NUORO – Francesco Battiato, noto a tutti semplicemente come Franco, nasce a Jonia, in provincia di Catania, nel lontano 1945. Cantante, musicista, compositore, era una persona poliedrica e si dedicava alla pittura e alla regia. Aveva da poco compiuto 76 anni, ma a causa di una lunga e penosa malattia, da anni ormai aveva abbandonato il palco e i suoi amati concerti. Era un artista eccezionale e fin dai primi anni ’70 aveva partecipato attivamente alle correnti di ricerca e sperimentazione europee. Fin dal 1979, quando pubblica “L’era del cinghiale bianco”, primo lavoro con la Emi Italiana, cui seguono “Patriots” nel 1980 e “La voce del padrone” nel 1981, che si posiziona al vertice della classifica italiana per ben un anno, vendendo oltre un milione di copie, Battiato diventa un “caso”, addirittura materia di studio e fonte d’ispirazione per i musicisti.
Personalità fuori dal comune, eclettica, dopo l’iniziale fase pop degli anni sessanta, è passato al rock progressivo e all’avanguardia colta negli anni settanta. Successivamente, è ritornato alla musica leggera approfondendo persino la canzone d’autore. Sempre pronto a sperimentare e innovare, si è cimentato nella musica etnica, in quella elettronica e persino nell’opera lirica. Ha pertanto solcato miriadi di mari e si è dolcemente adagiato con le sue incantevoli melodie in più porti. Nella sua lunga carriera si è avvalso di insigni collaboratori, dal musicista – violinista Giusto Pio, al filosofo Manlio Sgalambro, scrittore, poeta, aforista, paroliere e cantautore italiano, coautore di diversi suoi brani. Le tematiche trattate dalle sue canzoni rispecchiavano quelli che erano i suoi principali interessi che spaziavano in svariati campi: la mistica sufi, l’esoterismo, la meditazione orientale e la filosofia. Sempre apprezzato dalla critica e dal pubblico, ha ottenuto numerosissimi riconoscimenti per le sue composizioni, persino un premio alla memoria di Luigi Tenco.
Tra il 1965 e il 1969 si dedica alla canzone di protesta; è questo il cosiddetto periodo romantico che vedrà la collaborazione artistica di un giovane ma già affermato Giorgio Gaber con cui instaurerà un profondo legame di amicizia. Tra il 1971 e il 1975 si butta a capofitto nella composizione di musica sperimentale e di avanguardia colta facendo un uso costante di strumenti e sonorità elettroniche. Per l’etichetta indipendente Bla Bla incide il suo album dal titolo “Fetus”, che viene censurato perché reca in copertina l’immagine di un feto. Nonostante ciò vende circa 7000 copie e del disco viene registrata una versione in lingua inglese dal titolo “Foetus”. L’album venne considerato un’opera innovativa nel panorama della canzone italiana, per i brani dal sapore mediterraneo, gli intermezzi surreali e il ricorso alla chitarra e al sintetizzatore. Questo album può essere letto come un viaggio interiore psichedelico e trae la sua ispirazione dall’opera letteraria “Il Mondo Nuovo” di Aldous Huxley.
Dopo una serie di esperimenti d’avanguardia e alcune collaborazioni, tra il 1975 e il 1978 Battiato pubblica per la casa discografica Ricordi e incontra Giusto Pio con il quale stringerà un proficuo sodalizio artistico. Nel 1978 pubblica un nuovo 45 giri usando lo pseudonimo Astra e torna così al genere pop che per un po’ aveva lasciato da parte. Agli anni ottanta risale la nuova idea di canzone contrassegnata da un ampio uso di citazioni letterarie che richiamano passi di poeti e scrittori quali Giacomo Leopardi, Giosuè Carducci, Marcel Proust e Giovanni Pascoli. I cambi di registro sia testuali sia musicali, e il ricorso alla citazione e al frammento sono alla base della nuova idea di canzone proposta da Battiato. L album di maggiore fortuna critica e commerciale venne pubblicato nel 1981, col titolo “La voce del padrone”, per richiamare il pensiero dello scrittore Georges Ivanovič Gurdjieff e per alludere, ironicamente, all’omonima casa discografica. Album orecchiabile, cantato da tutti, ma dai toni colti e raffinati.
In radio passava continuamente “Bandiera bianca” presentata da Battiato su un ipotetico palco elettorale, utilizzando un megafono e facendosi attorniare da madrigalisti che cantavano le strofe del ritornello. Altra canzone altrettanto celebre è stata “Centro di gravità permanente”, basata sulle teorie psicofisiche del filosofo Georges Ivanovič Gurdjieff, sulle difficoltà dell’essere umano a trovare il “proprio centro interiore”, indispensabile al controllo delle pulsioni emotive e irrazionali. Battiato, per quest’album, ha ricevuto nella città di Venezia il premio Gondola d’oro come miglior album dell’anno e il disco è stato collocato al secondo posto, dalla rivista Rolling Stone, nella lista dei 100 album italiani più belli di ogni tempo.
Franco Battiato è considerato un cantautore innovativo ed eclettico, che ha avviato una ricerca personale che spaziava tra soluzioni sonore assai varie ed eterogenee, ed elaborazioni di testi contenenti citazioni colte, terminologie pop e svariati riferimenti filosofici. Particolarissima è stata la voce che faceva leva su una timbrica nasale molto particolare, assai vicina alla tecnica vocale del falsetto. Nel nostro immaginario collettivo non possiamo non fare riferimento a brani come “Voglio vederti danzare”, “Orizzonti perduti”, “I treni di Tozeur” cantata in coppia con Alice all’Eurovision Song Contest nel 1984, in un periodo in cui il cantautore aveva deciso di ridurre drasticamente l’attività concertistica. Con “Fisiognomica” e successivamente con “Giubbe rosse”, uscito nel 1989, che è il primo album dal vivo del musicista che raccoglieva registrazioni effettuate nella sezione invernale del Fisiognomica Tour nei teatri d’Italia, Francia e Spagna, Battiato ritorna alla canzone. Dal 1991 al 1994 si dedicò a scrivere album da solista.
Pubblica “Come un cammello in una grondaia”, che in breve tempo ha venduto oltre 25.000 copie. Il titolo fa riferimento a una citazione di al-Biruni, scienziato persiano vissuto nel XII secolo, che era solito pronunciare tale frase per indicare l’inadeguatezza della propria lingua nel descrivere argomenti di carattere scientifico. L’album ha segnato un ulteriore avvicinamento verso certe sonorità religiose e spirituali, in questo modo Battiato ha avvicinato la musica leggera al formato della sinfonia classica. Nell’album sono presenti quattro lied classici di Richard Wagner, Vicente Martín y Soler, Johannes Brahms e Ludwig van Beethoven, uniti ad altrettanti inediti del cantautore. Il brano più famoso del disco è l’invettiva politica di “Povera patria”, che si è aggiudicata nel 1992 la Targa Tenco come miglior canzone dell’anno.
A partire dal 1994 iniziò la collaborazione con il filosofo Manlio Sgalambro, conosciuto l’anno precedente nella sua Sicilia, durante una presentazione. Le canzoni di Battiato sono vere opere classiche. Ritroviamo in esse spesso citazioni erudite riprese da Marco Porcio Catone, dal poeta elegiaco Sesto Properzio, dall’epica mesopotamica come l’opera in due atti Gilgamesh, basata sulla mitologia sumera, la cui prima rappresentazione ufficiale si tenne al Teatro dell’Opera di Roma, la sera del 5 giugno 1992. Il singolo “Di passaggio” presenta un intervento di Sgalambro che legge in greco antico un frammento di Eraclito e il testo è arricchito dalle riflessioni del filosofo e la traccia si chiude con un epigramma di Callimaco cantato a due voci da Battiato e Antonella Ruggiero.
Ricerca, sperimentazione, forza creativa caratterizzeranno gli anni seguenti che vedranno un Battiato sempre attivo nel mondo musicale, nella pittura e addirittura nel cinema. Ma non pago, l’artista si confrontò anche con pezzi di altri artisti prediligendo canzoni di natura sentimentale, sia italiane che straniere. L’album dal titolo “Fleurs”, cui seguiranno altri due album con lo stesso titolo, interamente accompagnato da soli pianoforte e quartetto d’archi, fu l’occasione per omaggiare la scomparsa del cantautore Fabrizio De André, incidendo e reinterpretando due dei suoi brani più celebri: “La canzone dell’amore perduto” con cui apre il disco e “Amore che vieni amore che vai” presentata al concerto tributo a Fabrizio De André il 12 marzo 2000 al Teatro Carlo Felice di Genova. “Ferro Battuto”, “Dieci stratagemmi”, “Il vuoto” saranno gli album composti tra il 2001 e il 2010 e tra il 2011 e il 2012 si conclude la sua collaborazione con Sgalambro. Sebbene schivo per natura, partecipò al Festival di Sanremo, condotto da Gianni Morandi, e in quell’occasione salì sul palco nella doppia veste di concorrente e direttore d’orchestra, accompagnando il cantautore siciliano Luca Madonia con cui presentò il brano “L’alieno”.
A fine agosto 2019 è annunciata l’uscita dell’ultimo album prima del ritiro dalle scene, dal titolo “Torneremo ancora”, un’antologia di brani classici del cantautore in nuove versioni orchestrali eseguite con la Royal Philharmonic Concert Orchestra, che segnò il ritorno di Battiato alla Sony Music dopo quindici anni. L’album rappresenta una sorta di “testamento musicale” che nasce dalla consapevolezza che tutti noi siamo esseri spirituali in cammino verso la liberazione. A ottobre 2019 il manager Francesco Cattini, in occasione della promozione dell’ultimo album, annunciò il ritiro di Battiato dalle scene lasciando sgomento il suo folto pubblico di estimatori. Legatissimo alla madre Grazia, scomparsa nel 1994, Battiato non ha mai amato la vita mondana, preferendo il suo eremo siciliano di Milo alle pendici dell’Etna, dove ebbe per molti anni, come vicino di casa, Lucio Dalla.
Franco Battiato si è spento la mattina del 18 maggio 2021 nella sua casa di Milo dopo una lunga malattia degenerativa che l’ha consumato piano piano, inesorabilmente. Come dice il fratello Michele, “Franco era uno che cercava bellezza ed essenzialità e in tutto questo ci metteva una grande umiltà”. Non è stato solo un paroliere e un musicista raffinato, è stato un poeta che è riuscito a fissare nei versi alcune immagini rendendole immortali. Chi scrive ha conosciuto Battiato quando aveva circa 11 anni e se ne è subito innamorata: come molti, ha immaginato di viaggiare con lui attraverso i testi delle sue canzoni. Come molti ha visto in Battiato un maestro, che con la sua poesia ci ha insegnato quanto è difficile, a volte, “trovare l’alba dentro l’imbrunire” o percepire l’amore come cura e come promessa ascoltando le meravigliose parole delle sue canzoni.
Virginia Mariane
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