RIETI – Iniziamo il nuovo anno riempiendoci gli occhi di bello, con “Paesaggi – Rieti e il suo territorio”, la pubblicazione (in italiano e inglese) che chiude il 2023 della Fondazione Varrone. Rieti capoluogo e il territorio provinciale come non li abbiamo mai visti, grazie ai droni di Foto Smile Comunicazione di Emiliano Grillotti e Gianluca Vannicelli, che regalano “uno sguardo dal cielo”, mostrando come si fondono le attività dell’uomo con il paesaggio perché la vista dall’alto offre una panoramica nuova. Il paesaggio urbano, Terminillo, la montagna di Rieti, Il paesaggio rurale, la Valle Santa, la Valle del Velino e del Tronto, la Valle del Turano, la Valle del Salto, i Colli della Sabina: ogni sezione è introdotta da brevi e significative citazioni.
La prima è già nella prefazione, firmata dal presidente della Fondazione Mauro Trilli: “Ogni tanto giova fermarsi e guardarlo, il territorio, come un uomo giovane guarda una donna bellissima. Poi viene il resto: accogliere i turisti, coltivare, allevare, curare gli infermi, educare bambini al paesaggio” (Franco Arminio poeta e paesologo). Il valore aggiunto del volume è anche cercare di offrire uno sguardo unitario, anche se non omogeneo, della Provincia di Rieti, disegnata nel 1927 e che ancora oggi non può dirsi veramente Tota Sabina Civitas come recita lo stemma e questo è dovuto alla storia, all’economia, al clima che va dalla dolce, verde e morbida Sabina con i suoi uliveti, le opere dei Benedettini dell’Abbazia di Farfa, all’aspro Cicolano, alle nevi dei Monti della Laga.
E ancora il Monte Velino, il Monte Terminillo, i laghi artificiali del Salto, Turano, Scandarello, quel che resta del lacus Velinus dopo gli interventi di bonifica, che ha formato la Riserva Naturale dei Laghi Lungo e Ripasottile, rifugio e salvezza di uccelli migratori, il lago carsico di Rascino, Siti di Interesse Comunitario e Zone di Protezione Speciale, Riserve Naturali, Parchi, il lago glaciale della Duchessa (dove le Brigate Rosse nel 1978 depistarono i ricercatori, dicendo di avervi gettato il corpo di Aldo Moro).
Territorio di confine, in cui i retaggi culturali dello Stato Pontificio, del Regno delle Due Sicilie, il Granducato di Spoleto faticano ancora a fondersi. Allora godiamoci il territorio con tutte le sue peculiarità, naturali, storiche, artistiche, l’importante è che cresca la consapevolezza della bellezza da custodire, già descritta dai viaggiatori del Gran Tour dell’Ottocento e da Karl Friedrich Schinkel nel 1803, mentre arrivava alla Piana di Rieti: “Il rosso bagliore di sera sulla neve di queste alture era al momento del nostro ingresso nella città di innominabile magia”.
Il Paesaggio urbano è introdotto da Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino: “Ho un bel dirmi che non ci sono più città di provincia e forse non ci sono mai state”. Terminillo, la montagna di Rieti, è introdotta da Francesco De Marchi al seguito di Margherita d’Austria nel 1571: “Ancora vi è un’altra montagna in li Monti di Leonessa, nel Regno alli confini di Ariete dove dicano che nel mezzo d’Italia è un monte che si dice Terminillo, il quale è altissimo e pieno di fontane”. Per il Paesaggio rurale c’è Ermanno Olmi: “Potrei sopravvivere alla scomparsa di tutte le cattedrali del mondo, non potrei mai sopravvivere alla scomparsa del bosco che vedo ogni mattina dalla mia finestra”.
Per la Valle Santa niente di meglio che Chiara Frugoni dal libro Storia di Chiara e Francesco: “Soltanto fra la gente semplice e povera Francesco si ritrovava, fra i contadini e fra i pastori, come nell’eremo di Greccio dove nel 1223 decise di celebrare il Natale”. Per la Valle del Velino e del Tronto il viaggiatore e giornalista Paolo Rumiz: “Percepisco nell’Appennino il cuore reale del Paese. Le Alpi segnano le frontiere, però l’anima è appenninica.” Paolo Cognetti introduce la Valle del Salto, dal libro New York è una finestra senza tende: “Ci sono luoghi da cui parti tranquillo: sai che resteranno fermi mentre non ci sei, ti aspetteranno intatti come i ricordi d’infanzia, o la casa dei tuoi genitori. Ritroverai gli oggetti di una volta e lo stesso vecchio odore”.
Nella cultura occidentale l’idea di paesaggio nasce tardi, spiega Gianfranco Formichetti (docente, storico e già assessore comunale alla cultura), presentando il libro; alle origini era solo un insieme di forze naturali, per i Greci la natura è un luogo magico in cui bisogna entrare in punta di piedi per avere amiche le divinità, i Romani la vedevano dal punto di vista espansionistico di natura militare: esistevano situs loci, situs regionis, situs terrarum.
Ma per apprezzare le bellezze naturali dobbiamo arrivare all’età imperiale con amoenitates locorum. Natura e paesaggio non sono la stessa cosa, il paesaggio è documentato a partire dal Rinascimento, dal XVI secolo con duecento anni di ritardo rispetto ai paesaggi dipinti da Pietro e Ambrogio Lorenzetti nel palazzo civico di Siena, a quelli descritti da Boccaccio nel Decameron ed è disegnato dalle attività dell’uomo: il solco leggero del gregge, quello più pesante dei bovini, con un diverso peso sul cotico erboso, strade, ponti, manufatti, attività industriali, taglio boschivo, inquinamento, dissesto idrogeologico etc.
Nel Seicento, il secolo del Barocco, c’è un tentativo di uscire dalla visione del paesaggio come rappresentazione oggettiva o del paesaggio che rappresenta una partecipazione emotiva. La natura riflette gli aspetti e gli atteggiamenti dell’animo umano e tutti i paesaggi del mondo corrispondono a qualcosa che è dentro di noi, con le nostre virtù e i difetti. Il paesaggio sa raccontare le vicende umane, è un contenitore delle nostre storie, uno scenario in grado di partecipare a quelle storie, riflettendone qualcosa all’esterno, dal punto di vista letterario l’evoluzione più importante è quella del paesaggio che partecipa alle vicende umane, già presente in Omero.
Il volume della Fondazione Varrone coniuga l’aspetto artistico con quello che abbiamo definito corrispondente alle nostre vicende umane, a quello che le immagini sono capaci di suscitare in noi e il valore aggiunto della storia.
Francesca Sammarco
Nell’immagine di copertina, la presentazione di “Paesaggi” nell’ex chiesa di San Giorgio
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