RIETI – “Anno nuovo vita nuova” è uno dei proverbi più citati per Capodanno: più che un proverbio è un desiderio, un proposito, una speranza. Trascorso ormai il Natale, inizia il cammino verso il nuovo anno: si saluta quello vecchio e si attende con trepidazione quello nuovo. Questo detto esprime il desiderio di cambiamento ma anche come affrontare l’anno che viene. Il proverbio esprime anche il concreto bisogno umano di credere con fiducia nel futuro, perché auspicando una nuova vita, ci si augura un’esistenza soddisfacente, una “vita nuova” appunto, che equivale ad una vita sognata, ricercata, desiderata e voluta.
Questo è il tema che in fondo si sarebbe potuto sviluppare per l’inizio del nuovo anno, ovvero ciò che interiormente ed intimamente si pensa allo scoccare della mezzanotte, cioè quello spazio temporale che ci divide da ciò che è noto verso l’ignoto, momento in cui ogni individuo fa un’analisi della vita passata ed un bilancio della propria esistenza. Ma questo passaggio dal 2020 al 2021 è sicuramente meno scontato della solita fine d’anno e di tutt’altro taglio sono certamente i propositi ed i pensieri rivolti al nuovo anno che affrontiamo con grande speranza si, ma anche con timore ed incertezza, perché le esperienze vissute durante l’anno che si lascia con grande sollievo, considerati gli avvenimenti tristi che lo hanno caratterizzato, ci portano ad affrontarlo con l’insicurezza di chi è consapevole che in fondo non siamo più completamente artefici del nostro destino.
Nell’anno 2020 abbiamo visto che in un attimo tutto ci può sfuggire e all’improvviso le nostre vite possono radicalmente cambiare e, nostro malgrado, dobbiamo rivedere abitudini radicate nel tempo, vivendo ogni giorno nell’incertezza e con il solo pensiero che presto tutto possa tornare come prima o comunque che tutto ciò che ci ha travolti e sconvolti si allontani per fare spazio ad un lento ritorno ad una parvenza di normalità che ci restituisca fiducia e serenità. Pensavo a tutto questo senso di incertezza che ci pervade in questo periodo, mentre trascorrevo una normale mattina di ordinarie commissioni giornaliere. Nel parlare e salutare ed augurarci il consueto “Buon Anno Nuovo”, si avvertiva un senso di smarrimento, di rassegnazione e tristezza. Un augurio sincero nel desiderio, ma non sentito.
Questo perché forte è la consapevolezza che ancora lontano sarà il tempo in cui tutto potrà tornare a restituire fiducia ed ottimismo. In un 2020 memorabile anche per il suo essere anno bisestile, con la scia di sventura che accompagna gli anni così definiti, semplicemente per l’aggiunta di un giorno nel nostro calendario che da 365 passa a 366 quando febbraio termina il 29 anziché il 28. E per concludere la carrellata di pensieri che accompagnano questo inizio d’anno nuovo, viene alla mente una poesia di Gianni Rodari, intitolata “L’Anno Nuovo”: “Indovinami, indovino, tu che leggi nel destino: l’anno nuovo come sarà? Bello, brutto o metà e metà? Trovo stampato nei miei libroni che avrà di certo quattro stagioni, dodici mesi, ciascuno al suo posto, un carnevale e un ferragosto, e il giorno dopo il lunedì sarà sempre un martedì. Di più per ora scritto non trovo nel destino dell’anno nuovo: per il resto anche quest’anno sarà come gli uomini lo faranno”.
Stefania Saccone
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