//Alto gradimento, il rito di una generazione

Alto gradimento, il rito di una generazione

di | 2022-12-11T07:10:54+01:00 11-12-2022 7:00|Punto e Virgola|0 Commenti

Alto gradimento. Bastano solo queste due parole per far riaffiorare nella mente ricordi indelebili di una trasmissione che ha cambiato il modo di fare radio e anche un po’ la nostra vita. Si parla di una cinquantina di anni fa quando le emittenti private non esistevano e dunque sia l’informazione che l’intrattenimento erano appannaggio esclusivo della Rai. Che faceva e disfaceva a proprio piacimento, spesso non rendendosi conto che i tempi stavano cambiando e che bisognava dare una sterzata di freschezza all’intera programmazione, compresa quella televisiva.

Gianni Boncompagni e Renzo Arbore

La prima puntata della prima serie di Alto gradimento fu trasmessa il 7 luglio 1970 ed il programma proseguì a più riprese fino al 2 ottobre 1976. Poi ci furono altre brevi riprese, ma il nucleo fondamentale, che caratterizzò un’intera generazione, è quello a metà degli anni Settanta. Andava in onda dal lunedì al venerdì, dalle 12.30 alle 13.3o su Radio Due e alla conduzione c’erano due giovanotti di belle speranze e senza troppi peli sulla lingua: Renzo Arbore e Gianni Boncompagni. Il programma lo avevano inventato insieme ad altri due geniali autori: Giorgio Bracardi e Mario Marenco. La caratteristica fondamentale e rivoluzionaria per l’epoca era l’assoluta mancanza di programmazione: nessuna scaletta e tutto affidato all’improvvisazione. Ogni puntata era diversa dalla precedente per la totale assenza di un filo logico, con frequenti interruzioni dei brani musicali, battute varie e ricorrenti interventi surreali, nonsense e demenziali di ogni genere.

Un autentico ribaltone che cancellò di colpo la paludata e stantia produzione radiofonica e televisiva di quegli anni, caratterizzati pure da una solerte e nemmeno tanto velata censura che impediva agli “innovatori” di potersi esprimere liberamente. Di fatto, la Rai era dominata dalla Democrazia cristiana, a sua volta condizionata dalle alte sfere vaticane (gli effetti del Concilio era ancora molto lontani dall’essere messi in pratica). Arbore, Boncompagni e l’intera combriccola ebbero l’intuito e il grande merito di aggirare il problema proponendo improbabili personaggi immaginari che, proprio in quanto tali, potevano permettersi di dire tutto (anche le verità più scomode) senza poter essere presi veramente sul serio. Nacque così e si affermò in maniera prepotente e inarrestabile una vera e propria trasmissione cult che ancora oggi suscita emozioni collettive e personali (come in chi scrive).

La galleria dei “partecipanti” a quel rito collettivo, che più o meno coincideva con l’ora del pranzo, è infinita: da Max Vinella (sedicente giornalista di cronaca nera, raccomandato dall’influente dottor Cianfroni: cercava di mascherare la propria pochezza professionale con uno sciagurato eloquio finto-francese, nonché con disastrosi tentativi di vocalizzi lirici; il suo tormentone era «Chiàppala! Chiàppala») a Ermanno Catenacci, poi diventato Castellacci (ex federale fascista che raccontava inverosimili episodi del Ventennio e improbabili retroscena della vita di Mussolini; il suo tormentone era «Quando c’era lui…»); da Scarpantibus (uccello preistorico dalle fattezze incerte, catturato in Nicaragua; con scarponi anfibi militari privi di stringhe ed emetteva solo versi e vocalizzi disarticolati) al comandante Raimundo Navarro (astronauta spagnolo dimenticato in orbita a bordo di una navicella spaziale, la Paloma secunda).

Arbore, Marenco e Boncompagni

E ancora il mitico professor Aristogitone (anziano insegnante di italiano in pensione che rimpiange i più antiquati modelli di scuola: «Quarand’anni di insegnamendo, quarand’anni di duro lavoro, in mezzo a queste quattro mura scolastiche!»); il colonnello Buttiglione (un alto ufficiale che, sbagliando regolarmente numero, telefona in trasmissione scambiando i conduttori per suoi sottoposti, tutti dai cognomi bizzarri: Marmaglino su tutti); Pasquale Zambuto (ladro napoletano che nega sistematicamente la sua attività, presentandola come «sperimentazione» e adducendo improbabili giustificazioni di natura esistenziale); il signor Mocumescu (cittadino rumeno, erudito cultore della storia e delle tradizioni del proprio Paese, ama decantare la prelibatezza del piatto preferito dai suoi connazionali, il cavolo caldo, specificando come all’abbondante consumo di tale squisita pietanza, faccia immancabilmente seguito un grande rumore con bocca). Insomma un caleidoscopio di gag  e di personaggi (tutti interpretati da Bracardi e Marenco). E i primi a divertirsi erano proprio loro: i conduttori.

Il modello fu successivamente riproposto in tv negli anni Ottanta sempre da Renzo Arbore che con Quelli della notte e Indietro tutta impose un altro radicale cambio di rotta inventando di fatto quella che ancora oggi viene definita “seconda serata”. Anche in quel caso, atmosfera surreale, personaggi anch’essi entrati nell’immaginario collettivo e affidati alla verve di Nino Frassica, Andy Luotto, Riccardo Pazzaglia, Maurizio Ferrini, Roberto D’Agostino, Massimo Catalano, Francesco Cerruti… Tutto accompagnato da canzoncine semplici e orecchiabili: “Ma la notte no”, “Il materasso”, “La vita è tutto un quiz”, “Cacao meravigliao” (“lo sponsorao della nostra trasmissao…”).

La giovinezza di molti di noi è stata ritmata (e anche un po’ modellata) da questi programmi. Avevano l’intenzione di fare solo intrattenimento e di suscitare divertimento: in realtà hanno fatto molto altro. E ciò li rende inimitabili e indimenticabili.

Buona domenica.

Nell’immagine di copertina, i protagonisti di Alto gradimento: da sinistra, Giorgio Bracardi, Gianni Boncompagni, Mario Marenco e Renzo Arbore

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