Un’altra apocalisse: fiumi esondati, paesi sommersi e devastazione. In alcune zone delle Marche in poche ore sono caduti 420 millimetri di pioggia contro i 1200 in un anno. Dieci morti, alcuni dispersi e danni incalcolabili. S’indaga per omicidio colposo. Ecco, ci risiamo. Un film (drammatico ovviamente) già visto più volte. L’Italia colpita da un violento evento atmosferico difficilmente prevedibile nella sua drammaticità ma di cui i danni potevano essere evitati con la prevenzione e la maggior cura del territorio. Invece ancora una volta ci troviamo a piangere su eventi del genere rimandando a domani interventi che già da tempo dovevano essere fatti. Urbanizzazione selvaggia, costruzioni abusive in terreni a rischio, disboscamenti, canali di scolo insufficienti se non addirittura intasati da rifiuti d’ogni genere. La pioggia, tanta, scende violentemente dal cielo e durante il suo defluire verso il mare trova ostacoli insormontabili che provocano frane, allagamenti, devastazione.
Diciamolo, nel Bel Paese manca la programmazione, la prevenzione, il controllo. Il territorio è in balia di chiunque e quando succedono eventi come quelli di questi ultimi giorni diamo la colpa al Dio Pluvio. Ma certamente i danni potrebbero essere più contenuti se solo ci fosse un più rigoroso controllo del territorio.
Eppure le civiltà che ci hanno preceduto nei secoli, anzi nei millenni, ci avrebbero dovuto insegnare qualcosa. Basti pensare agli antichi Egizi. Ogni anno, infatti, nella stagione estiva, in seguito alle copiose piogge, il fiume Nilo si gonfiava tanto da tracimare dal proprio letto e straripare, inondando tutte le terre circostanti. In autunno, quando le acque rientravano nell’alveo, ciò che rimaneva era un terreno fangoso, di colore scuro e straordinariamente fertile: il limo. Ma per far sì che ciò avvenisse annualmente e regolarmente e soprattutto affinché le acque miracolose del sacro fiume raggiungessero anche i terreni più lontani non bagnati dalla piena del Nilo, si rese necessario un costante e minuzioso controllo del territorio.
Così pianificarono opere di bonifica degli acquitrini e delle paludi e organizzarono sistemi di canalizzazione e di pulizia di questi ultimi. Nel periodo dell’anno più asciutto, quando tutto il fiume rientrava nel proprio alveo, veniva effettuato un minuzioso controllo al fine di dare all’acqua la possibilità di scorrere liberamente e raggiungere i luoghi più lontani dal letto del Fiume. Addirittura avevano creato un Ministero apposito. Noi, uomini del XXI secolo – ma già dovevamo farlo secoli prima – avremmo dovuto prendere esempio dagli antichi e dedicare maggiore attenzione alle nostre ben più affollate città e ai luoghi urbanizzati. Troppi fiumi e torrenti imprigionati nel cemento, canali e reti fognarie occluse da rifiuti e detriti, cementificazione selvaggia laddove la logica imporrebbe libertà all’acqua piovana di raggiungere il mare. Lavori che gli antichi egizi effettuavano nel periodo della calma del Nilo e che noi, uomini sapienti del XXI secolo, potremmo e anzi dovremmo, svolgere durante l’estate per farci trovare pronti quando l’avvento dell’autunno porta con sé forti temporali stracolmi d’acqua. Fenomeni atmosferici oggi ancor più aggravati da quei cambiamenti climatici che qualcuno insiste nel voler ritenere inesistenti.
Meditate gente, meditate.
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