PALERMO – I dati del 2021 parlano chiaro: la Sicilia, cuore del Mediterraneo e regione ad elevata vocazione turistica, si colloca purtroppo al secondo posto della classifica nazionale per numero di reati contro l’Ambiente. Le cifre ufficiali, fornite dalle Forze dell’Ordine ed analizzate da un recente report di Legambiente, evidenziano in Sicilia 6.725 illeciti penali e amministrativi relativi a reati ambientali a danno del mare: il 12,2% della somma nazionale, con 2.455 persone denunciate o arrestate per tali reati e con un totale di 872 impianti sequestrati. Uno degli ultimi sequestri eclatanti è stato quello dell’impianto di depurazione dell’area industriale di Siracusa e dei vicini comuni di Melilli e Priolo Gargallo, accusati di disastro ambientale per lo sversamento illecito in mare delle acque reflue.
Nella classifica negativa, la Sicilia è preceduta dalla Campania, che si aggiudica la maglia nera, e seguita da Puglia, Toscana e Calabria. Tra le regioni marine, la più virtuosa sembra la Sardegna, dove i reati contro il mare sono il 3,1% del totale nazionale.
Se prendiamo in esame le coste deturpate dall’abusivismo edilizio, in Sicilia i dati rimangono sconfortanti: anche in quest’ambito l’isola è seconda dopo la Campania, e conta 3.822 illeciti penali o amministrativi (pari al 13,8% del totale nazionale), con 785 persone denunciate o arrestate, e la cifra record di 94 sequestri di immobili. Tra le strutture sottoposte a sequestro e/o a ordinanza di demolizione, non ci sono solo i cosiddetti eco-mostri, ma soprattutto villaggi turistici, stabilimenti balneari e case per le vacanze.
Tra i reati ambientali, analizzati anche i numeri della pesca illegale, spinta da un’elevata richiesta di mercato. In quest’ambito, l’isola detiene purtroppo il primato italiano, con 1978 illeciti penali e amministrativi: nel 2021, sequestrate ben 173.000 tonnellate di caviale, salmone, pesce spada e tonno rosso proveniente da pesca di frodo.
Vanessa Rosano, esponente di Legambiente – intervistata dalla giornalista Lucilla Alcamisi, della redazione del TG regionale siciliano – ha enunciato le proposte dell’associazione per contrastare i reati ambientali in Sicilia, affermando innanzitutto l’importanza di coinvolgere i Prefetti perché siano rese operative le disposizioni esecutive di abbattimento delle strutture, poiché spesso i Comuni non hanno i fondi necessari per l’esecuzione dei provvedimenti giudiziari.
La dottoressa Rosano ha poi sottolineato la gravità dell’accusa di disastro ambientale per l’area industriale di Siracusa, con conseguenze assai gravi all’ecosistema marino, all’atmosfera e alla salute degli esseri umani. Ha anche menzionato una situazione analoga ad Agrigento, dove a san Leone, la spiaggia degli agrigentini, le fogne scaricavano direttamente in mare con un sistema di depurazione del tutto inadeguato. Un’indagine giudiziaria ha portato a varie richieste di condanna per i vertici della società Girgenti Acque e per alcuni Sindaci e Funzionari della Pubblica Amministrazione collusi.
L’esponente di Legambiente ha infine ribadito l’importanza di far applicare le leggi e bonificare laddove se ne accerti la necessità, in modo che i cittadini abbiano fiducia nella possibile risoluzione dei problemi ambientali. E ha sottolineato l’urgenza di tenere sempre alta la vigilanza e di effettuare regolari controlli per scongiurare il reiterarsi di questi gravi reati.
Non può passare inosservato che tra le cinque regioni con il record di reati ambientali, quattro – Campania, Sicilia, Puglia, Calabria – sono quelle con la maggiore presenza di criminalità organizzata nel territorio, a comprova che le mafie considerano anche il mare e le coste ‘cosa loro’, da deturpare e inquinare senza pietà.
Allora, la tutela dell’Ambiente, oltre che compito delle Forze dell’Ordine e della Magistratura, dovrà essere assunta anche dalla coscienza collettiva di tutti i cittadini. Solo se e quando mare, coste e terra saranno considerati beni comuni e curati quanto la nostra salute individuale, si riuscirà a invertire la nefasta tendenza all’incuria e al degrado ambientale.
Maria D’Asaro
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