola, la pandemia influenzale, insolitamente mortale, che fra il 1918 e il 1920 uccise decine di milioni di persone nel mondo”. Questa nuova forma virale invece e purtroppo si sta dimostrando peggiore, subdola, affamata di vittime innocenti. Il sindaco Andrea Soddu dal 18 mattina ha previsto la sanificazione di piazze e vie cittadine. Un’unica voce si sente per tutto lo Stivale, non più urla e canti di bimbi gioiosi per strada ma il leit motiv continuo “restate a casa”, una raccomandazione che può salvarci la vita. Ci aspettano giorni difficili, forse cruciali. Non possiamo e non dobbiamo abbassare la guardia. Solo distanti fisicamente ma uniti col pensiero e con lo stesso intento ne usciremo vincitori.
La città sembra paralizzata, i commercianti si sono fermati, hanno chiuso battenti, non per pessimismo o perché siano allarmisti, ma perché fermarsi in questo momento significa pensare a se stessi e agli altri, significa dare il giusto peso alle cose, rappresenta la speranza più tangibile di tornare, il prima possibile, a muoversi. E anche se fermarsi in questo momento significa fare dei sacrifici, fermarsi adesso è l’unica arma che si può impugnare contro questo virus che ha fatto e può fare ancora tanto male. La salute è la cosa più importante. Allora stiamo a casa, riscopriamo il piacere del calore del focolare e della famiglia, una partita a carte, un buon film sorseggiando una tisana calda sotto il plaid comodi sul divano o ascoltando della buona musica. Il lavoro ormai si è spostato a casa, si fa “didattica a distanza” sul web, si svolgono le pratiche non più in ufficio ma seduti al pc nelle nostre dimore, si effettuano visite museali virtuali. Il nostro “fermarsi” è diventato un “fermarsi frenetico”, dove chi si ferma per davvero è perduto.
Così ci si ingegna come si può e il neonato museo cittadino Spazio Ilisso ha deciso di proporre, dal suo sito Facebook e Instagram la rubrica “Diversamente aperti” avviando, da alcuni giorni, la rubrica “I vinili di Marianne” per scoprire la discografia e le melodie predilette dalla fotografa Sin Pfältzer e di cui amava circondarsi. Così offre agli avventori dello Spazio un brano al giorno per regalare un viaggio nel passato facendosi trasportare dall’armonia, e il 21 marzo ha proposto un nuovo appuntamento virtuale accessibile dalla pagina Facebook del Museo, l’incontro con la poesia e l’ottimismo delle strofe di Delle Ragionevoli “Tempeste” NAU-FRAGILI di Maria Luisa Careddu.
C’è angoscia, c’è paura, c’è inconsapevolezza di ciò che ci riserva il destino ma in ognuno di noi c’è una forte motivazione e tanta speranza urlata nei canti dei flash mob delle 18 o nei colori dei disegni dei bambini che hanno tappezzato muri e porte della città con arcobaleni, cuori e scritte “ANDRA’ TUTTO BENE”. E se lo dicono i più piccoli, sarà e dovrà essere proprio così.
Virginia Mariane
Nell’immagine di copertina, Nuoro deserta
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