PALERMO – Purtroppo in qualche parte del pianeta accade quasi ogni giorno una disgrazia, piccola o grande che sia. La ricaduta e la percezione che ciascuno ne ha dipende soprattutto dal grado di prossimità (fisica, affettiva, di interesse economico) con l’evento luttuoso stesso. Chi scrive si era recata in Spagna, a Valencia a fine settembre del 2023 (qui l’articolo): aveva avuto conosciuto una città attraente, ospitale e godibile sotto ogni punto di vista.
Ecco perché la scrivente è stata particolarmente colpita dall’alluvione che, tra il 29 e il 30 ottobre scorso, ha flagellato la zona sud-orientale della città e tanti comuni vicini, provocando danni ingenti alle abitazioni, alle attività commerciali, alla viabilità e alle infrastrutture. E che, soprattutto, ha causato la morte di centinaia di persone: un recente comunicato ufficiale del ministro dei trasporti spagnolo Oscar Puente parla di 223 vittime accertate (di cui 48 non ancora identificate), mentre 78 persone risultano ancora disperse.
Qualche giorno fa, migliaia di persone sono scese in piazza a Valencia, chiedendo le dimissioni del presidente della Comunità, Carlos Mazon, per il modo in cui ha gestito l’emergenza e per la sottovalutazione dell’evento meteorologico, la cui gravità è stata sicuramente accentuata dalle conseguenze del cambiamento climatico dovuto al riscaldamento del pianeta.
A ridosso della tragedia, tra le poche immagini consolanti c’è stata quella delle fila lunghissime di volontari accorsi da tutta la Spagna per spalare nel fango e dare aiuto a chi aveva perso tutto. Tra gli ‘angeli soccorritori’, così sono stati chiamati i volontari, ci sono stati anche alcuni siciliani.
Ecco la loro testimonianza, raccolta giorni fa dalla giornalista Carla Falzone per il TG3 della Regione Sicilia: “I primi giorni di aiuto sono stati molto duri e complicati perché eravamo impreparati: ad esempio cercavamo stivali di gomma molto alti che però si sono esauriti subito in tutti i punti vendita della città”, ha detto Bruno Pomara, docente di Storia moderna all’Università di Valencia che, con sua moglie, ha dato una mano a spalare il fango dove ce n’era bisogno e ha prestato la sua opera di volontario nelle zone colpite finché le lezioni all’Università sono state sospese.
In uno dei centri di smistamento, dove si andavano raccogliendo beni essenziali e venivano organizzate le squadre di soccorso, si sono ritrovati alcuni universitari siciliani che stanno studiando lì in quanto partecipano al progetto Erasmus. “Ci siamo trovati insieme e ci siamo subito resi disponibili a dare una mano a spalare: io vengo da Palermo, c’erano anche una ragazza di Ustica e una di Castellamare; noi tre siamo andati insieme a dare un aiuto. Mentre lavoravamo, ci siamo incontrati con altri due ragazzi di Palermo, volontari come noi”: ecco la testimonianza di Giorgio Pace, studente siciliano di Giurisprudenza a Valencia.
Giorgio ha postato una foto sui social nella quale lo si vede indossare una maglietta con la scritta Questa è la mia terra e io la difendo. Alla giornalista che lo ha intervistato, Giorgio ha precisato di avere indossato alternativamente due magliette, mentre prestava il suo aiuto da volontario: “In alcuni giorni ho indossato una maglietta con i colori simbolo di Palermo. Poi quella con la scritta Questa è la mia terra e io la difendo: perché bisogna sentire come propria anche questa città che ci ospita qualche mese per studiare e che in questo momento ha un particolare bisogno di aiuto…”.
La scritta sulla maglietta di Giorgio richiama la seguente affermazione del filosofo e teologo cattolico medioevale Ugo di San Vittore: “Chi trova dolce la propria patria è solo un tenero dilettante. Chi trova dolci tutte le patrie si è già avviato sulla strada giusta. Ma solo è perfetto chi si sente straniero in ogni luogo”.
Ugo di San Vittore sarebbe sicuramente d’accordo se oggi, come i volontari a Valencia, ci si avviasse sulla strada giusta trovando intanto dolci, degne di cura e di aiuto, tutte le patrie…
Maria D’Asaro
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